Particolare tenuità del fatto: la negligenza esclude l’assoluzione?
L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131 bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale, volto a escludere la punibilità per condotte che, pur costituendo reato, risultano di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e dipende da una valutazione discrezionale del giudice. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 18394/2024) offre un chiarimento cruciale sui criteri che possono portare a negare questo beneficio, anche in casi apparentemente minori.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da una sentenza del Tribunale di Oristano, che aveva condannato un uomo per il reato di acquisto di cose di sospetta provenienza (art. 712 c.p.), riqualificando l’originaria accusa di ricettazione. L’oggetto del reato era un telefono cellulare di provenienza furtiva. All’imputato era stata inflitta una pena di 70 euro di ammenda.
L’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che il Tribunale avrebbe dovuto applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. A suo avviso, la condotta era di minima gravità, considerando il modesto valore del bene, la sua scarsa capacità a delinquere, la breve durata del possesso (circa sette giorni) e la collaborazione offerta alle autorità. In particolare, la difesa ha contestato la decisione del giudice di primo grado di negare il beneficio valorizzando il grado di negligenza dell’imputato, sostenendo che la colpa è già un elemento costitutivo del reato e non può essere usata una seconda volta per giudicarne la gravità.
La Decisione della Corte e la valutazione della Particolare tenuità del fatto
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. I giudici supremi hanno confermato la correttezza della decisione del Tribunale, spiegando in dettaglio perché, in questo caso specifico, non sussistessero i presupposti per l’applicazione dell’art. 131 bis c.p.
La Corte ha stabilito che la valutazione sulla tenuità del fatto non può prescindere da un’analisi complessiva della condotta, basata sui parametri indicati dall’articolo 133 del codice penale, tra cui rientra anche la gravità della colpa. Il fatto che la negligenza sia l’elemento soggettivo del reato non impedisce al giudice di ponderarne il grado per stabilire l’offensività concreta del comportamento.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte si concentrano su due aspetti principali: il grado di colpa e la durata del possesso. Secondo la Cassazione, il Tribunale ha correttamente ritenuto che la condotta, sebbene di ‘contenuta’ offensività, non fosse ‘infima’. Questo perché il grado di negligenza manifestato dall’imputato nell’acquistare un cellulare senza accertarne la provenienza non era minimo. Allo stesso modo, il periodo di possesso, quantificato in circa sette giorni, è stato giudicato ‘non irrilevante’.
In sostanza, la Corte ha affermato che la valutazione del giudice di merito è stata logica, coerente e non contraddittoria. Il giudice ha esercitato correttamente la sua discrezionalità, qualificando la condotta come dotata di una ‘apprezzabile offensività’ che, pur giustificando una pena mite come la sola ammenda, superava la soglia della particolare tenuità. Gli argomenti difensivi non sono stati sufficienti a scalfire la solidità di questa motivazione.
Le Conclusioni
Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è un automatismo legato solo al valore del bene o alla tenuità della pena. Il giudice deve compiere una valutazione a tutto tondo, che include anche l’intensità dell’elemento soggettivo (dolo o colpa). Una negligenza significativa o una condotta protratta nel tempo, anche per pochi giorni, possono essere sufficienti a considerare il fatto meritevole di sanzione penale, seppur minima. La decisione consolida quindi l’ambito di discrezionalità del giudice nel soppesare tutti gli indici di gravità del reato, offrendo un’interpretazione rigorosa dei presupposti per l’applicazione dell’art. 131 bis c.p.
La negligenza dell’imputato può essere usata per escludere la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che il grado di negligenza (colpa) manifestato dall’imputato è un elemento che il giudice può e deve valorizzare, ai sensi dell’art. 133 c.p., per determinare la gravità complessiva del reato e decidere se applicare o meno l’art. 131 bis c.p.
Un breve periodo di possesso di un bene di provenienza illecita garantisce l’applicazione della particolare tenuità del fatto?
No. Anche un periodo relativamente breve (in questo caso, circa 7 giorni) può essere considerato ‘non irrilevante’ dal giudice. La durata del possesso, insieme ad altri fattori come la colpa, contribuisce a definire l’offensività della condotta e può portare a escludere la non punibilità.
Perché il reato è stato qualificato come ‘acquisto di cose di sospetta provenienza’ e non ‘ricettazione’?
Secondo la sentenza, la qualificazione giuridica è stata modificata perché si è ritenuto che l’imputato avesse ricevuto il cellulare per colpa (ovvero per negligenza nel non accertarne la provenienza) e non con dolo, cioè con la piena consapevolezza che il bene fosse di origine illecita, elemento soggettivo richiesto per il più grave reato di ricettazione.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 18394 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 18394 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/03/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato In Marocco l’DATA_NASCITA
avverso la sentenza resa il 22 maggio 2023 dal Tribunale di Oristano.
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME[NO; Lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso. Lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO che ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
1.Con la pronunzia impugnata il Tribunale di Oristano ha dichiarato la responsabilità di NOME COGNOME per il reato di acquisto di cose di sospetta provenienza, così diversamente qualificato il fatto originariamente contestato come ricettazione, condannandolo alla pena di 70 C di ammenda.
2.Avverso detta sentenza ha proposto ricorso l’imputato, deducendo:
2.1 violazione dell’art. 131 bis cod. pen. e vizio di motivazione poiché il tribunale ha riqualificato la condotta ascritta all’imputato ai sensi dell’art. 712 cod.pen., ma h ritenuto di non inquadrarla tra le ipotesi di minima offensività di cui all’art. 131 cod.pen., valorizzando il grado di negligenza dell’imputato e il periodo in cui dispose del cellulare di provenienza furtiva.
Osserva il ricorrente che la negligenza non può essere addotta quale motivo per negare il riconoscimento della causa di non punibilità, in quanto la colpa è i’elemento soggettivo del reato e se non fosse stato negligente la contravvenzione non si sarebbe realizzata; inoltre il tribunale ha valorizzato il tempo per il quale l’imputato ha avuto la disponibil di questo telefono, ma il periodo di circa 7 giorni è esiguo e dovrebbe, di contro, indurre a concedere la causa di non punibilità invocata, unitamente al modesto valore del bene, alla scarsa capacità a delinquere dell’imputato e alla collaborazione offerta sin dai primi contatti con l’autorità di P.G..
3.11 ricorso è infondato e non può trovare accoglimento.
Il Tribunale ha ritenuto di qualificare la condotta ascritta ai sensi dell’art. 712 cod.pen condividendo l’assunto difensivo che la ricezione del cellulare di provenienza furtiva fosse avvenuto per colpa e non con la consapevolezza o accettando il rischio dell’origine illecita del bene; ha inoltre applicato la sola pena dell’ammenda e non quella detentiva valutando la ridotta offensività della condotta posta in essere dall’imputato, in relazione al valore modesto del bene ricettato e alla scarsa capacità a delincuere di COGNOME, ma ha motivatamente ritenuto di escludere la causa di non punibilità ex art. 131 bis cod.pen. attribuendo al fatto commesso una contenuta ma non infima offersività, in relazione al periodo in cui si è protratta la detenzione e al grado di negligenza manifestata dall’imputato nell’acquisto della cosa furtiva.
Il ricorrente deduce che GLYPH la colpa rientra nell’ambito dell’elemento soggettivo della condotta ascritta e sostiene che per questo non può essere presa in considerazione ai fini del riconoscimento dell’istituto di cui all’art. 131 bis cod.pen. , ma questo argomento non ha pregio poiché la sentenza ha correttamente valorizzato gli elementi di cui al primo comma dell’art. 133 cod.pen., che concorrono nel determinare la gravità della condotta, e ha valorizzato il grado non infimo di colpa manifestata dall’imputato nel ricevere un telefono cellulare di provenienza illecita e il periodo non irrilevante in cui h utilizzato il bene.
Si tratta di argomenti rispettosi del dettato normativo e non manifestamente illogici o contraddittori, poiché qualificano la condotta illecita e consentono di ritenerla dotata di una contenuta ma apprezzabile offensività e si inseriscono nell’ambito di discrezionalità attribuita dall’art. 131 bis cod.pen. al giudicante, che esula dal sindacato di questa Corte in quanto sorretta da adeguata e congrua motivazione.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali .
Roma 6 marzo 2024