Particolare tenuità del fatto: la Cassazione chiarisce quando è esclusa per condotta abituale
L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una valutazione attenta da parte del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini di questo beneficio, sottolineando come la presenza di precedenti penali possa qualificare la condotta come “abituale” e, di conseguenza, escluderne l’operatività.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Torino. I giudici di secondo grado avevano negato il riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. L’imputato, ritenendo errata tale valutazione, ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando il mancato accoglimento della sua richiesta.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Secondo gli Ermellini, il motivo di ricorso era manifestamente infondato, in quanto la motivazione della Corte d’Appello risultava esente da vizi logici e pienamente conforme alla lettera dell’art. 131-bis cod. pen. La Corte Suprema ha quindi confermato la decisione dei giudici di merito, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: la particolare tenuità del fatto e la condotta abituale
Il fulcro della decisione risiede nell’analisi dei presupposti per l’applicazione della particolare tenuità del fatto. La Cassazione ha validato il ragionamento della Corte territoriale, la quale aveva escluso il beneficio sulla base di due elementi cruciali:
1. La non tenuità del danno: Il primo elemento ostativo era legato alla valutazione dell’offesa concreta del reato, ritenuta non sufficientemente lieve.
2. La presenza di precedenti specifici: Il secondo e decisivo elemento era la presenza di precedenti penali a carico dell’imputato, anche di natura specifica. Questi precedenti sono stati considerati idonei a qualificare la condotta come “abituale”.
La Corte ha specificato che, per integrare il requisito della condotta abituale ostativo al beneficio, non è necessaria una formale dichiarazione di “delinquente abituale”. È sufficiente che emergano elementi, come i precedenti penali, che delineino una tendenza a commettere illeciti, rendendo il comportamento contestato non un episodio isolato, ma parte di un modus vivendi contrario alla legge.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa pronuncia rafforza un orientamento giurisprudenziale consolidato. L’applicazione della particolare tenuità del fatto richiede un’analisi complessiva che non si limiti alla sola gravità del singolo episodio criminoso, ma si estenda alla personalità e alla storia del reo. La presenza di precedenti penali, soprattutto se specifici, assume un peso determinante, potendo essere interpretata come un indicatore di “abitualità” della condotta. Di conseguenza, anche per reati di per sé modesti, un soggetto con un passato criminale difficilmente potrà accedere a questa causa di non punibilità. La decisione serve da monito: il beneficio è riservato a chi commette un illecito veramente occasionale e di minima offensività, non a chi dimostra una persistente inclinazione a violare la legge.
La presenza di precedenti penali impedisce sempre l’applicazione della particolare tenuità del fatto?
Secondo questa ordinanza, la presenza di precedenti, soprattutto se specifici, è un elemento decisivo che può qualificare la condotta come “abituale” e quindi impedire l’applicazione della particolare tenuità del fatto, anche in assenza di una formale dichiarazione di delinquente abituale.
Cosa significa che un ricorso è “manifestamente infondato”?
Significa che i motivi del ricorso sono palesemente privi di fondamento giuridico, tanto da non richiedere un’analisi approfondita nel merito. La Corte ritiene la decisione impugnata corretta e priva di vizi logici o giuridici evidenti.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, in questo caso fissata in tremila euro, da versare alla Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43336 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43336 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CASERTA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/03/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con cui si deduce il mancato riconoscimento della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, è manifestamente infondato in quanto la motivazione con cui la Corte ne ha negato i presupposti applicativi è esente da vizi logici e conforme alla lettera dell’art. 131-bis cod. pen. (si veda, in particolare, pag. 5 sulla non tenuità del danno e sulla presenza di precedenti anche specifici, come tali idonei a qualificare come abituale la condotta contestata indipendentemente dalla presenza di una dichiarazione di delinquente abituale a carico dell’imputato);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in dataen ottobre 2024
La Cons. est. GLYPH
Il Presidente