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Particolare tenuità del fatto: quando è esclusa?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per furto. La richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è stata respinta a causa di un precedente penale e della gravità del danno, inteso non solo come perdita economica ma anche come disagio per la sottrazione di documenti personali. La Corte ha sottolineato che l’abitualità della condotta e l’entità del danno complessivo sono elementi decisivi per escludere il beneficio.

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Pubblicato il 27 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare tenuità del fatto: la Cassazione ne chiarisce i limiti

L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’art. 131 bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale, ma la sua applicazione non è automatica. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito i criteri per escludere tale beneficio, focalizzandosi sui concetti di abitualità della condotta e gravità complessiva del danno, anche non patrimoniale. Analizziamo insieme la decisione per comprendere meglio i confini di questa causa di non punibilità.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una condanna per furto emessa dal Tribunale e confermata dalla Corte d’Appello. Un’imputata si era impossessata del portafoglio di una negoziante, lasciato incustodito vicino alla cassa. Il portafoglio conteneva documenti personali, carte di credito, bancomat e una somma di 65 euro in contanti. Pochi giorni dopo, il portafoglio con i documenti veniva ritrovato e restituito alla vittima, ma senza il denaro. La difesa dell’imputata ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando il mancato riconoscimento di diversi benefici.

I motivi del ricorso: il focus sulla particolare tenuità del fatto

Il ricorso si articolava su tre motivi principali:

1. Mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.): La difesa sosteneva che i presupposti per negare il beneficio fossero errati. In particolare, si contestava il concetto di ‘abitualità’ della condotta, basato su un unico precedente penale molto risalente nel tempo. Si evidenziava inoltre la modestia del danno, dato che gran parte della refurtiva era stata restituita e la vittima non si era costituita parte civile.

2. Mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche: Si lamentava che i giudici non avessero considerato la scarsa capacità a delinquere dell’imputata, la modesta gravità del danno e il suo comportamento processuale collaborativo.

3. Mancata concessione della sospensione condizionale della pena: Nonostante un precedente beneficio già goduto, la difesa riteneva che la nuova pena, sommata alla precedente, rientrasse nei limiti di legge e che l’astensione da reati per un lungo periodo dovesse essere valutata positivamente.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo infondati tutti i motivi proposti e fornendo importanti chiarimenti sull’applicazione dei principi contestati.

L’esclusione della particolare tenuità del fatto

La Corte ha rigettato il primo motivo, confermando la valutazione dei giudici di merito. I Supremi Giudici hanno precisato che per escludere la particolare tenuità del fatto, non è sufficiente un richiamo a clausole di stile, ma è necessaria una motivazione concreta. Nel caso di specie, la motivazione era solida e basata su due elementi cruciali:

* L’abitualità della condotta: Richiamando i principi delle Sezioni Unite, la Corte ha specificato che l’abitualità può essere desunta dalla commissione di due illeciti della stessa indole. Nel caso in esame, oltre a un precedente con condanna definitiva, era emerso un altro episodio simile, accertato incidentalmente dal giudice. Questo quadro complessivo integrava il requisito dell’abitualità, ostativo all’applicazione dell’art. 131 bis c.p.

* La gravità del danno: La Corte ha dato rilievo dirimente non solo alla perdita economica (i 65 euro), ma soprattutto al disagio e al pregiudizio patito dalla vittima per la sottrazione dei documenti personali e delle carte di pagamento. Questo ‘danno non patrimoniale’ è stato considerato un indice significativo della gravità dell’offesa, che va oltre il mero valore della refurtiva. Il fatto che i documenti siano stati ritrovati a distanza di giorni non attenua la gravità del disagio iniziale.

Il diniego delle attenuanti generiche e della sospensione condizionale

Anche gli altri due motivi sono stati respinti. Riguardo alle attenuanti generiche, la Cassazione ha ribadito che il giudice di merito non è tenuto a esaminare ogni singolo elemento favorevole, ma è sufficiente che motivi la sua decisione sulla base degli elementi ritenuti preponderanti. Nel caso specifico, la censura della ricorrente è stata giudicata generica e contrappositiva rispetto alla valutazione, immune da vizi logici, operata dalla Corte d’Appello.

Infine, sulla sospensione condizionale, la Corte ha confermato la prognosi negativa sulla futura condotta dell’imputata, formulata dai giudici di merito. La presenza di una precedente condanna, già con pena sospesa, rendeva la valutazione del primo giudice logica e non sindacabile in sede di legittimità.

Le Conclusioni

La sentenza in esame offre una lezione chiara: la valutazione sulla particolare tenuità del fatto non si limita a un calcolo matematico del danno economico. Il giudice deve considerare un quadro più ampio, che include la personalità dell’imputato, desunta anche da precedenti penali e comportamenti successivi, e l’impatto complessivo del reato sulla persona offesa. Il disagio derivante dalla perdita di documenti e carte di credito costituisce un danno rilevante che può, unitamente ad altri indici, precludere l’accesso a questo beneficio, confermando l’approccio rigoroso della giurisprudenza nel bilanciare le esigenze di deflazione processuale con la tutela delle vittime di reato.

Quando è esclusa la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La sua applicazione è esclusa quando la condotta è ‘abituale’, ovvero quando l’autore ha commesso più illeciti della stessa indole (anche non accertati con sentenza definitiva), e quando l’offesa non è tenue, considerando non solo il danno economico ma anche il pregiudizio e il disagio complessivo arrecato alla vittima.

Un singolo precedente penale impedisce sempre l’applicazione dell’art. 131 bis c.p.?
Non necessariamente. La legge parla di ‘abitualità’, che di regola richiede più di un illecito. Tuttavia, come nel caso di specie, un precedente con condanna definitiva, unito a un altro illecito della stessa indole accertato anche solo incidentalmente nel processo, può essere sufficiente a integrare il requisito dell’abitualità e quindi a escludere il beneficio.

Perché è stato negato il beneficio della sospensione condizionale della pena?
È stato negato perché l’imputata aveva già beneficiato in passato della sospensione condizionale per una precedente condanna. Questa circostanza ha indotto i giudici a formulare una prognosi negativa sulla sua futura astensione dal commettere ulteriori reati, ritenendo quindi non concedibile un secondo beneficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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