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Particolare tenuità del fatto: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per guida in stato di ebbrezza. I giudici hanno confermato la decisione della Corte d’Appello di non applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) e di non concedere le attenuanti generiche. La Suprema Corte ha ritenuto le motivazioni dei giudici di merito logiche e corrette, sottolineando che la valutazione dei requisiti per la particolare tenuità del fatto è una prerogativa del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare tenuità del fatto: la Cassazione ne definisce i limiti

L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta uno strumento fondamentale per il principio di proporzionalità nel diritto penale. Tuttavia, la sua applicazione è subordinata a precisi requisiti, la cui valutazione spetta al giudice di merito. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce i limiti del controllo di legittimità su tale valutazione, dichiarando inammissibile un ricorso che contestava proprio il mancato riconoscimento di questa causa di non punibilità.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dalla condanna di un automobilista per il reato di guida in stato di ebbrezza, aggravato ai sensi dell’articolo 186, commi 2 lett. c) e 2-bis, del Codice della Strada. La condanna, emessa in primo grado dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, era stata confermata dalla Corte di Appello di Napoli.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per Cassazione basandolo su due motivi principali:
1. La violazione di legge e il vizio di motivazione per la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).
2. La violazione di legge e il vizio di motivazione per l’omesso riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.).

In sostanza, la difesa sosteneva che il reato commesso fosse di lieve entità e che, pertanto, non dovesse essere punito, e che in ogni caso la pena avrebbe dovuto essere ridotta per la presenza di circostanze favorevoli.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte. I giudici hanno ritenuto che i motivi proposti non fossero deducibili in sede di legittimità, in quanto le valutazioni contestate rientravano pienamente nel potere discrezionale del giudice di merito e la motivazione fornita dalla Corte d’Appello era esente da vizi logici o giuridici.

Le motivazioni sulla particolare tenuità del fatto

La Cassazione ha chiarito in modo netto i presupposti per l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. La norma richiede la presenza congiunta di due condizioni: la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento.

Per valutare la tenuità dell’offesa, il giudice deve considerare due “indici-requisiti”:
* Le modalità della condotta.
* L’esiguità del danno o del pericolo cagionato.

Questi indici devono essere analizzati alla luce dei criteri direttivi generali dell’art. 133 del codice penale (gravità del reato). Solo se, da questa analisi complessiva, emerge la particolare tenuità dell’offesa e, al contempo, il comportamento non risulta abituale, allora il fatto può essere considerato non punibile.

Nel caso specifico, la Corte ha stabilito che i giudici d’appello avevano correttamente evidenziato gli elementi ostativi all’applicazione del beneficio, fornendo una motivazione adeguata e immune da censure. Pertanto, la rivalutazione di tali elementi non era possibile in sede di Cassazione.

Le motivazioni sul diniego delle attenuanti generiche

Analogamente, anche il secondo motivo di ricorso, relativo al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, è stato giudicato inammissibile. La Corte di Cassazione ha osservato che la motivazione della Corte d’Appello rappresentava in modo adeguato le ragioni del diniego. La decisione era stata giustificata in punto di diritto, risultando logica e coerente con le emergenze processuali. Anche in questo caso, la valutazione del giudice di merito, se correttamente motivata, è insindacabile in sede di legittimità.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un importante spunto di riflessione sui limiti del ricorso per Cassazione. La Suprema Corte non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un organo di legittimità che verifica la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione delle sentenze impugnate. La valutazione di elementi di fatto, come quelli necessari per il riconoscimento della particolare tenuità del fatto o delle attenuanti generiche, è una prerogativa esclusiva dei giudici di primo e secondo grado. Un ricorso basato sulla mera contestazione di tale valutazione, senza evidenziare un vizio di motivazione reale e manifesto, è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quali sono le due condizioni necessarie per applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Per applicare l’art. 131-bis del codice penale, devono sussistere congiuntamente due condizioni: la particolare tenuità dell’offesa, valutata secondo le modalità della condotta e l’esiguità del danno, e la non abitualità del comportamento dell’autore del reato.

Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso relativo alle attenuanti generiche?
La Corte ha ritenuto inammissibile il motivo perché la motivazione della Corte d’Appello, che negava le attenuanti, era ben rappresentata, giustificata in punto di diritto, priva di vizi logici e coerente con le risultanze processuali. Tale valutazione, se correttamente motivata, non è sindacabile in sede di legittimità.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la condanna diventa definitiva. Inoltre, per legge, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con la condanna al pagamento di 3.000,00 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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