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Particolare tenuità del fatto: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per rifiuto di sottoporsi all’alcoltest. Il motivo si basava sulla mancata concessione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Corte ha stabilito che la valutazione dei presupposti di tale istituto, se correttamente motivata dal giudice di merito, non può essere riesaminata in sede di legittimità, in quanto si tradurrebbe in una nuova valutazione dei fatti.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare tenuità del fatto: la Cassazione ribadisce i limiti del ricorso

L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale, ma il suo ambito di applicazione è soggetto a precisi limiti, soprattutto in sede di legittimità. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito quando un ricorso basato sulla mancata applicazione di questa causa di non punibilità debba essere dichiarato inammissibile.

Il caso: il rifiuto di sottoporsi all’alcoltest e la condanna

Un automobilista veniva condannato in primo grado e in appello alla pena di sei mesi di arresto e 1.500,00 euro di ammenda per essersi rifiutato di sottoporsi agli accertamenti sullo stato di ebbrezza, reato previsto dall’art. 186, comma 7, del Codice della Strada.

La difesa dell’imputato, non rassegnandosi alla decisione della Corte d’Appello di Palermo, decideva di presentare ricorso per cassazione. L’unico motivo di doglianza era un presunto vizio di motivazione: secondo il ricorrente, i giudici di merito avrebbero erroneamente negato la possibilità di applicare la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, pur sussistendone i presupposti.

Il ricorso in Cassazione e la valutazione sulla particolare tenuità del fatto

Il ricorso si concentrava sulla richiesta di una nuova valutazione degli elementi che, secondo la difesa, avrebbero dovuto portare al proscioglimento. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha subito evidenziato la natura del motivo proposto, qualificandolo come non deducibile in quella sede.

La Corte ha ricordato che l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. è subordinata alla coesistenza di due condizioni fondamentali:

1. La particolare tenuità dell’offesa: valutata sulla base delle modalità della condotta e dell’esiguità del danno o del pericolo, secondo i criteri dell’art. 133 del codice penale.
2. La non abitualità del comportamento: il reato non deve essere espressione di una tendenza a delinquere.

Il compito di verificare la sussistenza di questi due ‘indici-requisiti’ spetta al giudice di merito, il quale deve fornire una motivazione adeguata sulla sua decisione.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La motivazione di questa decisione è netta: il ricorso, pur lamentando formalmente un ‘vizio di motivazione’, in realtà mirava a ottenere dalla Cassazione una nuova e diversa valutazione dei fatti già esaminati dalla Corte d’Appello. Questo tipo di richiesta è precluso in sede di legittimità, dove il controllo della Corte è limitato alla corretta applicazione della legge e alla logicità della motivazione, senza poter entrare nel merito delle prove.

I giudici hanno sottolineato che la sentenza impugnata aveva correttamente evidenziato tutti gli elementi necessari per escludere l’applicabilità dell’art. 131-bis. Di conseguenza, il tentativo di rimettere in discussione tale valutazione si è scontrato con i limiti strutturali del giudizio di cassazione. L’inammissibilità del ricorso ha comportato, come per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000,00 euro alla Cassa delle ammende.

Le conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione non è un ‘terzo grado’ di giudizio nel merito. Quando un giudice di appello fornisce una motivazione logica e coerente per negare l’applicazione di un istituto come la particolare tenuità del fatto, non è possibile presentare ricorso sperando che la Cassazione rivaluti le prove e giunga a una conclusione diversa. Il ricorso è ammissibile solo se si evidenzia un errore di diritto o un vizio logico manifesto nella motivazione, non una semplice divergenza di valutazione.

È possibile chiedere in Cassazione di rivalutare i presupposti per la ‘particolare tenuità del fatto’?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che se il giudice di merito ha già correttamente valutato gli indici della tenuità dell’offesa e della non abitualità del comportamento, il ricorso che mira a una nuova valutazione dei fatti è inammissibile.

Quali sono le due condizioni necessarie per applicare l’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto?
Le due condizioni, che devono coesistere, sono la particolare tenuità dell’offesa (valutata in base alle modalità della condotta e all’esiguità del danno o del pericolo) e la non abitualità del comportamento dell’imputato.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per il ricorrente?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000,00 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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