Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30248 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30248 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANZARO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/11/2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
che, con l’impugnata sentenza, la Corte di Appello di Catanzaro ha parzialmente riformato la sentenza di condanna pronunciata in data 8 marzo 2023 dal Tribunale di quella stessa città nei confronti di COGNOME NOME per il delitto di cui all’art. 7, comma 1, L 386/1990, rideterminando la pena inflittagli (fatto commesso in Satriano il 1 marzo 2019);
che il ricorso per cassazione proposto nell’interesse dell’imputato consta di due motivi;
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il primo motivo, proteso a censurare il diniego della causa di non punibilità ex ar 131-bis cod. pen., è generico e manifestamente infondato, posto che, avuto riguardo al tenore della giurisprudenza di legittimità in materia, secondo cui: «Ai fini dell’applicazione della c di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, acquista rilievo, per effetto della novel dell’art. 131-bis cod. pen. ad opera dell’art. 1, comma 1, lett. c), n. 1, d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, anche la condotta dell’imputato successiva alla commissione del reato, che, tuttavia, non potrà, di per sé sola, rendere di particolare tenuità un’offesa che tale non era al momento de fatto, potendo essere valorizzata solo nell’ambito del giudizio complessivo sull’entità dell’off recata, da effettuarsi alla stregua dei parametri di cui all’art. 133, comma primo, cod. pen (Sez. 3, n. 18029 del 04/04/2023, Rv. 284497); «In tema di non punibilità per la particolar tenuità del fatto, la condotta susseguente al reato, per effetto della novellazione dell’art. bis cod. pen. ad opera del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, costituisce elemento suscettibile di valutazione nell’ambito del giudizio sulla sussistenza delle condizioni per la concreta applicabil dell’esimente, rilevando ai fini dell’apprezzamento dell’entità del danno, ovvero come possibil spia dell’intensità dell’elemento soggettivo» (Sez. 3, n. 20279 del 21/03/2023, Rv. 284617), la sentenza impugnata non esibisce alcun profilo di illegittimità, laddove ha negato l’applicazion dell’istituto invocato evidenziando come l’importo non trascurabile, pari ad Euro 1.100,00 indicato nell’assegno emesso in violazione del divieto, precludesse una valutazione di scarsa offensività del fatto complessivamente considerato (vedasi pagg. 3 e 4 della sentenza impugnata);
che il secondo motivo, che denuncia violazione dell’art. 175 cod. pen. e il vizio d motivazione in relazione al mancato riconoscimento del beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, è manifestamente infondato, posto che, per l giurisprudenza di legittimità «Il beneficio della non menzione della condanna di cui all’art. cod. pen. è fondato sul principio dell'”emenda” e tende a favorire il processo di recupero morale e sociale del condannato, sicché la sua concessione è rimessa all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito e non è necessariamente conseguenziale a quella della sospensione condizionale della pena, fermo restando l’obbligo del giudice di indicare le ragioni della mancat concessione sulla base degli elementi di cui all’art. 133 cod. pen.» (Sez. 2, n. 16366 de 28/03/2019, Rv. 275813): ragioni che sono state congruamente spiegate dalla Corte territoriale (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata), laddove ha dato conto, con argomentazione espressiva di un ragionamento non arbitrario, di come le ragioni della risocializzazione dell’imputa dovessero considerarsi soccombenti o, comunque, subvalenti rispetto all’interesse della generalità dei consociati a conoscere del tipo di reato da lui commesso, suscettibile di metter in pericolo la lealtà e la sicurezza dei rapporti economici con lui intrattenuti da terzi;
– rilevato, dunque, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 1’8 luglio 2024