Particolare Tenuità del Fatto: La Cassazione Nega il Beneficio in Caso di Condotta Ostinata
L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’art. 131 bis del codice penale, rappresenta uno strumento fondamentale per escludere la punibilità di reati di lieve entità. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una valutazione attenta da parte del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio dei limiti di questo beneficio, sottolineando come la condotta complessiva dell’imputato, e in particolare la sua ostinazione, possa precluderne il riconoscimento.
I Fatti del Caso: False Dichiarazioni a un Pubblico Ufficiale
Il caso esaminato riguarda un soggetto condannato in primo grado e in appello per il reato di cui all’art. 495 c.p., ovvero per aver fornito false attestazioni sulla propria identità a un pubblico ufficiale. Nonostante la condanna, l’imputato ha deciso di presentare ricorso per Cassazione, basando la sua difesa su un unico motivo: il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
Il Ricorso e la Questione sulla Particolare Tenuità del Fatto
Secondo la difesa, il fatto contestato era talmente lieve da meritare l’applicazione dell’art. 131 bis c.p. La tesi difensiva, tuttavia, non ha convinto i giudici di legittimità. La Corte Suprema ha infatti rilevato un vizio preliminare nel ricorso, che ne ha determinato l’inammissibilità. Il ricorso si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte d’Appello, senza muovere una critica specifica e argomentata contro la motivazione della sentenza di secondo grado. Questo vizio procedurale, noto come ‘pedissequa reiterazione’ dei motivi, è sufficiente a rendere un ricorso inammissibile.
La Decisione della Corte: Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Oltre agli aspetti procedurali, i giudici hanno colto l’occasione per ribadire la correttezza della decisione della Corte d’Appello anche nel merito, fornendo importanti chiarimenti sull’interpretazione della particolare tenuità del fatto.
Le Motivazioni: Perché il Fatto non è stato Ritenuto Tenue?
La Corte ha spiegato che la valutazione sulla tenuità del fatto non può limitarsi al solo danno o pericolo causato dal reato, ma deve estendersi a un’analisi completa della condotta dell’imputato. Nel caso di specie, due elementi sono stati decisivi per escludere il beneficio:
1. Il Contesto: Il reato era avvenuto in un contesto che ne aggravava la portata.
2. La Pervicacia: L’imputato aveva mostrato una notevole ostinazione (‘pervicacia’) nel fornire dati non corretti. Questo atteggiamento persisteva anche dopo che la menzogna era stata scoperta grazie all’intervento di un agente di polizia giudiziaria che conosceva personalmente l’imputato.
Questa insistenza nel comportamento illecito ha dimostrato, secondo i giudici, un’intensità del dolo e una gravità della condotta incompatibili con la qualificazione del fatto come ‘particolarmente tenue’.
Le Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza conferma un principio fondamentale: per beneficiare della non punibilità per particolare tenuità del fatto, non basta che il reato, in astratto, sia di modesta entità. Il giudice deve valutare il comportamento complessivo dell’autore del reato. L’ostinazione, la premeditazione o la persistenza nell’illecito sono tutti indicatori che possono portare a escludere l’applicazione dell’art. 131 bis c.p. La decisione serve quindi da monito: la ‘tenuità’ deve riguardare l’episodio nel suo complesso, inclusa la condotta dell’agente, e non solo il risultato materiale della sua azione.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo questa ordinanza, un ricorso è inammissibile se si limita a ripetere gli stessi motivi già presentati e respinti in appello, senza formulare una critica specifica e argomentata contro la sentenza impugnata.
Perché la Corte ha negato l’applicazione della particolare tenuità del fatto?
La Corte ha negato il beneficio perché la condotta dell’imputato non era affatto tenue. Ha considerato non solo il reato in sé, ma anche la sua ostinazione nel mentire sul proprio nome, anche dopo che un pubblico ufficiale che lo conosceva aveva rivelato la verità.
Cosa valuta il giudice per concedere la particolare tenuità del fatto?
Il giudice valuta l’intera condotta, non solo il fatto-reato isolato. In questo caso, elementi come il contesto in cui è avvenuto il reato e la ‘pervicacia’ (ostinazione) dell’imputato sono stati decisivi per escludere la lieve entità del fatto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36088 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36088 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/12/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NUMERO_DOCUMENTO – Udienza del 24 settembre 2025 – Consigliere COGNOME
Considerato che NOME COGNOME – alias NOME– ricorre avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bologna che ha confermato la condanna del ricorrente per il reato di c all’art. 495 cod. pen.;
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso – che denunzia vizio di motivazione quanto al mancata applicazione della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis cod. pen. – è inammissibile in quanto fondato su motivi che si risolvono n pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, poiché omettono d assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricor (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 277710; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME e altri, Rv. 260608 ; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME e altri, Rv. 243838).
Ritenuto che, invero, la Corte di merito ha fornito una motivazione puntuale, logicamente coerente e giuridicamente corretta, evidenziando, in modo specifico ed inequivoco, come la condotta del COGNOME non fosse particolarmente tenue, sia per il contesto in cui era avvenuta, sia la pervicacia nel fornire un dato non corretto anche quando il mendacio sul nome era stato disvelato grazie all’intervento fortuito di un operante di p.g. che lo conosceva (cfr. pagg 1-2 sentenza impugnata).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condann del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore dell Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 24 settembre 2025
Il consigliere estensore
GLYPH