Particolare Tenuità del Fatto: No ai Benefici per i “Professionisti del Reato”
L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta uno strumento di deflazione processuale volto a escludere la punibilità per reati di minima entità. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e dipende da una valutazione complessiva della condotta e della personalità dell’autore. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti di questo beneficio, negandolo a chi dimostra una propensione a delinquere, anche a fronte di un danno economico esiguo.
I Fatti del Caso: Una Truffa da 120 Euro e Otto Precedenti
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda una donna condannata in secondo grado dalla Corte d’Appello di Bologna per il reato di truffa. L’imputata, attraverso il suo legale, ha presentato ricorso per cassazione basandosi su due motivi principali: la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e l’eccessività della pena inflitta.
Il fatto contestato consisteva in una truffa per un importo di 120 euro. Elemento cruciale, tuttavia, era il profilo della ricorrente: gravata da ben otto precedenti penali specifici per lo stesso reato, la truffa.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando di fatto la decisione della Corte d’Appello. La ricorrente è stata quindi condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La decisione si fonda su un’analisi rigorosa dei requisiti richiesti per l’applicazione dell’art. 131-bis c.p.
Le Motivazioni: Perché è Stata Negata la Particolare Tenuità del Fatto?
La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato, condividendo e avallando le motivazioni, prive di illogicità, espresse dal giudice di merito. La negazione del beneficio si basa su quattro pilastri argomentativi.
1. Contesto Soggettivo e Reiterazione della Condotta
Il primo punto, e forse il più importante, è che la condotta della donna non è stata considerata un episodio isolato. Al contrario, si inseriva in un “contesto soggettivo di dedizione reiterata all’illecito”. L’art. 131-bis c.p. esclude esplicitamente l’applicazione del beneficio quando il comportamento dell’autore del reato è abituale. Gli otto precedenti per truffa sono stati la prova inconfutabile di questa abitualità, delineando un profilo di “delinquente seriale” piuttosto che di autrice di un’infrazione occasionale.
2. L’Offensività non Minimale del Fatto
Nonostante l’importo di 120 euro possa apparire modesto, la Corte ha specificato che la somma non era “modestissima” e che, in ogni caso, l’offensività di un reato non si misura solo dal danno patrimoniale. La valutazione deve essere complessiva e, nel caso di specie, la serialità della condotta aggrava l’offensività del singolo episodio, rendendolo non qualificabile come “particolarmente tenue”.
3. La Mancanza di Resipiscenza
Un altro elemento tenuto in considerazione è stata la totale assenza di pentimento o ravvedimento da parte della ricorrente. La mancata manifestazione di “alcuna resipiscenza” ha contribuito a rafforzare la valutazione negativa sulla sua personalità e sulla meritevolezza del beneficio.
4. La Discrezionalità nella Commisurazione della Pena
Per quanto riguarda il secondo motivo di ricorso, relativo all’eccessività della pena, la Corte ha ribadito un principio consolidato: la determinazione della sanzione rientra nella discrezionalità del giudice di merito. Tale decisione può essere censurata in sede di legittimità solo in caso di motivazione assente o manifestamente illogica, vizio che non è stato riscontrato nella sentenza impugnata.
Conclusioni: L’Importanza della Condotta Complessiva dell’Imputato
Questa ordinanza della Cassazione offre un importante monito: la particolare tenuità del fatto non è un salvacondotto per reati di basso valore economico. È un istituto pensato per vicende davvero marginali e occasionali. La presenza di precedenti penali specifici, indicativi di un’abitualità nel commettere reati, rappresenta un ostacolo insormontabile alla sua applicazione. La decisione sottolinea come la valutazione del giudice debba andare oltre il singolo fatto per abbracciare la condotta complessiva e la personalità dell’imputato, al fine di evitare che strumenti deflattivi si trasformino in un incentivo a delinquere per chi ha fatto dell’illecito uno stile di vita.
Quando non si applica la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
Secondo questa ordinanza, non si applica quando l’autore del reato dimostra una dedizione reiterata all’illecito, come evidenziato in questo caso da otto precedenti specifici per lo stesso tipo di reato. Il comportamento abituale è una causa ostativa esplicita.
Un importo basso, come 120 euro, garantisce automaticamente l’applicazione del beneficio?
No. La Corte ha stabilito che l’offensività del fatto non è minimale se la condotta si inserisce in un contesto di serialità criminale. L’importo, pur non elevato, non è stato ritenuto “modestissimo” e, in ogni caso, la valutazione complessiva del comportamento dell’imputato prevale sul solo dato economico.
È possibile contestare l’eccessività della pena davanti alla Corte di Cassazione?
Generalmente no. La quantificazione della pena è una valutazione discrezionale del giudice di merito. Il ricorso in Cassazione su questo punto è consentito solo se la motivazione fornita dal giudice è manifestamente illogica o del tutto assente, il che non è stato ravvisato nel caso di specie.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30784 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30784 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/12/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME,
Ritenuto che il primo motivo di ricorso, con il quale si contesta la mancata applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis cod. pen., non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato in presenza di una motivazione esente da evidenti illogicità, nella quale si evidenzia che: a) la condotta posta in essere si inserisce in un co soggettivo di dedizione reiterata all’illecito di cui all’art. 640 co.2, n.2) bis cod. pen.; b) l’imputata è gravata da otto precedenti per truffa; c) il fatto non appare di offen minimale, posto che la somma lucrata (120 euro) non risulta modestissima; d) la ricorrente non ha manifestato alcuna resipiscenza;
che il secondo motivo di ricorso, con il quale si contesta l’eccessività della pena no consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione ag aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; che nella specie l’onere argomentativo giudice è adeguatamente assolto a pag. 2, attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Napoli, nella camera di consiglio del 21 giugno 2024.