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Particolare tenuità del fatto: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso basato sulla richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Corte ha stabilito che tale richiesta, se presentata per la prima volta solo nelle conclusioni scritte del giudizio d’appello e non nei motivi formali, è tardiva. Inoltre, ha chiarito che la presenza di numerosi precedenti penali e l’abitualità del comportamento illecito dell’imputato rappresentano un ostacolo all’applicazione di tale beneficio.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare Tenuità del Fatto: Limiti e Tempistiche nel Processo d’Appello

L’istituto della particolare tenuità del fatto, previsto dall’art. 131-bis del codice penale, rappresenta uno strumento fondamentale per escludere la punibilità in casi di reati di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione è subordinata a precise regole procedurali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti temporali per sollevare tale questione nel giudizio d’appello, sottolineando l’importanza di una corretta strategia difensiva fin dalle prime fasi del processo.

I Fatti del Caso: Una Richiesta Tardiva

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un imputato che, dopo la condanna in primo grado, aveva presentato appello. Durante il giudizio di secondo grado, la difesa aveva chiesto il riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, ma lo aveva fatto unicamente nelle conclusioni scritte finali, senza aver inserito questa specifica doglianza nei motivi formali di appello. La Corte d’Appello di Bologna aveva confermato la condanna e avverso tale decisione l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando proprio il mancato riconoscimento di tale beneficio.

La Questione della Particolare Tenuità del Fatto in Appello

Il quesito giuridico centrale era se la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto potesse essere sollevata in qualsiasi momento del giudizio d’appello, anche solo in sede di conclusioni, o se dovesse essere necessariamente inclusa nei motivi di impugnazione. Inoltre, si discuteva se il giudice potesse rilevarla d’ufficio, assimilandola alle cause di proscioglimento previste dall’art. 129 del codice di procedura penale.

La Distinzione con le Cause di Proscioglimento (Art. 129 c.p.p.)

La Cassazione ha colto l’occasione per marcare una netta differenza. Le cause di proscioglimento di cui all’art. 129 c.p.p. (es. il fatto non sussiste) possono essere rilevate d’ufficio in ogni stato e grado del processo. Al contrario, l’art. 131-bis presuppone che il reato sia stato commesso e sia offensivo; la non punibilità deriva solo dalla minima lesione al bene giuridico protetto. Questa differenza strutturale, secondo la Corte, impedisce di trattare la tenuità del fatto come una questione rilevabile d’ufficio allo stesso modo delle altre cause di proscioglimento.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile basandosi su due ordini di ragioni, una procedurale e una sostanziale.

Inammissibilità per Tardività della Richiesta

Il motivo principale della decisione è di natura processuale. La richiesta di applicazione dell’art. 131-bis deve essere formulata specificamente nei motivi di appello. Proporla per la prima volta in sede di conclusioni scritte è considerato tardivo e, pertanto, inammissibile. La Corte ha esplicitamente dissentito da un precedente orientamento giurisprudenziale che suggeriva una maggiore flessibilità, riaffermando un approccio più rigoroso che vincola la difesa a presentare tutte le sue istanze nell’atto di impugnazione.

Motivazione Implicita e Ostacoli Sostanziali

In secondo luogo, la Corte ha osservato che, anche se la richiesta fosse stata tempestiva, con ogni probabilità non sarebbe stata accolta. La Corte d’Appello, nel negare all’imputato il beneficio della sospensione condizionale della pena, aveva evidenziato i suoi ‘numerosi e specifici precedenti penali’ e ‘l’abitualità del comportamento illecito’. Questi elementi sono per legge ostativi al riconoscimento della particolare tenuità del fatto. Di conseguenza, la Corte territoriale aveva implicitamente già valutato e respinto i presupposti per l’applicazione del beneficio, rendendo la doglianza infondata anche nel merito.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: la strategia difensiva deve essere delineata in modo chiaro e completo fin dall’atto di impugnazione. L’istituto della particolare tenuità del fatto, pur essendo uno strumento di equità, non può essere invocato in modo estemporaneo e tardivo. La decisione rafforza la necessità per gli avvocati di articolare tutte le possibili censure nella fase iniziale dell’appello, pena l’inammissibilità delle stesse. Inoltre, conferma che un passato criminale caratterizzato da abitualità nel commettere reati costituisce un impedimento quasi insormontabile all’applicazione di questo beneficio.

È possibile chiedere l’applicazione della particolare tenuità del fatto per la prima volta nelle conclusioni scritte del processo d’appello?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la richiesta è inammissibile se non è stata formulata nei motivi di appello, risultando quindi tardiva se presentata solo in sede di conclusioni.

Il giudice d’appello può applicare d’ufficio la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
No, secondo questa ordinanza, la particolare tenuità del fatto non è assimilabile alle cause di proscioglimento dell’art. 129 c.p.p. e non può essere rilevata d’ufficio dal giudice, in quanto presuppone un fatto di reato completo e offensivo.

I precedenti penali dell’imputato possono impedire l’applicazione della particolare tenuità del fatto?
Sì, la Corte ha confermato che l’abitualità del comportamento illecito, desumibile da numerosi e specifici precedenti penali, è una condizione ostativa al riconoscimento del beneficio previsto dall’art. 131-bis del codice penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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