Particolare Tenuità del Fatto: No al Beneficio per il Reo Abituale
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Il caso esaminato offre un chiaro esempio di come i precedenti penali e il comportamento abituale dell’imputato possano precludere l’accesso a questo istituto, pensato per deflazionare il sistema giudiziario di fronte a reati di minima offensività. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni.
I Fatti del Processo
La vicenda giudiziaria trae origine da una condanna per il reato di furto aggravato, confermata dalla Corte di Appello. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: la mancata applicazione della causa di non punibilità prevista dall’articolo 131-bis del codice penale, ovvero la cosiddetta “particolare tenuità del fatto”. Secondo la difesa, le circostanze del reato commesso rientravano in quelle di minima gravità che la norma intende tutelare, consentendo di evitare una condanna penale.
La Decisione della Cassazione e la Particolare Tenuità del Fatto
La Suprema Corte ha respinto la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. La decisione non entra nel merito della gravità del singolo episodio di furto, ma si concentra su un aspetto preliminare e dirimente: il profilo soggettivo dell’imputato. Con la dichiarazione di inammissibilità, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: L’Ostacolo del Comportamento Abituale
Il cuore della motivazione risiede nell’interpretazione dell’articolo 131-bis c.p. La norma, pur prevedendo la non punibilità per fatti di lieve entità, pone dei paletti precisi, tra cui l’esclusione del beneficio nel caso in cui il comportamento dell’autore del reato sia “abituale”.
I Giudici hanno evidenziato come la Corte di Appello avesse già correttamente sottolineato questo punto. Dal casellario giudiziale dell’imputato emergevano, infatti, diverse condanne definitive per delitti contro il patrimonio. Questa pluralità di precedenti specifici è stata considerata prova inequivocabile di un comportamento abituale, ovvero di una tendenza a delinquere radicata nel tempo.
La Cassazione ha quindi confermato che la presenza di tali precedenti penali osta all’applicazione dell’istituto. La ratio della norma è quella di concedere un beneficio a chi commette un’infrazione del tutto occasionale e di scarsissimo allarme sociale, non a chi, pur commettendo reati singolarmente di modesta entità, dimostra una persistente inclinazione a violare la legge penale.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale ormai granitico. La non punibilità per particolare tenuità del fatto non è un’esimente automatica per i cosiddetti “reati bagatellari”, ma uno strumento che richiede una valutazione complessa da parte del giudice, estesa non solo all’oggettiva gravità del fatto, ma anche alla personalità dell’autore.
Le implicazioni pratiche sono significative: chi ha precedenti penali specifici, soprattutto se ripetuti, difficilmente potrà sperare di beneficiare dell’art. 131-bis c.p. La decisione serve da monito, chiarendo che la “tenuità” del fatto deve essere valutata in un contesto più ampio che include la storia criminale del soggetto. Il sistema giuridico, pur mostrando clemenza per l’inciampo occasionale, mantiene un approccio rigoroso verso chi manifesta una serialità nel commettere reati, anche se di lieve entità.
Quando non si può applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Secondo la Corte, la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale, non può essere applicata quando il comportamento dell’imputato è considerato abituale.
Come si stabilisce se un comportamento è ‘abituale’?
Nel caso di specie, il comportamento è stato ritenuto abituale sulla base delle varie condanne definitive per delitti contro il patrimonio che risultavano dal casellario giudiziale del ricorrente.
Qual è stata la conseguenza della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7947 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7947 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CASCINA il 19/03/1969
avverso la sentenza del 19/09/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che l’imputato COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Firenze che ne ha confermato la condanna per il reato di cui agli artt. 624 comma primo e 625 comma primo n.7 cod. pen.;
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso, che si duole della esclusione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., è manifestamente infondato, poiché detta norma, come già rilevato dalla Corte distrettuale (cfr. pag. 3), esclude che tale istituto possa applicarsi quando il comportamento è abituale, come accade nella specie emergendo varie condanne per delitti contro il patrimonio che ovviamente sono definitive dato che, come espressamente afferma la Corte di appello, risultano dal casellario giudiziale;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 29/01/2025