Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 1081 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 1081 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME NOMECOGNOME nato il 19/09/1997 ad Agrigento avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo del 08/03/2023; visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, in persona del Sost tuto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto che il ricorso venga dichi z rato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Palermo con sentenza dell’8 marzo 2023 (motivazione depositata il 2 maggio 2024) – in riforma di quella di assoluzione in primo g -ado (che aveva applicato la particolare tenuità del fatto in relazione alla fattispecie di cui all’art. 341 bis cod. pen., così diversamente qualificata l’originaria contestazione di cui all’art. 337 cod. pen.), appellata dal Procuratore generale e in
via incidentale dagli imputati – ha condannato NOME NOME alla pena di mesi sette di reclusione con il beneficio della sospensione condizionale della pena.
1.1. La condanna in appello è relativa al delitto di resistenza (originariamente contestato) in concorso a pubblico ufficiale. In particolare, secondo quanto ritenuto dalla Corte territoriale, l’imputato, fermato per un controllo mentre conduceva un ciclomotore, privo di targa, ha dapprima sferrato un violento colpo sul cruscotto del mezzo, gettandolo poi a terra; quindi, intimando ai militari di stare lontani, ha svitato il tappo del serbatoio della benzina del ciclomotore e con un accendino ha cercato di incendiarlo; infine si è scagliato contro il Maresciallo COGNOME facendolo cadere per terra.
Avverso la sentenza di appello COGNOME a mezzo del proprio difensoN, ha proposto ricorso nel quale deduce: 1) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della fattispecie di resistenza anziché di quella di oltraggio a Pubblico ufficiale; 2) mancata applicazione dell’art. 131 bis cod. aen.; erronea dosimetria della pena e mancato riconoscimento all’imputato delle circostanze attenuanti generiche.
Il ricorso è stato trattato senza intervento delle parti, ai sensi dell’ar . 23, comma 8, dl. n. 137 del 2020, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto dell’art. 7, comma 1, d.l. n. 105 del 2021, la cui vigenza è stata poi e Aesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dall’art.94 del d.lgs. 10 ottobre 2022, come modificato dall’art. 5-duodecies d.l. 31 ot:obre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla I. 30 dicembre 2022, n. 199, nonché entro il 30 giugno 2024 ai sensi dell’art. 11, comma 7, del d.l. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito in legge 23 febbraio 2024, n. 18.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è parzialmente fondato.
Inammissibile è il primo motivo. La Corte di appello argomenta in modo non illogico in merito alla rilevanza violenta della condotta dell’imputato che, dapprima tentando di dare fuoco al serbatoio del motociclo e quindi scaglia idosi contro l’operante facendolo cadere a terra, ha integrato gli estremi del deli:to di resistenza. In tal modo risultano adeguatamente superate le considerazioni del Giudice di primo grado che aveva invece ritenuto “che l’azione violenta di colpire il cruscotto aveva avuto ad oggetto, non il veicolo degli operanti, ma il motorino sul quale egli stesso viaggiava, apparendo tale gesto frutto di mero nervos smo,
ma tale da non integrare il requisito della violenza in danno dei pubblici ufficiali procedenti”. Infatti, oltre alla condotta violenta consistita nel lanciarsi contrc uno degli operanti, facendolo cadere a terra, COGNOME ha posto in essere anche una minaccia, rilevante quale elemento costitutivo del delitto di cui all’art. 337 cod. pen. Questa, può infatti consistere anche in una condotta autolesionistica dell’agente, quando la stessa sia finalizzata ad impedire o contrasta -e il compimento di un atto dell’ufficio ad opera del pubblico ufficiale (Sez. 6, n. 10878 del 18/11/2009 – dep. 19/03/2010, M., Rv. 246675 – 01, ove si è ritenuto integrato il reato a carico di soggetto, collocato in una comunità minorile, che cospargeva di benzina sé stesso e gli arredi della stanza del direttore, minacciando di darsi fuoco per indurre il pubblico ufficiale ad autorizzare il suo spostamento presso altro istituto).
Infondata, in modo manifesto, e prima ancora scarsamente comprensibile, è la censura relativa alla dosimetria della pena. La sentenza impugnata ha determinato la pena nella misura di mesi sette di reclusione (dunque un solo nese in più rispetto al minimo edittale). Discostamento, assai limitato, rispetto al minimo edittale motivato dalla circostanza “che la condotta si è contestualmnte indirizzata verso più pubblici ufficiali”.
3.1. Il ricorrente ha sostenuto che in questi casi “vi è un unico reato di resistenza a pubblico ufficiale” e che dunque la motivazione della Corte territo -iale sarebbe incongrua. Invero, è incontroverso che è stato contestato un solo Nato (nonostante le condotte di resistenza siano state poste in essere nei confronti di due operanti e dunque sarebbe stato configurabile il concorso formale: Sez. Il, n. 40981 del 22/02/2018, COGNOME, Rv. 273771 – 01), e il riferimento della Corte di appello al disvalore connesso all’azione verso due pubblici ufficiali è certami:mte non illogico.
Inammissibile è anche la censura relativa al mancato riconoscimento (iene circostanze attenuanti generiche. E’ vero che, sul punto, la sentenza di appello non si esprime ma non risulta che queste fossero state richieste – almen ) in subordine – nell’appello incidentale o in sede di discussione orale in appello.
4.1. Ritiene il Collegio, in conformità a un arresto di questa Corte, risalente ma la cui ratio decidendi mantiene validità, che a seguito dell’appello del solo PM, i giudici di secondo grado che, in riforma della decisione impugnata, emettano sentenza di condanna, possono applicare, nell’esercizio del loro po :ere discrezionale, le attenuanti generiche, anche quando il difensore non ne abbia f3tto esplicita richiesta. Ove, però, essi non ritengano di avvalersi di tale facoltà, non sono tenuti ad indicarne le ragioni se il difensore abbia concluso soltanto per la
conferma della sentenza di assoluzione e non abbia proposto istanza, nepp rre in via subordinata, per l’applicazione delle anzidette attenuanti (così, Sez. 2, n. 704 del 20/03/1968, COGNOME, Rv. 108497 – 01).
Fondato è, invece, il motivo relativo alla particolare tenuità del fatto. Il PG di legittimità nella sua requisitoria scritta ha ritenuto la doglianza inammissibile in quanto «si tratta di questione nuova, mai sollevata nelle sedi di merito E’ dunque non scrutinabile nella sede di legittimità».
5.1. Tale conclusione non è condivisibile, atteso che la particolare tenui( à del fatto è stata ritenuta applicabile in primo grado (seppur in riferimentc alla fattispecie di cui all’art. 341 bis cod. pen., nella quale era stata riquali icata l’originaria imputazione) e quindi sarebbe stato necessario verificare l’eventuale sussistenza dei relativi presupposti anche in merito al delitto di resister za a Pubblico ufficiale. Invero, i fatti sono precedenti alla modifica legislativa che ha escluso per tale delitto a danno di ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria l’applicabilità della particolare tenuità e nell’appello incidentale presentato dall’imputato si è insistito per l’applicazione della particolare tenuità del fatto, anche se in riferimento alla riqualificazione, operata dal Tribunale.
E’ vero che questa Corte ha chiarito come la richiesta di applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen. deve ritenersi implicitamente disattesa dal giudice qualora la struttura argomentativa della sentenza richiami, anche rispetto a profili diversi, elementi che escludono una valutazione del fatto in termini di particolare tenuità (ex multis, Sez. 3, n. 43604 del 08/09/2021, COGNOME, Rv. 282097 – 01). Nella specie, però, la Corte territc riale ha irrogato la pena poco al di sopra al minimo edittale e ha concesso a Oli la la sospensione condizionale; elementi dai quali, dunque, non emerge una valutazione di concreta gravità del fatto, ex se ostativa dell’applicazione Jena causa di non punibilità. Per tale motivo si impone l’annullamento della sentenza impugnata per un nuovo giudizio sul punto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’applicazione dell’art. 13 L bis cod. pen. e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Cone di appello di Palermo. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2024
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