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Particolare tenuità del fatto: quando non si applica

Una persona, condannata per false dichiarazioni a un pubblico ufficiale (art. 495 c.p.), ha fatto ricorso in Cassazione chiedendo l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, sostenendo che le argomentazioni della difesa erano solo una rilettura dei fatti già valutati. La condotta di mentire per sottrarsi a una sanzione, rettificando solo dopo l’intervento della polizia, è stata ritenuta non meritevole del beneficio della particolare tenuità del fatto.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare Tenuità del Fatto: Quando Mentire a un Pubblico Ufficiale Esclude la Non Punibilità

L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del Codice Penale, rappresenta un importante strumento di deflazione del sistema penale, permettendo di escludere la punibilità per reati di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e dipende da una valutazione rigorosa del giudice. Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione fornisce chiarimenti cruciali sui limiti di questo beneficio, in particolare nel contesto del reato di false dichiarazioni a un pubblico ufficiale.

I Fatti del Caso: una Dichiarazione Falsa per Evitare una Sanzione

Il caso riguarda una persona condannata in primo e secondo grado per il reato previsto dall’art. 495 del Codice Penale. L’imputata, al fine di sottrarsi a una sanzione, aveva inizialmente dichiarato false generalità a un funzionario accertatore, negando di avere con sé un documento di identità. Solo in un secondo momento, a seguito dell’intervento della polizia giudiziaria contattata dal funzionario, la persona esibiva il proprio documento, rivelando la sua vera identità.

La difesa ha presentato ricorso per Cassazione, basandolo su un unico motivo: la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, anche alla luce della versione più favorevole della norma introdotta dalla recente riforma legislativa (D.Lgs. 150/2022).

La Decisione della Cassazione sulla particolare tenuità del fatto

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando di fatto la condanna. I giudici hanno ritenuto che le argomentazioni della difesa non fossero idonee a mettere in discussione la decisione dei giudici di merito, i quali avevano già escluso l’applicabilità dell’art. 131-bis c.p.

Le Argomentazioni della Difesa

La difesa sosteneva che la condotta dovesse essere considerata di lieve entità, facendo leva su elementi fattuali quali l’attività lavorativa svolta dall’imputata e la presunta spontanea comunicazione delle proprie generalità. Secondo questa tesi, il comportamento complessivo non presentava un grado di offensività tale da meritare una sanzione penale, giustificando quindi l’applicazione del beneficio della non punibilità.

La Valutazione dei Giudici di Merito

I giudici dei gradi precedenti, così come la Cassazione, hanno invece dato un peso determinante alla dinamica degli eventi. Hanno sottolineato come l’imputata avesse rivelato la sua vera identità non per un ravvedimento spontaneo, ma solo perché messa alle strette dall’intervento della polizia. Il tentativo iniziale di ingannare il pubblico ufficiale per eludere una sanzione è stato considerato un elemento che impedisce di qualificare il fatto come di particolare tenuità.

Le Motivazioni: Perché il Ricorso è Inammissibile

La Suprema Corte ha fondato la sua decisione di inammissibilità su una considerazione dirimente: il ricorso si basava su una prospettazione puramente assertiva di elementi di fatto, tentando di ottenere un nuovo e diverso apprezzamento della condotta che è precluso in sede di legittimità. La Cassazione non può riesaminare il merito della vicenda, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.

I giudici hanno ribadito che, sebbene la nuova formulazione dell’art. 131-bis c.p. sia una norma sostanziale più favorevole e quindi applicabile retroattivamente, i presupposti per la sua operatività non sussistevano nel caso di specie. La condotta dell’imputata, caratterizzata dal mendacio iniziale volto a un fine illecito (sottrarsi alla sanzione), non poteva essere considerata di minima offensività. Il fatto che la verità sia emersa solo dopo l’intervento delle forze dell’ordine ha confermato la gravità del comportamento, escludendo la possibilità di applicare la causa di non punibilità.

Le Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza consolida un principio importante: la valutazione della particolare tenuità del fatto non può prescindere dal contesto e dalle finalità della condotta. Mentire a un pubblico ufficiale non è mai un atto banale, e la gravità aumenta quando lo scopo è quello di ottenere un vantaggio indebito, come eludere una sanzione. La decisione ribadisce che il ravvedimento, per avere un peso, deve essere genuino e spontaneo, non una mera conseguenza dell’inevitabilità dell’accertamento. Infine, viene confermato che il ricorso in Cassazione non può essere utilizzato come un ‘terzo grado di giudizio’ per ridiscutere i fatti, ma deve limitarsi a censure di legittimità sulla decisione impugnata. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di 3.000 euro.

È possibile applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto se si forniscono false generalità a un pubblico ufficiale?
Secondo questa ordinanza, no. La Corte di Cassazione ha stabilito che mentire a un funzionario per sottrarsi a una sanzione, e rettificare solo dopo l’intervento della polizia, non è una condotta di lieve entità e quindi non beneficia della non punibilità per particolare tenuità del fatto.

Un ricorso in Cassazione può basarsi su una diversa valutazione dei fatti già esaminati nei gradi precedenti?
No, il ricorso è stato dichiarato inammissibile proprio perché si limitava a proporre una valutazione dei fatti (come la presunta spontanea comunicazione delle generalità) alternativa a quella già compiuta dai giudici di merito, senza evidenziare vizi di legittimità.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
L’inammissibilità del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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