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Particolare tenuità del fatto: quando non si applica

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per detenzione di cocaina a fini di spaccio. La difesa invocava l’applicazione della particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), ma la Corte ha ritenuto l’offesa non trascurabile, valorizzando l’elevato numero di dosi sequestrate come indice di significativa offensività, a prescindere dalla mancata identificazione di acquirenti.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare Tenuità del Fatto: Quando il Numero di Dosi Esclude l’Applicazione

L’istituto della particolare tenuità del fatto, previsto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta una causa di non punibilità che solleva spesso complessi quesiti interpretativi, specialmente in materia di stupefacenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui criteri di valutazione, stabilendo che un elevato numero di dosi di droga può essere sufficiente a escludere questo beneficio, anche in assenza di altri elementi come l’identificazione di acquirenti.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una condanna per il reato di detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente, specificamente cocaina, ai sensi dell’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. La sentenza, emessa in primo grado con rito abbreviato, era stata confermata dalla Corte d’Appello di Catania.

L’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando la violazione dell’art. 131-bis c.p. e vizi di motivazione. Secondo la tesi difensiva, i giudici di merito avrebbero errato nel non riconoscere la particolare tenuità del fatto, omettendo di considerare elementi a suo favore quali la mancata individuazione di acquirenti della sostanza e l’assenza del sequestro di somme di denaro riconducibili all’attività di spaccio.

La Valutazione della Particolare Tenuità del Fatto

L’articolo 131-bis del codice penale consente di non procedere alla punizione quando l’offesa al bene giuridico tutelato è di minima entità. Per applicare questa causa di non punibilità, il giudice deve valutare due indici-requisiti: le modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo. La valutazione deve essere complessiva e tenere conto di tutti gli elementi concreti della fattispecie.

Nel contesto dei reati di droga, la giurisprudenza ha progressivamente delineato i parametri per questa valutazione. Elementi come la quantità e qualità della sostanza, il numero di dosi ricavabili e le modalità di confezionamento sono fondamentali per stabilire la gravità dell’offesa.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. Gli Ermellini hanno ritenuto il ricorso del tutto generico e privo di critiche specifiche alla motivazione della sentenza impugnata, definendo le censure come riferite a un vizio motivazionale e a una violazione di legge palesemente insussistenti.

Oltre agli aspetti procedurali, la Corte è entrata nel merito della questione, validando il ragionamento della Corte d’Appello.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione della Corte di Cassazione si è concentrata su un punto centrale: la corretta valorizzazione degli elementi negativi ai fini dell’esclusione della particolare tenuità del fatto. La Corte d’Appello aveva giustamente evidenziato come l’elevato numero di palline di cocaina sequestrate (per un peso complessivo di 9,58 grammi) fosse di per sé un indice di un’offesa significativa.

Questo elemento, secondo la Suprema Corte, è sufficiente per ritenere il fatto non trascurabile, rendendo irrilevanti le argomentazioni difensive circa la mancata identificazione di acquirenti o l’assenza di proventi dello spaccio. La preparazione di numerose dosi pronte per la vendita dimostra una pianificazione e un’offensività che superano la soglia della minima lesività richiesta dall’art. 131-bis c.p.

Di conseguenza, dichiarando l’inammissibilità del ricorso, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 616 c.p.p.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: nella valutazione della particolare tenuità del fatto in materia di stupefacenti, il giudice deve considerare tutti gli indici concreti della condotta. Il numero di dosi confezionate può assumere un valore decisivo, in quanto espressione diretta del grado di offensività del reato e della sua proiezione verso il mercato illegale. La decisione chiarisce che la mancanza di prove relative alla cessione effettiva o al profitto non è sufficiente a declassare la gravità di una condotta già di per sé indicativa di una significativa attività di spaccio.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché basato su un vizio di motivazione e una violazione di legge considerati palesemente insussistenti, oltre ad essere privo di riferimenti critici specifici alla motivazione della sentenza impugnata.

La mancata identificazione di acquirenti è sufficiente per ottenere il riconoscimento della particolare tenuità del fatto?
No. Secondo questa ordinanza, la mancata identificazione di acquirenti o l’assenza di sequestro di denaro non sono elementi decisivi se altri fattori, come l’elevato numero di dosi preparate, indicano una significativa offensività del reato, escludendo così la particolare tenuità del fatto.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente, quest’ultimo viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata fissata in 3.000,00 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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