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Particolare tenuità del fatto: quando non si applica

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7754/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto. La Corte ha stabilito che la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto può essere esclusa anche solo in presenza di uno dei criteri ostativi, come la presenza di precedenti penali affini o la particolare callidità della condotta, confermando la natura discrezionale della valutazione del giudice.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare tenuità del fatto: la discrezionalità del giudice

L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’art. 131 bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e resta soggetta a una rigorosa valutazione da parte del giudice. L’ordinanza n. 7754 del 2024 della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio dei limiti di questo beneficio, specialmente in presenza di precedenti penali e di una condotta astuta da parte dell’imputato.

I fatti del caso

Un individuo, condannato per furto in appello, ha presentato ricorso in Cassazione. La sua difesa si basava principalmente su due punti: la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e, in subordine, la sostituzione della pena detentiva con i lavori di pubblica utilità. La Corte d’Appello, pur avendo riformato parzialmente la pena, aveva confermato la responsabilità penale, negando il beneficio della tenuità dell’offesa.

I criteri per la particolare tenuità del fatto

Il primo motivo di ricorso lamentava una carenza di motivazione riguardo alla mancata applicazione dell’art. 131 bis c.p. La Corte di Cassazione ha rigettato questa censura, definendola generica e manifestamente infondata. Gli Ermellini hanno sottolineato come la Corte d’Appello avesse correttamente basato la sua decisione su due elementi cruciali: le modalità della condotta, caratterizzate da un certo grado di ‘callidità’, e l’esistenza di precedenti penali affini a carico dell’imputato. La Suprema Corte ha colto l’occasione per ribadire un principio fondamentale: i criteri per la valutazione della tenuità dell’offesa sono cumulativi ai fini della concessione del beneficio, ma alternativi per il suo diniego. Ciò significa che la valutazione negativa anche di uno solo di essi è sufficiente a precludere l’applicazione della norma.

La richiesta di pene sostitutive

Anche il secondo motivo, relativo alla richiesta di sostituzione della pena detentiva con lavori di pubblica utilità, è stato giudicato manifestamente infondato. La Cassazione ha ricordato che tale sostituzione non costituisce un diritto dell’imputato, ma rientra nel potere discrezionale del giudice. Questa valutazione deve essere condotta sulla base dei criteri stabiliti dall’art. 133 del codice penale, che includono le modalità del fatto e la personalità del condannato. La richiesta dell’imputato, non essendo adeguatamente argomentata, non ha potuto trovare accoglimento.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, consolidando un orientamento giurisprudenziale ormai costante. La decisione evidenzia che il giudizio sulla particolare tenuità del fatto non può prescindere da una valutazione complessiva che tenga conto non solo della gravità del danno, ma anche della personalità dell’autore del reato. La presenza di precedenti specifici e l’aver agito con astuzia sono indicatori che depongono contro la concessione del beneficio, in quanto sintomatici di una maggiore pericolosità sociale e di una non occasionalità della condotta. Inoltre, la Corte ha specificato che il potere discrezionale del giudice, sia nella valutazione della tenuità sia nella scelta della pena, deve essere esercitato con una motivazione logica e coerente, come avvenuto nel caso di specie da parte della Corte territoriale.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce che la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è un ‘salvacondotto’ per reati di modesta entità. La sua applicazione richiede un’attenta analisi di tutti gli indici previsti dalla norma. Per la difesa, ciò implica la necessità di argomentare in modo puntuale l’assenza di tutti gli elementi ostativi, senza limitarsi a contestazioni generiche. Per gli imputati, la pronuncia è un monito: la storia criminale e le modalità con cui si commette un reato, anche se di lieve entità, hanno un peso determinante nel giudizio del magistrato.

Quando può essere negata la non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La non punibilità può essere negata quando il giudice valuta negativamente anche uno solo dei criteri previsti dalla legge, come le modalità della condotta (ad esempio, l’astuzia o la ‘callidità’) o la presenza di precedenti penali specifici a carico dell’imputato.

La sostituzione della pena detentiva con lavori di pubblica utilità è un diritto dell’imputato?
No, non è un diritto. La sostituzione della pena rientra nell’ambito della valutazione discrezionale del giudice, che decide sulla base dei criteri dell’art. 133 del codice penale, considerando le modalità del reato e la personalità del condannato.

Quale valore hanno i precedenti penali nella valutazione della tenuità del fatto?
I precedenti penali, specialmente se ‘affini’ (cioè relativi a reati della stessa natura), sono un elemento molto rilevante. Possono essere considerati un indice contrario alla concessione del beneficio, in quanto indicano una non occasionalità del comportamento illecito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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