Particolare tenuità del fatto: Non basta un reato minore per evitare la condanna
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19697/2024, torna a pronunciarsi sui criteri di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale. Questa decisione ribadisce che per beneficiare di tale istituto non è sufficiente che il reato sia oggettivamente di modesta entità, ma è necessaria una valutazione complessiva che include la condotta passata dell’imputato e l’intensità della sua volontà criminale.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un uomo condannato per il reato di evasione, previsto dall’articolo 385 del codice penale. L’imputato, tramite il suo difensore, si era rivolto alla Corte di Cassazione lamentando la mancata applicazione da parte della Corte d’Appello della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. A suo avviso, la violazione commessa era di lieve entità e, pertanto, non meritevole di sanzione penale.
La Corte d’Appello aveva già rigettato tale richiesta, confermando la condanna. Il ricorso in Cassazione rappresentava quindi l’ultimo tentativo di ottenere il riconoscimento di questo beneficio e, di conseguenza, l’assoluzione.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in quanto manifestamente infondato. Con una motivazione sintetica ma chiara, i giudici hanno confermato in toto la decisione della Corte territoriale, ritenendola corretta, completa e priva di vizi logico-giuridici. La conseguenza diretta di questa decisione è stata la condanna definitiva dell’imputato, il quale è stato inoltre obbligato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.
Le motivazioni: i due ostacoli alla particolare tenuità del fatto
La Corte di Cassazione ha chiarito perché, nel caso specifico, non potesse trovare applicazione l’istituto della particolare tenuità del fatto. La motivazione si fonda su due pilastri fondamentali che impedivano il riconoscimento del beneficio:
1. I Precedenti Penali dell’Imputato
Il primo elemento ostativo individuato dai giudici è rappresentato dai precedenti penali del ricorrente. L’articolo 131-bis c.p. è stato introdotto per deflazionare il sistema penale, evitando processi e condanne per fatti oggettivamente lievi e, soprattutto, commessi da soggetti che hanno agito in modo occasionale. La presenza di un casellario giudiziale non immacolato è stata interpretata come un indicatore di una tendenza a delinquere, incompatibile con il carattere di ‘occasionalità’ che il legislatore ha voluto premiare.
2. L’Intensità del Dolo
Il secondo, e altrettanto cruciale, elemento è stata la valutazione delle modalità concrete del fatto. I giudici hanno sottolineato come l’imputato non avesse fornito alcuna giustificazione per la sua condotta. Questa totale assenza di motivazioni valide è stata letta come un chiaro sintomo di un’elevata ‘intensità del dolo’. In altre parole, la sua azione non è stata frutto di leggerezza o di una situazione contingente, ma di una precisa e consapevole volontà di violare la legge. Un dolo così intenso non può coesistere con la ‘particolare tenuità’ dell’offesa, che presuppone un grado di colpevolezza minimo.
Conclusioni
L’ordinanza in esame offre un’importante lezione pratica: l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è mai un automatismo. I giudici sono tenuti a compiere una valutazione a 360 gradi che va oltre la semplice entità del danno o del pericolo. La storia personale dell’imputato, testimoniata dai suoi precedenti, e l’elemento psicologico del reato, ovvero l’intensità della volontà criminale, sono fattori determinanti. Questa decisione rafforza un principio consolidato: il beneficio è riservato a chi commette un’infrazione lieve e occasionale, non a chi dimostra, con la propria condotta passata e presente, una deliberata inclinazione a infrangere le norme penali.
Un precedente penale impedisce sempre l’applicazione della particolare tenuità del fatto?
Nella decisione in esame, i precedenti penali dell’imputato sono stati considerati un elemento ostativo al riconoscimento della particolare tenuità del fatto, suggerendo che un comportamento non occasionale è incompatibile con il beneficio.
Perché le modalità del fatto sono state considerate importanti per negare la non punibilità?
Le modalità del fatto, in particolare l’assenza di qualsiasi giustificazione per il reato commesso, sono state interpretate dalla Corte come una prova dell’elevata intensità del dolo (la volontà di commettere il reato), un fattore che esclude la ‘particolare tenuità’.
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In questo caso, la dichiarazione di inammissibilità ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del processo e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19697 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19697 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 12/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/03/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RNUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO COGNOME NOME
OSSERVA
Ritenuto che il motivo dedotto con il ricorso, afferente alla condanna del ricorrente in relazione al reato di cui all’art. 385 cod. pen. e avente ad oggetto l’omessa applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., è inammissibile in quanto manifestamente infondato;
Considerato, invero, che, la Corte d’appello, con motivazione congrua, esaustiva ed immune da vizi censurabili in sede di legittimità, ha ritenuto ostativi al riconoscimento della particolare tenuità del fatto non solo i precedenti penali del ricorrente ma anche le modalità del fatto, in ragione dell’assenza di qualsiasi giustificazione a riprova dell’intensità del dolo;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 12 aprile 2024.