Particolare tenuità del fatto: i limiti alla discrezionalità del Giudice
L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’art. 131-bis del codice penale, rappresenta uno strumento fondamentale per la deflazione del sistema penale, escludendo la punibilità per reati di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e dipende da una valutazione complessa del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini di questo potere discrezionale, chiarendo quando è legittimo negare il beneficio.
I Fatti di Causa
Il caso analizzato dalla Suprema Corte nasce dal ricorso di un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello. L’imputato lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. I suoi motivi di ricorso, tuttavia, sono stati considerati dalla Cassazione come una mera riproposizione di censure già esaminate e respinte nel precedente grado di giudizio, risultando inoltre aspecifici e manifestamente infondati.
La Decisione della Corte di Cassazione sulla particolare tenuità del fatto
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte ha ritenuto corretta e ben motivata la decisione della Corte territoriale, la quale aveva escluso la configurabilità della particolare tenuità del fatto in ragione di due elementi specifici: la gravità delle modalità della condotta e l’entità dell’importo sottratto. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni
Il cuore della decisione risiede nella riaffermazione dei principi che governano la valutazione della particolare tenuità del fatto. La Cassazione ha sottolineato che tale giudizio richiede un’analisi complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta.
Richiamando le Sezioni Unite (sentenza Tushaj, n. 13681/2016), la Corte ha ricordato che la valutazione deve tenere conto dei criteri indicati nell’art. 133, primo comma, del codice penale, ovvero:
1. Le modalità della condotta.
2. Il grado della colpevolezza.
3. L’entità del danno o del pericolo.
Un punto cruciale chiarito dall’ordinanza è che il giudice, per escludere il beneficio, non è tenuto a esaminare meticolosamente ogni singolo elemento previsto dalla norma. È sufficiente che indichi gli elementi ritenuti rilevanti e decisivi per la sua valutazione, motivando in modo congruo e non illogico. Nel caso di specie, la gravità della condotta e l’entità del danno sono state considerate sufficienti a escludere la tenuità dell’offesa.
La valutazione, dunque, rientra pienamente nei poteri discrezionali del giudice di merito, il quale deve motivare sulle forme concrete del comportamento incriminato per valutarne la gravità e, di conseguenza, il bisogno di pena. L’uso di mere “clausole di stile” non è ammesso, ma una motivazione ancorata a fatti specifici, come avvenuto in questo caso, è pienamente legittima.
Le Conclusioni
L’ordinanza in commento offre importanti spunti pratici. In primo luogo, conferma che l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. non è un diritto dell’imputato, ma l’esito di una valutazione discrezionale del giudice, basata su indici fattuali concreti. In secondo luogo, un ricorso in Cassazione che si limiti a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello, senza individuare vizi logici o giuridici specifici nella motivazione della sentenza impugnata, è destinato all’inammissibilità. Infine, la decisione ribadisce che elementi come le modalità particolarmente insidiose di un reato o un danno non irrilevante possono, da soli, essere sufficienti a giustificare il diniego della non punibilità per particolare tenuità del fatto.
Quando un fatto può essere considerato di ‘particolare tenuità’ secondo la Corte?
La valutazione richiede un’analisi complessa e congiunta di tutte le peculiarità del caso concreto, tenendo conto, ai sensi dell’art. 133 c.p., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza e dell’entità del danno o del pericolo.
Il giudice deve analizzare tutti gli elementi dell’art. 133 c.p. per escludere la particolare tenuità del fatto?
No, non è necessaria la disamina di tutti gli elementi. È sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti per escludere il beneficio, purché la motivazione sia congrua e non illogica, evitando mere clausole di stile.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi erano manifestamente infondati, oltre che aspecifici e riproduttivi di censure già adeguatamente esaminate e respinte dalla Corte territoriale con una motivazione congrua e non illogica.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34863 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34863 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/09/2024 della CORTE APPELLO di CAMPOBASSO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che i due motivi oggetto del ricorso in esame, con cui si lamenta la mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., oltre che aspecifici perché riproduttivi di profili di censura già prospettati in appello e già adeguatamente esaminati e disattesi dalla Corte territoriale, sono manifestamente infondati, a fronte della congrua e non illogica motivazione posta a base della sentenza impugnata, con cui correttamente si è affermata la non configurabilità della particolare tenuità del fatto in ragione della modalità della gravità della condotta e dell’entità dell’importo sottratto (si vedano le pagg. 4-5 della sentenza impugnata);
che a tal proposito giova ribadire che per la configurabilità della causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, comma primo, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590). A tal fine, non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, ma è sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, COGNOME, Rv. 274647), dovendo comunque il giudice motivare sulle forme di estrinsecazione del comportamento incriminato, per valutarne la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e, conseguentemente, il bisogno di pena, non potendo far ricorso a mere clausole di stile (Sez. 6, n. 18180 del 20/12/2018, Venezia, Rv. 275940); poiché tale valutazione va compiuta sulla base dei criteri di cui all’art. 133, cod. pen., essa rientra nei poteri discrezionali del giudice, correttamente esercitati nel caso di specie;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 15 luglio 2025.