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Particolare tenuità del fatto: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per reati legati agli stupefacenti. L’imputato lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Corte ha stabilito che, per contestare tale omissione in sede di legittimità, non è sufficiente una generica doglianza, ma è necessario indicare le specifiche circostanze di fatto che avrebbero dovuto condurre a tale valutazione, cosa che nel caso di specie non è avvenuta.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare tenuità del fatto: la specificità del ricorso è decisiva

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, torna a pronunciarsi sui requisiti di ammissibilità del ricorso per cassazione che lamenta la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinata dall’art. 131-bis del codice penale. Questa pronuncia offre importanti chiarimenti sulla necessità di non limitarsi a una doglianza generica, ma di supportare il ricorso con elementi fattuali concreti. Analizziamo nel dettaglio la vicenda processuale e i principi affermati dai giudici di legittimità.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da un ricorso presentato da un soggetto condannato in Corte d’Appello per un reato previsto dalla normativa sugli stupefacenti (art. 73, comma 4, d.P.R. 309/1990). L’imputato si rivolgeva alla Suprema Corte lamentando, essenzialmente, due vizi della sentenza di secondo grado: il mancato riconoscimento della fattispecie di ‘lieve entità’ e, soprattutto, la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

I motivi del ricorso e la rilevabilità d’ufficio

Il ricorrente basava la sua difesa su due argomentazioni principali:

1. Errata qualificazione giuridica: Sosteneva che i giudici di merito avrebbero dovuto qualificare il reato come di ‘lieve entità’, data la natura e le circostanze del fatto.
2. Mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p.: Lamentava che la Corte d’Appello non avesse dichiarato la non punibilità per la particolare tenuità del fatto, nonostante, a suo dire, ne ricorressero i presupposti.

La Corte di Cassazione ha subito dichiarato inammissibile il primo motivo, giudicandolo aspecifico e non in grado di confrontarsi efficacemente con la motivazione, ritenuta logica, della sentenza impugnata. Più complessa e interessante è l’analisi sul secondo motivo.

La particolare tenuità del fatto e l’onere di allegazione

La Suprema Corte chiarisce un punto fondamentale: la causa di non punibilità ex art. 131-bis c.p. può essere rilevata ex officio dal giudice d’appello, anche se non specificamente richiesta dalla difesa. Questo perché, al pari delle altre cause di proscioglimento, rientra nell’obbligo di immediata declaratoria previsto dall’art. 129 c.p.p.

Tuttavia, quando si intende contestare in Cassazione la mancata applicazione di tale istituto, il gioco cambia. Non è sufficiente una semplice lamentela. Il ricorrente ha l’onere di indicare specificamente ‘i presupposti legittimanti la pretesa applicazione’ e le circostanze concrete da cui ‘possa evincersi la decisiva rilevanza della dedotta lacuna motivazionale’.

Le Motivazioni della Decisione

Nel caso specifico, la Cassazione ha ritenuto il motivo manifestamente infondato proprio perché il ricorrente non aveva ‘allegato alcuna circostanza di fatto astrattamente idonea a giustificare l’applicazione della causa di non punibilità’. In altre parole, il ricorso era generico: si limitava a denunciare l’omissione del giudice d’appello senza fornire gli elementi fattuali (es. quantità minima della sostanza, modalità dell’azione, assenza di precedenti specifici, ecc.) che avrebbero dovuto spingere il giudice a valutare la particolare tenuità del fatto.

La Corte, richiamando precedenti conformi, sottolinea che il difetto di motivazione su questo punto è deducibile in Cassazione solo a condizione che il ricorso specifichi gli elementi di fatto che rendono l’omissione del giudice di merito decisiva e rilevante. Senza questa specificazione, il motivo si riduce a una critica astratta e, come tale, inammissibile.

Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio processuale di cruciale importanza per la difesa tecnica. Se da un lato il giudice d’appello ha il dovere di valutare d’ufficio la sussistenza della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, dall’altro lato, la parte che intende dolersi in Cassazione della sua mancata applicazione deve farsi carico di un onere di allegazione specifico. È indispensabile indicare nel ricorso tutti gli elementi fattuali che, se fossero stati considerati dal giudice di merito, avrebbero condotto a un esito diverso. Una doglianza generica è destinata all’inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Un giudice può applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto anche se la difesa non la richiede?
Sì, il giudice d’appello può e deve rilevarla d’ufficio, in quanto rientra tra le cause di proscioglimento che devono essere dichiarate immediatamente in ogni stato e grado del processo, come previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale.

Perché il ricorso sulla particolare tenuità del fatto è stato respinto in questo caso?
È stato respinto perché il ricorrente non ha indicato alcuna circostanza di fatto specifica e concreta che potesse giustificare l’applicazione della causa di non punibilità. Il motivo di ricorso è stato ritenuto troppo generico e astratto.

Cosa deve fare un imputato per contestare in Cassazione la mancata applicazione della particolare tenuità del fatto?
L’imputato, nel suo ricorso per cassazione, deve indicare in modo specifico i presupposti e le circostanze fattuali che, a suo avviso, legittimano l’applicazione della norma. Deve dimostrare che la mancata valutazione di questi elementi da parte del giudice di merito costituisce una lacuna motivazionale decisiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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