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Particolare tenuità del fatto: quando non si applica

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imprenditore condannato per false dichiarazioni finalizzate a ottenere il patrocinio a spese dello Stato. La Corte ha escluso l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, sottolineando la gravità della condotta e l’intensità del dolo. L’aver omesso redditi derivanti dalla propria stabile attività d’impresa, e non da fonti occasionali, è stato ritenuto un elemento decisivo per negare il beneficio.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare Tenuità del Fatto: Perché Omettere Redditi d’Impresa è Grave

L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale. Permette infatti di escludere la punibilità per reati di minima entità. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una valutazione attenta di tutte le circostanze del caso concreto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti di questo beneficio, specialmente quando l’imputato omette di dichiarare redditi derivanti dalla propria attività imprenditoriale.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un imprenditore condannato in primo e secondo grado per il reato previsto dall’art. 95 del d.P.R. 115/2002. L’imputato aveva presentato una falsa dichiarazione per essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato, omettendo di indicare i redditi percepiti dalla propria attività d’impresa.

La condanna, confermata dalla Corte d’Appello, consisteva in un anno di reclusione e 400 euro di multa. L’imprenditore, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, basandolo su un unico motivo: il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

Il Ricorso in Cassazione e la Particolare Tenuità del Fatto

La difesa sosteneva che il fatto, nel suo complesso, fosse di lieve entità e che, pertanto, dovesse trovare applicazione l’art. 131-bis c.p. Secondo il ricorrente, i giudici di merito avrebbero errato nel non concedere il beneficio, con una motivazione carente e viziata.

Il fulcro dell’argomentazione difensiva era la richiesta di una rivalutazione della condotta alla luce dei criteri di tenuità, sperando in un esito più favorevole da parte della Corte di legittimità.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, confermando la decisione dei giudici di merito. La motivazione della Corte si basa su due pilastri fondamentali: la gravità della condotta e la particolare intensità del dolo.

I giudici hanno sottolineato che la Corte d’Appello aveva già fornito una spiegazione logica e congrua per negare il beneficio. L’accento è stato posto su una circostanza decisiva: i redditi omessi non erano occasionali o di difficile conoscenza. Al contrario, si trattava di somme che l’imputato aveva percepito direttamente e consapevolmente nell’esercizio della sua attività imprenditoriale, in qualità di titolare della ditta omonima.

Questo elemento, secondo la Corte, dimostra una particolare intensità del dolo e una gravità della condotta che va oltre la soglia della tenuità. La sentenza si allinea al principio espresso dalle Sezioni Unite (sentenza Tushaj, n. 13681/2016), secondo cui il giudizio sulla tenuità non riguarda la condotta tipica (l’astratta previsione di legge), ma il “fatto storico”, ovvero la situazione reale e concreta, con tutti i suoi elementi.

Per valutare la tenuità, è necessario un esame complesso che tenga conto, ai sensi dell’art. 133 del codice penale, di:

* Modalità della condotta: Come è stato commesso il reato.
* Grado di colpevolezza: L’intensità dell’intenzione criminale.
* Entità del danno o del pericolo: Le conseguenze concrete dell’azione.

Nel caso specifico, l’aver nascosto redditi stabili e conosciuti ha delineato un comportamento non meritevole del beneficio della non punibilità.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la particolare tenuità del fatto non è un’esenzione automatica per i reati minori. La valutazione del giudice deve essere approfondita e ancorata alla realtà concreta del comportamento dell’agente. Omettere consapevolmente redditi derivanti da un’attività imprenditoriale stabile, al fine di ottenere un beneficio statale, è una condotta che rivela un grado di colpevolezza e una gravità tali da escludere l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. La decisione serve da monito: la natura e l’origine dei redditi nascosti sono elementi cruciali nel giudizio sulla meritevolezza della non punibilità.

Quando può essere esclusa l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
L’applicazione può essere esclusa quando, da una valutazione complessiva della fattispecie concreta, emergono una particolare gravità della condotta e un’elevata intensità del dolo, come nel caso di omissione di redditi stabili e pienamente conosciuti.

Perché l’omissione di redditi da lavoro imprenditoriale è stata considerata particolarmente grave in questo caso?
Perché non si trattava di somme percepite occasionalmente, ma di redditi derivanti dall’esercizio continuo di un’attività imprenditoriale. L’imputato era quindi pienamente consapevole della loro esistenza e del loro ammontare, il che ha evidenziato un’intenzione fraudolenta più marcata.

Quali criteri utilizza la Cassazione per valutare la tenuità del fatto?
La Cassazione si rifà ai criteri indicati dall’art. 133, comma 1, del codice penale. La valutazione deve essere complessa e congiunta, analizzando tutte le peculiarità del “fatto storico”, incluse le modalità della condotta, il grado di colpevolezza che se ne desume e l’entità del danno o del pericolo causato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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