Particolare Tenuità del Fatto: Inammissibile il Ricorso che Ripete i Motivi d’Appello
L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale e di proporzionalità della sanzione. Tuttavia, il suo riconoscimento non è automatico e soggiace a una valutazione discrezionale del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti di ammissibilità del ricorso che ne lamenta il mancato riconoscimento, soprattutto quando le argomentazioni difensive sono meramente ripetitive di quelle già esaminate.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dalla condanna di un individuo, confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello, alla pena di quattro mesi di arresto e 800 euro di ammenda per un reato previsto dalla legge sulle armi (art. 4, comma 2, L. n. 110 del 1975). La difesa ha presentato ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: il vizio di motivazione della sentenza d’appello per non aver riconosciuto la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della richiesta, ma si ferma a un vaglio preliminare sulla sua stessa ammissibilità. La Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: Perché il ricorso sulla particolare tenuità del fatto è stato respinto?
La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su un principio consolidato in giurisprudenza: la non ammissibilità dei ricorsi che si limitano a riproporre le stesse questioni già sollevate e rigettate nei precedenti gradi di giudizio, senza confrontarsi criticamente con la motivazione della sentenza impugnata.
Nel dettaglio, i giudici di legittimità hanno evidenziato che:
1. Carattere Reiterativo del Motivo: Il ricorso era ‘meramente reiterativo’ di uno dei motivi d’appello. La difesa non ha introdotto nuovi profili di illegittimità, ma ha semplicemente ripetuto le argomentazioni già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello.
2. Mancato Confronto con la Motivazione: Il ricorrente non ha contestato specificamente la logicità delle argomentazioni della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva congruamente motivato il diniego del beneficio, richiamando la ‘comprovata consuetudine’ dell’imputato con reati contro il patrimonio e a scopo di lucro. Tale profilo soggettivo, ostativo al riconoscimento della tenuità del fatto, era stato ritenuto decisivo.
3. Corretta Applicazione dei Principi Giuridici: La Corte d’Appello ha correttamente applicato i principi che regolano la valutazione della particolare tenuità del fatto. Il giudizio sulla tenuità dell’offesa deve essere effettuato secondo i criteri dell’art. 133, comma primo, del codice penale, e non è necessario che il giudice analizzi ogni singolo elemento, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti più rilevanti per la decisione.
In sostanza, il ricorso è stato respinto non perché la richiesta di applicazione dell’art. 131-bis fosse infondata in astratto, ma perché le modalità con cui è stata presentata in Cassazione non rispettavano i requisiti tecnici richiesti dalla legge.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza ribadisce un’importante lezione per la pratica legale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un controllo sulla legittimità e sulla logicità delle decisioni precedenti. Per avere successo, un ricorso non può limitarsi a esprimere dissenso rispetto alla sentenza impugnata, ma deve individuare e argomentare vizi specifici della motivazione. Riproporre passivamente le stesse doglianze già respinte non solo è inefficace, ma conduce a una declaratoria di inammissibilità, con la conseguente condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria, aggravando la posizione del ricorrente.
È possibile ottenere l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto se si hanno precedenti penali?
Non necessariamente. In questo caso, la Corte ha confermato la decisione di negare il beneficio a causa della ‘comprovata consuetudine’ dell’imputato con reati offensivi del patrimonio e commessi a fini di lucro, ritenendola una condizione ostativa al riconoscimento della tenuità del fatto.
Per quale motivo principale la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché è stato ritenuto ‘meramente reiterativo’, ovvero si limitava a riproporre le stesse censure già presentate e respinte in appello, senza confrontarsi specificamente e criticamente con le argomentazioni contenute nella motivazione della sentenza impugnata.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
La declaratoria di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo specifico caso, tremila euro) da versare in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18709 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18709 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a PALERMO il 24/03/1982
avverso la sentenza del 12/06/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto dal difensore di COGNOME NOME avverso la sentenza in epigrafe, con cui in data 12.6.2024 la Corte d’Appello di Palermo ha confermato la sentenza del Tribunale di Palermo del 12.4.2023 di condanna del ricorrente alla pena di quattro mesi di arresto e 800 euro di ammenda per il reato di cui all’art. 4, comma 2, L. n. 110 del 1975;
Evidenziato che con l’unico motivo di ricorso si deduce il vizio di motivazione con riferimento al diniego del riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. en.;
Rilevato che si tratti di motivo meramente reiterativo di uno dei motivi di appello, che non si confronta specificamente con la non illogica motivazione dei giudici di secondo grado, i quali hanno congruamente richiamato le forme di estrinsecazione del comportamento incriminato, rapportate alla comprovata consuetudine del condannato con i reati offensivi del patrimonio e comunque commessi a fini di lucro (ai quali, peraltro, aveva fatto riferimento anche il giudice di primo grado per disattendere la analoga richiesta difensiva di applicazione della causa di esclusione della punibilità in questione);
Considerato, pertanto, che la sentenza di appello abbia fatto corretta applicazione del principio secondo cui, ai fini dell’applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità dell’offesa dev’essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all’art. 133, comma primo, cod. pen. e non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 6, n. 55107 dell’8/11/2018, Rv. 274647 – 01; Sez. 7, n. 10481 del 10/1/2022, Rv. 283044 – 01);
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto si limita a riproporre le censure già dedotte come motivi di appello, senza avversare specificamente le argomentazioni in virtù delle quali tali motivi non sono stati accolti (Sez. 2, n. 19411 del 12/3/2019, Rv. 276062 – 01);
Aggiunto che alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 30.1.2025