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Particolare tenuità del fatto: quando non si applica

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso basato sulla particolare tenuità del fatto, ribadendo un principio fondamentale: per ottenere il proscioglimento ex art. 131-bis cod. pen., devono coesistere due requisiti, ovvero la tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento. La Corte ha chiarito che la motivazione del giudice è adeguata anche se si limita a dimostrare l’assenza di uno solo di questi due presupposti, rendendo l’altro irrilevante ai fini della decisione.

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Pubblicato il 13 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare tenuità del fatto: La Cassazione chiarisce i requisiti

L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale, volto a escludere la punibilità per reati considerati di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione è subordinata a precise condizioni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza i paletti per il suo riconoscimento, dichiarando inammissibile un ricorso che ne contestava il mancato accoglimento.

Il caso in esame: un ricorso generico

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di condanna della Corte d’Appello. L’unico motivo di doglianza sollevato era il mancato proscioglimento per particolare tenuità del fatto. L’imputato sosteneva che la sua condotta rientrasse pienamente nei limiti di lieve entità previsti dalla norma, meritando quindi l’esclusione della punibilità.

La difesa, tuttavia, non è riuscita a convincere i giudici della Suprema Corte, i quali hanno definito il ricorso non solo privo di concreta specificità, ma anche manifestamente infondato.

I requisiti per la particolare tenuità del fatto

La Corte di Cassazione ha colto l’occasione per riaffermare i principi consolidati che governano l’applicazione dell’art. 131-bis. Per poter beneficiare di questa causa di non punibilità, è indispensabile la compresenza di due requisiti legali:

1. La particolare tenuità dell’offesa: questa deve essere valutata in concreto, considerando le modalità della condotta, il grado di colpevolezza dell’agente e l’entità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa.
2. La non abitualità del comportamento: l’autore del reato non deve essere un delinquente abituale, professionale o per tendenza, né aver commesso reati della stessa indole.

Questi due pilastri sono inscindibili e la mancanza anche di uno solo di essi impedisce l’applicazione dell’istituto.

La valutazione complessa dell’offesa

Il giudizio sulla tenuità dell’offesa non è un automatismo, ma richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità del caso concreto. I giudici devono fare riferimento ai criteri direttivi indicati dall’articolo 133, primo comma, del codice penale. Tuttavia, come precisato dalla Corte, non è necessario un esame analitico di tutti gli elementi previsti, essendo sufficiente che il giudice motivi la sua decisione indicando gli elementi ritenuti più rilevanti e decisivi per escludere la lieve entità del fatto.

Le motivazioni: basta un solo presupposto assente

Il punto centrale dell’ordinanza risiede in una precisazione di fondamentale importanza pratica. La Corte ha stabilito che, ai fini del rigetto della richiesta di applicazione della particolare tenuità del fatto, è sufficiente che il giudice motivi adeguatamente l’assenza di anche uno solo dei due presupposti richiesti. Se, ad esempio, il giudice accerta e dimostra che il comportamento dell’imputato è abituale, non è più tenuto a esaminare e a pronunciarsi sulla tenuità dell’offesa, poiché la richiesta deve essere comunque respinta. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che i giudici di merito avessero ampiamente e correttamente spiegato, con argomenti logici e giuridici, le ragioni del loro convincimento, rendendo il ricorso privo di fondamento.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa pronuncia consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso. L’implicazione pratica è chiara: chi intende invocare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto deve essere in grado di fornire argomentazioni solide e specifiche su entrambi i fronti, quello della tenuità dell’offesa e quello della non abitualità del comportamento. Un ricorso generico, che si limiti a lamentare il mancato proscioglimento senza contestare in modo puntuale le motivazioni del giudice di merito, è destinato a essere dichiarato inammissibile. La decisione rafforza la discrezionalità del giudice nella valutazione complessiva della fattispecie, purché la sua decisione sia supportata da una motivazione logica e coerente con i principi di legge.

Quali sono le condizioni necessarie per l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Per l’applicazione dell’art. 131-bis del codice penale è necessaria la sussistenza di entrambi i presupposti: la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento dell’autore del reato.

È sufficiente che il giudice dimostri la mancanza di un solo requisito per negare la non punibilità?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che la motivazione del giudice è da ritenersi adeguata anche se si limita a dare conto dell’assenza di uno soltanto dei due presupposti richiesti, poiché tale assenza è di per sé decisiva per escludere l’applicazione del beneficio.

Cosa si intende per valutazione della tenuità dell’offesa?
È una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità del caso, che deve tenere conto delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza e dell’entità del danno o del pericolo, sulla base dei criteri indicati dall’art. 133, primo comma, del codice penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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