Particolare Tenuità del Fatto: Inammissibile il Ricorso se le Censure sono Ripetitive
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di evasione, offrendo importanti chiarimenti sui limiti del ricorso e sull’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La decisione sottolinea come la riproposizione di argomenti già vagliati e respinti nei precedenti gradi di giudizio conduca inevitabilmente a una dichiarazione di inammissibilità, specialmente quando la gravità della condotta è stata correttamente valutata.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello di Milano per il reato di evasione, previsto dall’articolo 385 del codice penale. La difesa del ricorrente aveva basato la propria linea argomentativa sulla richiesta di applicazione dell’articolo 131-bis del codice penale, ovvero la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto. Secondo la tesi difensiva, il comportamento dell’imputato, pur costituendo reato, sarebbe stato talmente lieve da non meritare una sanzione penale.
La Decisione della Cassazione e la particolare tenuità del fatto
La Suprema Corte ha esaminato i motivi del ricorso e li ha giudicati inammissibili. I giudici hanno osservato che le doglianze presentate non introducevano nuovi elementi o profili di diritto, ma si limitavano a riproporre le stesse censure già adeguatamente esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. Questo vizio procedurale, noto come ‘aspecificità’ o ‘genericità’ del ricorso, è uno dei motivi classici che impediscono alla Cassazione di entrare nel merito della questione.
Le Motivazioni
Il cuore della motivazione risiede nel richiamo alla decisione della Corte territoriale. Quest’ultima aveva negato l’applicazione dell’istituto della particolare tenuità del fatto non in modo arbitrario, ma sulla base di un’attenta valutazione della condotta dell’imputato, evidenziandone la gravità. La Cassazione, nel confermare questo approccio, ribadisce un principio fondamentale: la valutazione sulla tenuità del fatto non è automatica, ma richiede un’analisi concreta delle circostanze del reato. Se i giudici di merito hanno fornito una motivazione logica e coerente per escludere tale beneficio, basata su elementi concreti come la gravità della condotta, il ricorso che si limita a contestare tale valutazione senza prospettare vizi di legittimità è destinato all’inammissibilità.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame ha due importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, conferma che il ricorso per Cassazione non può essere una semplice riedizione dei precedenti gradi di giudizio; è necessario sollevare questioni di legittimità specifiche e non limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni di merito. In secondo luogo, rafforza l’idea che l’applicazione dell’articolo 131-bis c.p. è subordinata a una valutazione discrezionale del giudice di merito, che deve tenere conto di tutti gli indici previsti dalla norma, inclusa la gravità complessiva del comportamento. Una condotta ritenuta ‘grave’ preclude in radice il riconoscimento della particolare tenuità del fatto. La decisione si conclude con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende, conseguenza diretta della dichiarata inammissibilità del suo ricorso.
Quando un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile se le argomentazioni sono una mera riproduzione di censure già adeguatamente esaminate e respinte dalla corte del grado precedente, senza sollevare nuove questioni di legittimità.
Perché nel caso di specie non è stata applicata la non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Non è stata applicata perché la Corte d’Appello aveva già valutato la condotta dell’imputato, evidenziandone la gravità, un elemento che osta all’applicazione di tale istituto. La Cassazione ha ritenuto corretta questa valutazione.
Quali sono le conseguenze economiche di una dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico ammontava a tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32289 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32289 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 26/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a CODOGNO il 25/10/2002
avverso la sentenza del 31/10/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata (condanna per il reato di cui all’art. 385 pen.)
esaminati i motivi di ricorso.
OSSERVA
Rilevato che le doglianze, relativa alla mancata applicazione della causa di non punibilità dei cui all’art. 131-bis cod. pen. sono riproduttive di censure adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici dalla Corte di appello, che ha evidenziato la gravità della condotta dell’imputato (vedi pag. 6).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26/05/2025.