Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 37618 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 37618 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 01/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/11/2024 della Corte d’appello di Venezia Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Venezia, con sentenza dell’ 11 novembre 2024, ha confermato la sentenza del Tribunale di Padova di condanna di NOME in ordine al reato di cui all’art. 624 cod. pen y commesso in Abano Terme il 15 novembre 2018 alla pena di mesi 4 di reclusione e euro 120 di multa.
Secondo le conformi sentenze di merito NOME, all’interno del negozio RAGIONE_SOCIALE di Abano Terme / gestito da NOME COGNOME, si era impossessata del portafoglio della stessa COGNOME lasciato vicino alla cassa e contenente documenti di identità personale, tessere bancomat, carta di credito e la somma in contanti di euro 65.
Pochi giorni dopo i fatti, il portafoglio con gli effetti personali della vittima, senza il denaro, era stato trovato da un passante e le era stato restituito.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputata, a mezzo del proprio difensore, formulando tre motivi.
2.1. Con il primo motivo, ha dedotto il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis. cod. pen. Il difensore osserva che i presupposti su cui la Corte di Appello aveva fondato il rigetto della richiesta, ovvero l’abitualità della condotta e l’entità del dann cagionato alla persona offesa, erano errati. In particolare rileva che la ricorrente era gravata da un unico precedente / risalente al 2005 per un fatto commesso il 14 novembre 2001 7 e che, dunque, la condotta di reato non aveva il carattere della abitualità, tanto più che a distanza di 12 anni rispetto ai fatti NOME avrebbe potuto chiedere la riabilitazione ex art. 178 cod. proc. pen. / con la conseguente cancellazione del precedente penale dal certificato del casellario; la circostanza per cui dopo i fatti NOME fosse stata sorpresa a commettere un furto, menzionata nella comunicazione dei Carabinieri, era priva di rilievo, posto che rispetto a tale episodio non era stato operato alcun accertamento, né era intervenuta sentenza di condanna. In ogni caso, secondo il difensore, l’applicazione dell’istituto in esame sarebbe preclusa quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede ha commesso almeno due illeciti, oltre a quello oggetto del procedimento in corso. Il presunto disagio patito dalla vittima non troverebbe alcun riscontro nella documentazione in atti, tanto più che il portafoglio e i documenti le erano stati restituiti ed ella non si era costitutta part civile.
2.2. Con il secondo motivo, ha dedotto il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche. GLYPH Il difensore
lamenta che la Corte non avrebbe tenuto conto della scarsa capacità a delinquere della ricorrente, della modesta gravità del danno e del corretto comportamento processuale, consistito nell’aver consentito alla polizia giudiziaria di svolgere le indagini.
2.3. Con il terzo motivo, ha dedotto il vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena. L’imputata aveva già usufruito del beneficio in esame in occasione della condanna del 2006, ma successivamente si era astenuta dalla commissione di ulteriori reati e la pena irrogata per il reato in esame, sommata a quella precedente, rimaneva al di sotto dei limiti di legge.
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, nella persona del sostituto NOME COGNOME, ha presentato conclusioni scritte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso non supera il vaglio di ammissibilità.
Il primo motivo, incentrato sul mancato riconoscimento della causa di non punibilità ex art. 131 bis cod. pen. è manifestamente infondato.
In merito al riconoscimento (o al diniego) della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen. il giudice deve motivare sulle forme di estrinsecazione del comportamento incriminato, al fine di valutarne la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e, conseguentemente, il bisogno di pena, essendo insufficiente il richiamo a mere clausole di stile (Sez. 6, n. 18180 del 20/12/2018, dep. 2019, Rv. 275940). Il giudizio sulla tenuità dell’offesa deve essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all’art. 133, comma 1, cod. pen. (a seguito della entrata in vigore del D.Igs 10 ottobre 2022 n.150, a decorrere dal 30 dicembre 2022 ex art. 6 dl. 31 ottobre 2022 n. 162, anche della condotta susseguente al reato), ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 6 n. 55107 del 8/11/2018, Rv. 274647; sez. 3 n. 34151 del 18/6/2018, Rv. 273678). Peraltro la richiesta di applicazione della causa di non punibilità deve ritenersi implicitamente disattesa dal giudice qualora la struttura argomentativa della sentenza richiami, anche rispetto a profili diversi, elementi che escludono una valutazione del fatto in termini di particolare tenuità (Sez, 3, n. 43604 del 08/09/2021, Rv. 282097-01), sicché la motivazione può risultare anche implicitamente dall’argomentazione con la quale il giudice d’appello abbia considerato gli indici di gravità oggettiva del reato e il grado di colpevolezza dell’imputato, alla stregua dell’art. 133 cod. pen.,
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per stabilire la congruità del trattamento sanzionatorio irrogato dal giudice di primo grado (ex plurimis, Sez. 5, n. 15658 del 14/12/2018, dep. 2019, Rv. 275635; Sez. 4 n. 27595 del 11/05/2022, Rv. 283420).
Trattandosi, quindi, di una valutazione da compiersi sulla base dei criteri di cui all’art. 133, cod. pen., essa rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito e, di conseguenza, non può essere sindacata dalla Corte di legittimità, se non nei limiti della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione postavi a sostegno.
La Corte di Appello, nel caso di specie, nel negare l’applicazione dell’art. 131 bis cod. pen., in coerenza con tali principi, ha sottolineato la realizzazione di altri due illeciti della stessa indole, uno accertato con condanna passata in giudicato e un altro accertato incidentalmente dal giudice procedente, nel rispetto dei principi dettati dalle Sezioni Unite Tushaj, per cui l’abitualità risulta integrat dalla commissione di due illeciti, non necessariamente accertati con sentenza passata in giudicato e anche successivi rispetto a quello per cui si procede; ma soprattutto ha valorizzato, con rilievo dirimente, la gravità del danno cagionato alla vittima. Sotto tale ultimo profilo, l’apprezzamento in ordine alla non tenuità dell’offesa appare esente dai profili di illogicità segnalati dal ricorrente, giacché i riferimento al disagio patito dalla persona offesa per effetto della sottrazione dei documenti e RAGIONE_SOCIALE tessere bancarie è pertinente, a nulla rilevando che detti documenti siano stati poi ritrovati a distanza di giorni.
3.11 secondo motivo, attinente alla mancata concessione RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche, è inammissibile o, comunque, manifestamente infondato.
In tema di circostanze attenuanti generiche, il giudice esprime un -ti E giudizio di ifaItt, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché non sia contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione. Nel motivare il diniego della concessione RAGIONE_SOCIALE attenuanti generiche, infatti, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 7, Ord. n. 39396 del 27/05/2016, Rv. 268475; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, Rv. 265826; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Rv. 259899; Sez. 2, n. 2285 dell’11/10/2004, dep. 2005, Rv. 230691). Peraltro il mancato riconoscimento RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo (Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, Rv. 270986). 4′
In coerenza con tali principi la Corte ha richiamato la valutazione del giudice di primo grado, secondo cui non erano emersi elementi positivi da valorizzare ai fini della mitigazione del trattamento sanzionatorio. A tale giudizio, la ricorrente ha contrapposto una censura generica, limitandosi a richiamare il corretto comportamento processuale, senza specificare in che cosa detto comportamento si sarebbe sostanziato, nonché ad asserire, avversativamente rispetto alla valutazione della Corte, che il danno cagionato alla vittima era stato modesto.
Il terzo motivo, attinente alla mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, è inammissibile o, comunque, manifestamente infondato. La Corte di Appello ha condiviso la valutazione del primo giudice in ordine alla non concedibilità del beneficio in esame in ragione della precedente condanna a pena già sospesa che non consentiva di formulare una prognosi di futura astensione da ulteriori comportamenti delittuosi. A tale valutazione, fondata su argomenti non manifestamente illogici e, dunque, non sindacabile, la ricorrente contrappone una censura generica e avversativa.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che la ricorrente non versasse in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a suo carico, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere di versare la somma di C 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE, somma così determinata in considerazione RAGIONE_SOCIALE ragioni di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende v GLYPH