Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 4326 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 4326 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME COGNOME nato a Villa d’Ogna il 05/04/1952
avverso la sentenza del 21/05/2024 della Corte d’appello di Brescia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso; udito il difensore, avv. NOME COGNOME del foro di Brescia, che ha concluso insistendo per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Brescia ha confermato la decisione emessa dal Tribunale di Bergamo e appellata dall’imputato, la quale aveva condannato NOME COGNOME alla pena ritenuta di giustizia, perché ritenuto responsabile del delitto di cui all’art. 10-bis d.lgs. n. 74 del 2000, per non aver versato, nella qualità di amministratore legale della RAGIONE_SOCIALE, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annua di sostituto d’imposta, ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituto relativa all’anno di imposta 2017, per un ammontare pari a 151.018,58 euro.
Avverso la sentenza, l’imputato, tramite il difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, che deducono:
2.1. la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. per avere la Corte di merito erroneamente escluso, travisando la prova, la sussistenza sia della forza maggiore, in quanto la crisi di liquidità della società è stata imprevedibile, essendo riconducibile a fatture insolute mai incassate, sia dell’inesigibilità della condotta, in forza dell’applicazione estensiva dell’art. 38 cod. pen., come interpretata da SU n. 10381 del 2021;
2.2. la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. per avere la Corte di appello negato i presupposti integranti la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, nonostante il minimo superamento della soglia di punibilità e la minima intensità del dolo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato in relazione al secondo motivo.
Il primo motivo è inammissibile perché generico e di contenuto eminentemente fattuale, limitandosi a riproporre censure già sottoposte al vaglio dei giudici del merito senza confrontarsi con i passaggi argomentativi sviluppati in risposta nella sentenza impugnata, come integrata dal corredo motivazionale della richiamata decisione di primo grado (cfr. Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218).
Si osserva, infatti, che i rilievi mossi dal ricorrente si appalesano all’evidenza destituiti di fondamento là dove, nell’escludere una qualunque rilevanza alla situazione di crisi economica dell’azienda, la Corte di merito si è uniformata al costante insegnamento di questa Corte di legittimità, secondo cui il reato in
disamina è integrato dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, ravvisabile anche qualora il datore di lavoro, in presenza di una situazione di difficoltà economica, abbia deciso di dare preferenza al pagamento degli emolumenti ai dipendenti ed alla preservazione dei mezzi destinati allo svolgimento dell’attività di impresa, e di pretermettere il versamento dei tributi all’Erario, essendo suo onere quello di ripartire le risorse esistenti all’atto dell corresponsione delle retribuzioni in modo da adempiere al proprio obbligo contributivo, anche se ciò comporta l’impossibilità di pagare i compensi nel loro intero ammontare (v. Sez. 3, n. 43811 del 10/04/2017, Agozzino, Rv. 271189 e, di recente, Sez. 3, n. 20090 del 12/06/2020, COGNOME e Sez. 3, n. 20089 del 12/06/2020, COGNOME), situazione accertata nel caso in esame.
Invero, i giudici di merito hanno accertato che l’imputato ha continuato a corrispondere lo stipendio ai dipendenti e a pagare i fornitori: segno che, evidentemente, la crisi di liquidità non era affatto assoluta e che, pertanto, l’impresa non si trovava in quella situazione di impossibilità di compiere scelte alternative, ovvero nella condizione di una condotta (omissiva) irresistibilmente coartata verso un determinato risultato o effetto (il mancato versamento delle ritenute previdenziali).
3. Il secondo motivo è fondato.
3.1. Invero, la Corte di merito ha escluso la sussistenza dei presupposti integranti la causa di esclusione della punibilità ex ar . 131 cod. pen. facendo leva sia sulla presenza di una condotta abituale, avendo il COGNOME riportato un precedente specifici ed essendo sottoposto ad altri procedimenti penali per violazioni tributarie, sia sulla intensità del dolo e sul fatto che egli non h provveduto a versare quella modesta somma che avrebbe potuto abbassare la evasione sotto soglia.
3.2. Si tratta di una motivazione errata e manifestamente illogica.
La motivazione è giuridicamente errata laddove pare individuare, quale elemento ostativo, l’abitualità del comportamento”, che, tuttavia, non sussiste, posto che il comportamento è abituale quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti della stessa indole, oltre quello preso in esame (per tutti, Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266591), mentre, nel caso in esame si è alla presenza di una sola condanna irrevocabile per un reato della stessa indole, essendo invece irrilevanti i carichi pendenti.
Parimenti errata è la motivazione nella parte in cui dà risalto al fatto che l’imputato non ha provveduto a versare quella modesta somma che avrebbe
potuto abbassare la evasione sotto soglia, posto che tale postumo pagamento non vale ad escludere la sussistenza di un reato già consumato.
La motivazione, infine, appare manifestamente illogica, laddove esclude la valutazione del danno in termini di particolare tenuità, pur dando atto del modesto superamento della soglia di punibilità, elemento certamente già valorizzabile ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen. (cfr. Sez. 3, n. 16599 del 20/02/2020, Latorre, Rv. 278946; Sez. 3, n. 12906 del 13/11/2018, dep. 2019, Canella, Rv. 276546) ed ora espressamente previsto dall’art. 13, comma 3-bis, d.lgs. n. 74 del 2000 – come aggiunto dall’art. 1, comma 1, lett. f), n. 3), d.lgs. 14 giugno 2024, n. 87 – che, appunto, ai fini della non punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all’articolo 131-bis cod. pen., relativamente ai delit previsti dal d.lgs. n. 74 del 2000, impone al giudice di valutare, tra l’altro “l’entità dello scostamento dell’imposta evasa rispetto al valore soglia stabilito ai fini della punibilità”.
Stante l’accertato vizio motivazionale, la sentenza impugnata deve conseguentemente essere annullata limitatamente all’applicabilità della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., con rinvio, sul punto ad altra Sezione della Corte di appello dì Brescia, ferma restando la formazione del giudicato progressivo in punto di accertamento del reato e affermazione di responsabilità dell’imputato (Sez. 3, n. 38380 del 15/07/2015, COGNOME e altro, Rv. 264796).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’applicabilità della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. e rinvia sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Brescia. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso il 08/01/2025.