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Particolare tenuità del fatto: quando non si applica?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per occupazione abusiva. La decisione si fonda sul rigetto della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a causa delle modalità esecutive del reato (in concorso con altri) e della sua lunga durata, elementi che escludono la minima offensività richiesta dalla norma.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare tenuità del fatto: Non basta un’offesa minima se il reato è continuato e in concorso

L’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) è uno dei temi più dibattuti nel diritto penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini di questo istituto, stabilendo che non può essere concesso quando le modalità esecutive del reato, come la commissione in concorso e la sua protrazione nel tempo, indicano una gravità non trascurabile. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una condanna per il reato di occupazione abusiva di un alloggio comunale. La sentenza, emessa dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Bologna, riconosceva la responsabilità penale di una donna. Contro la decisione di secondo grado, l’imputata proponeva ricorso per Cassazione, affidandosi a due principali motivi di contestazione.

I Motivi del Ricorso e la questione della particolare tenuità del fatto

La difesa della ricorrente ha basato il suo ricorso su due argomenti principali:

1. Mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto: Il primo motivo lamentava la violazione dell’art. 131-bis del codice penale. Secondo la difesa, il fatto contestato era di minima offensività e, pertanto, avrebbe dovuto essere considerato non punibile.
2. Eccessività della pena: Il secondo motivo contestava la misura della sanzione applicata, ritenendola sproporzionata rispetto alla reale gravità del comportamento.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. I giudici hanno ritenuto entrambi i motivi di ricorso infondati e non meritevoli di accoglimento, fornendo una chiara spiegazione delle ragioni giuridiche alla base della loro decisione.

Le Motivazioni

La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni difensive con un ragionamento logico e aderente ai principi consolidati della giurisprudenza.

Sulla inapplicabilità della particolare tenuità del fatto

Riguardo al primo motivo, i giudici hanno sottolineato come la doglianza fosse generica e meramente reiterativa di quanto già esposto e respinto in appello. Un ricorso in Cassazione, per essere ammissibile, deve contenere una critica specifica e argomentata alla sentenza impugnata, non limitarsi a riproporre le stesse tesi.

Nel merito, la Corte ha convalidato la decisione dei giudici d’appello di escludere l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. La motivazione si fonda su due elementi cruciali che impediscono di qualificare il fatto come di ‘particolare tenuità’:

* Le modalità esecutive: il reato era stato commesso in forma concorsuale, ovvero con la partecipazione di altre persone. Questo elemento, secondo la Corte, aggrava la condotta.
* La protrazione nel tempo: l’occupazione dell’alloggio si era protratta per un periodo di tempo ‘significativo’, dimostrando una volontà criminosa persistente e non occasionale.

Questi due fattori, combinati, delineano un quadro di offensività che supera la soglia della minima lesività richiesta per la non punibilità.

Sulla congruità della pena

Anche il secondo motivo, relativo all’eccessività della pena, è stato giudicato manifestamente infondato. La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la quantificazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Tale potere deve essere esercitato nel rispetto dei criteri legali (artt. 132 e 133 c.p.), come la gravità del reato e la capacità a delinquere del reo.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva adeguatamente motivato la sua decisione, tenendo conto anche dei precedenti penali e delle pendenze giudiziarie della ricorrente. La Corte di Cassazione può sindacare questa valutazione solo in caso di manifesta illogicità o assenza di motivazione, vizi che in questa sede non sono stati riscontrati.

Conclusioni

L’ordinanza in esame offre una lezione chiara: la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è un automatismo. Il giudice deve compiere una valutazione complessiva che tenga conto di tutti gli aspetti della condotta, sia oggettivi che soggettivi. La partecipazione di più persone al reato e la sua durata nel tempo sono indicatori di una maggiore gravità che, come in questo caso, possono precludere l’accesso a questo beneficio. Inoltre, la decisione conferma la scarsa probabilità di successo di ricorsi generici che si limitano a contestare la valutazione discrezionale del giudice di merito sulla pena senza evidenziare vizi logici macroscopici.

Quando non si può applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Secondo questa ordinanza, la particolare tenuità del fatto non si applica quando le modalità della condotta indicano una gravità non trascurabile. Nello specifico, la commissione del reato in concorso con altre persone e la sua protrazione per un periodo di tempo significativo sono elementi che escludono la minima offensività richiesta dalla norma.

È possibile contestare l’entità della pena in Cassazione?
Generalmente, la contestazione dell’entità della pena in Cassazione non è consentita. La graduazione della sanzione rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che la esercita sulla base dei criteri degli artt. 132 e 133 del codice penale. Il ricorso è ammissibile solo se la motivazione del giudice di merito è manifestamente illogica, contraddittoria o del tutto assente.

Perché un ricorso per Cassazione può essere dichiarato inammissibile se è generico?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile se è generico perché omette di svolgere la sua funzione tipica, ovvero quella di una critica argomentata e specifica contro la sentenza impugnata. Limitarsi a ripetere le stesse doglianze già respinte nel precedente grado di giudizio, senza confrontarsi con le motivazioni della corte d’appello, rende l’impugnazione non specifica e, quindi, non accoglibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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