Particolare tenuità del fatto: i limiti secondo la Cassazione
L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’art. 131-bis del codice penale, rappresenta uno strumento fondamentale di deflazione processuale, escludendo la punibilità per reati di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una valutazione rigorosa da parte del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre importanti chiarimenti sui motivi che possono portare a negare questo beneficio e a dichiarare inammissibile un ricorso basato su tale richiesta.
I Fatti del Caso
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un ricorso presentato da un individuo condannato dalla Corte d’Appello di Lecce per aver effettuato prelievi indebiti utilizzando due carte di credito in diverse occasioni. L’imputato ha basato il suo ricorso in Cassazione su tre motivi principali:
1. La mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
2. La presunta scorrettezza della motivazione che ha portato alla dichiarazione di responsabilità penale.
3. Il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
La difesa sosteneva che il reato fosse di lieve entità e che l’imputato meritasse un trattamento sanzionatorio più mite. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha respinto tutte le argomentazioni, dichiarando il ricorso inammissibile.
L’Analisi della Corte e i Criteri per la Particolare Tenuità del Fatto
La Corte ha smontato punto per punto i motivi del ricorso, fornendo indicazioni preziose sulla corretta interpretazione delle norme.
Il Primo Motivo: la Tenuità del Fatto
Il motivo centrale del ricorso è stato giudicato “indeducibile”. La Corte ha osservato che le argomentazioni presentate erano una “pedissequa reiterazione” di quelle già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. Un ricorso in Cassazione, per essere ammissibile, deve contenere una critica specifica e argomentata alla sentenza impugnata, non limitarsi a riproporre le stesse difese.
Nel merito, i giudici di legittimità hanno confermato la correttezza della decisione di appello. Per negare la particolare tenuità del fatto, è sufficiente la valutazione negativa di anche uno solo dei criteri previsti dall’art. 131-bis c.p. (modalità della condotta, esiguità del danno). In questo caso, la Corte d’Appello aveva correttamente considerato sia l’entità dei prelievi, effettuati in due distinte occasioni, sia la rilevanza del danno causato alla vittima, tenuto conto delle sue condizioni economiche.
Il Secondo e Terzo Motivo: Responsabilità e Attenuanti Generiche
Il secondo motivo, relativo alla motivazione sulla responsabilità, è stato dichiarato generico perché non indicava con precisione quali elementi della motivazione (ritenuta logicamente corretta) fossero contestati. Il terzo motivo, sul mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, è stato ritenuto manifestamente infondato. La Cassazione ha ricordato che, dopo la riforma del 2008, la semplice assenza di precedenti penali non è più sufficiente per la concessione di tali attenuanti. È necessario che la difesa fornisca elementi positivi che giustifichino una riduzione di pena, cosa che nel caso di specie non è avvenuta.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Cassazione si fonda su principi consolidati sia di diritto sostanziale che processuale. Dal punto di vista processuale, viene ribadito il principio di specificità dei motivi di ricorso: non è possibile utilizzare il giudizio di legittimità come un terzo grado di merito per ridiscutere la valutazione dei fatti. Il ricorso deve evidenziare vizi logici o violazioni di legge nella sentenza impugnata.
Dal punto di vista sostanziale, l’ordinanza chiarisce la natura dei criteri per la particolare tenuità del fatto. Mentre per concedere il beneficio il giudice deve valutare positivamente tutti gli indici (modalità della condotta, esiguità del danno, assenza di comportamento abituale), per negarlo è sufficiente che anche uno solo di questi indici abbia una connotazione negativa. La valutazione del danno, in particolare, non è astratta, ma va rapportata alla concreta situazione della persona offesa.
Conclusioni
L’ordinanza in esame offre tre importanti lezioni pratiche:
1. Specificità del Ricorso: Un ricorso in Cassazione deve essere formulato come una critica puntuale e argomentata alla decisione precedente, non come una semplice riproposizione delle stesse tesi difensive.
2. Limiti della Tenuità del Fatto: La causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non si applica quando il danno, seppur di importo non eccezionale, risulta significativo per la vittima, o quando la condotta non è occasionale.
3. Onere probatorio per le Attenuanti: Per ottenere le attenuanti generiche, non basta essere incensurati; la difesa ha l’onere di allegare e dimostrare circostanze positive che depongano a favore di un trattamento sanzionatorio più mite.
Quando un ricorso che chiede l’applicazione della particolare tenuità del fatto è considerato inammissibile?
Un ricorso è considerato inammissibile quando si limita a essere una ‘pedissequa reiterazione’ di motivi già dedotti e respinti in appello, senza formulare una critica argomentata e specifica contro la sentenza impugnata.
Per negare la particolare tenuità del fatto è necessario che tutti i criteri dell’art. 131-bis cod. pen. siano negativi?
No. I criteri indicati dalla norma sono cumulativi per il riconoscimento della causa di non punibilità, ma alternativi per il diniego. Ciò significa che la valutazione negativa anche di uno solo di essi (come la rilevanza del danno o le modalità della condotta) è sufficiente a precluderne l’applicazione.
L’assenza di precedenti penali è sufficiente per ottenere le circostanze attenuanti generiche?
No. Secondo un principio consolidato, specialmente dopo la modifica dell’art. 62-bis c.p. nel 2008, lo stato di incensuratezza dell’imputato non è più di per sé sufficiente per la concessione delle attenuanti generiche, essendo necessaria la presenza di elementi di segno positivo.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18962 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18962 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SCORRANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/04/2023 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME, ritenuto che il primo motivo di ricorso, che contesta la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ex art.131bis, è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e compiutamente disattesi dalla corte di merito (in particolare, si vedano le pagg. 1 e 2 della impugnata sentenza), dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che i giudici del gravame, tenendo conto da un lato della entità degli importi dei prelievi indebitamente effettuati dall’imputato con le due carte di credito, in due diverse occasioni, e dall’altro lato della rilevanza del danno causato alla vittima in considerazione delle condizioni economiche di questa, hanno fatto buon governo dei consolidati principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità sul punto secondo cui il giudizio di particolare tenuità del fatto postula necessariamente la positiva valutazione di tutte le componenti richieste per la integrazione della fattispecie, cosicché i criteri indicati nel primo comma dell’art. 131-bis cod. pen. sono cumulativi quanto al giudizio finale circa la particolare tenuità dell’offesa, a fini del riconoscimento della causa di non punibilità, mentre sono alternativi quanto al diniego, nel senso che l’applicazione di detta causa è preclusa dalla valutazione negativa anche di uno solo di essi (Sez. 1 n. 14764 del 16/03/2022; Sez. 6 n. 55107 del 08/11/2018, COGNOME, Rv. 274647; Sez. 3 n. 34151 del 18/06/2018, Foglietta, Rv. 273678; da ultimo v. Sez. 7, n. 10481 del 19/01/2022, Deplano, Rv. 283044);
osservato che il secondo motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità, è generico per indeterminatezza perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta, non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato;
considerato che, infine, il terzo motivo di ricorso, che contesta la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato, dal momento che, come emerge dalle pagg. 2 e 3 della sentenza impugnata, i giudici di appello hanno fornito una motivazione esente da evidenti illogicità, sottolineando come non sussistono né tanto meno sono stati evidenziati dalla difesa elementi tali che giustifichino il riconoscimento delle circostanze in parola;
che, dunque, la Corte territoriale ha correttamente applicato il consolidato principio, secondo cui il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente giustificato con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la modifica dell’art. 62-bis, disposta con il d.I. 23 maggio 2008, n. 92, convertito dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente non è più sufficiente lo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, COGNOME, Rv. 281590; Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, Papini, Rv. 260610);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 19 marzo 2024
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