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Particolare tenuità del fatto: quando non si applica

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per furto. La Corte ha stabilito che la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non può essere applicata a chi ha commesso in precedenza numerosi reati della stessa indole, confermando la condanna e il rigetto delle attenuanti.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare Tenuità del Fatto: Non si Applica in Caso di Reati Reiterati

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale del nostro ordinamento penale: la non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131-bis del codice penale, non può essere concessa a chi ha una storia di reati della stessa natura. Questa decisione sottolinea come la valutazione del “fatto” debba considerare non solo il singolo episodio, ma anche la condotta complessiva dell’imputato.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da una condanna per furto emessa dal Tribunale di La Spezia, successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Genova. L’imputata, originariamente accusata di ricettazione (art. 648 c.p.), aveva visto il suo reato riqualificato in furto (art. 624 c.p.) già in primo grado. L’oggetto del furto era un assegno di 800 euro, sottratto insieme ad altri beni personali come bancomat e patente di guida. Contro la sentenza d’appello, l’imputata ha proposto ricorso per Cassazione, basandolo su tre distinti motivi.

I Motivi del Ricorso e la Particolare Tenuità del Fatto

Il ricorso presentato alla Suprema Corte si articolava su tre punti principali:

1. Improcedibilità per assenza di querela: La difesa sosteneva che mancasse l’atto formale di querela, necessario per procedere.
2. Mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p.: Si lamentava il mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto, che avrebbe portato alla non punibilità.
3. Mancata concessione delle attenuanti: La difesa contestava il diniego delle circostanze attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.) e dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.).

L’ostacolo dei precedenti penali

Il punto cruciale della decisione ruota attorno al secondo motivo di ricorso. L’imputata chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per la lieve entità del reato commesso. Tuttavia, la sua richiesta si è scontrata con un ostacolo insormontabile: i suoi numerosi precedenti penali per delitti contro il patrimonio. Questo elemento è stato decisivo per la Corte.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile, analizzando e respingendo ogni singolo motivo.

Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte ha semplicemente constatato che la querela era regolarmente presente agli atti, essendo stata sporta il 20 marzo 2018.

Sul secondo e più importante motivo, quello relativo alla particolare tenuità del fatto, i giudici hanno richiamato la giurisprudenza consolidata e le recenti modifiche legislative (d.lgs. 150/2022). Hanno chiarito che l’art. 131-bis c.p. non può essere applicato se l’imputato ha commesso più reati della stessa indole. La norma stessa, infatti, impone una valutazione complessiva del “fatto” nella sua “dimensione plurima”. In questo contesto, l’eventuale tenuità del singolo episodio perde di rilevanza di fronte a una condotta criminale reiterata. Le numerose condanne precedenti per reati contro il patrimonio dimostravano una tendenza a delinquere che impediva l’applicazione del beneficio.

Infine, anche il terzo motivo è stato respinto. La Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza d’appello esente da illogicità. I giudici di merito avevano correttamente negato le attenuanti considerando che il danno non era di speciale tenuità (800 euro più altri beni personali) e che le presunte particolari condizioni di vita dell’imputata erano prive di riscontri effettivi.

Le Conclusioni

Con questa ordinanza, la Suprema Corte ha sancito l’inammissibilità del ricorso, condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. La decisione riafferma con forza un principio chiave: la valutazione della tenuità di un fatto non può prescindere dalla storia criminale del reo. Un comportamento abituale contrario alla legge, specialmente se riguarda reati della stessa indole, è incompatibile con un istituto pensato per episodi isolati e di minima offensività. La condotta “plurima” e seriale, quindi, chiude le porte alla non punibilità, anche se il singolo reato, di per sé, potrebbe apparire di modesta gravità.

Quando non è possibile applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Secondo la Corte, non è possibile applicarla quando l’imputato ha commesso più reati della stessa indole. La legge richiede una valutazione del “fatto” nella sua “dimensione plurima”, e una storia di condotte criminali simili rende irrilevante la tenuità del singolo episodio.

I precedenti penali possono impedire la concessione della particolare tenuità del fatto?
Sì. La Corte ha stabilito che numerose condanne precedenti per delitti della stessa natura (in questo caso, contro il patrimonio) sono un motivo ostativo all’applicazione dell’art. 131-bis c.p., poiché dimostrano una non occasionalità del comportamento illecito.

Perché sono state negate le attenuanti del danno di speciale tenuità e quelle generiche?
La Corte ha ritenuto corretta la decisione dei giudici di merito. L’importo sottratto (un assegno da 800 euro) e la presenza di altri beni personali nel marsupio (bancomat, patente) non configuravano un danno di speciale tenuità. Inoltre, la richiesta di attenuanti generiche non era supportata da elementi concreti e favorevoli che fossero stati trascurati in appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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