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Particolare tenuità del fatto: quando è esclusa

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per possesso di circa 14 grammi di cocaina. La Corte ha stabilito che la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è applicabile in presenza di un quantitativo non minimale di sostanza stupefacente ‘pesante’, considerandolo un elemento ostativo di carattere assorbente che rende superflua la valutazione di altri indicatori.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare Tenuità del Fatto: Perché 14 Grammi di Cocaina Fanno la Differenza

L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta uno strumento fondamentale per garantire la proporzionalità del sistema sanzionatorio, evitando la punizione per fatti di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e incontra limiti precisi, specialmente in materia di stupefacenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 13286/2024) offre un chiaro esempio di come la quantità della sostanza possa diventare un ostacolo insormontabile per il riconoscimento di tale beneficio.

Il Caso in Analisi: Un Ricorso contro la Condanna

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo contro la sentenza della Corte d’Appello di Firenze, che lo aveva condannato per detenzione di sostanze stupefacenti. L’imputato era stato trovato in possesso di circa 14 grammi di cocaina. Il ricorso in Cassazione si fondava su due motivi principali: il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e la presunta violazione di legge nella determinazione della pena.

La Decisione della Cassazione e la Particolare Tenuità del Fatto

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte, confermando la decisione dei giudici di merito e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro.

Il Primo Motivo: la Quantità Ostacola la Tenuità

Il cuore della decisione riguarda il primo motivo di ricorso. L’imputato sosteneva che il reato dovesse essere considerato di particolare tenuità. La Cassazione, tuttavia, ha rigettato questa tesi, definendo il motivo di ricorso ‘generico’. I giudici hanno sottolineato che la Corte d’Appello aveva correttamente escluso l’applicabilità dell’art. 131-bis c.p. basandosi su un elemento oggettivo e ‘assorbente’: il quantitativo non minimale di sostanza stupefacente di tipo ‘pesante’. I 14 grammi di cocaina sequestrati sono stati ritenuti un indicatore di offensività tale da superare ogni altra possibile valutazione sulla tenuità del fatto. La Corte ha richiamato un consolidato orientamento delle Sezioni Unite, secondo cui la valutazione complessiva della fattispecie non può prescindere da un dato così rilevante.

Il Secondo Motivo: la Congruità della Pena

Anche il secondo motivo, relativo al trattamento sanzionatorio, è stato giudicato inammissibile. La Cassazione ha ritenuto che la Corte territoriale avesse fornito una motivazione adeguata e non illogica sulla congruità della pena. La pena, pur essendo stata inflitta in prossimità del minimo edittale e con il riconoscimento delle attenuanti generiche, era stata giustificata proprio in considerazione del quantitativo non irrisorio di cocaina, sufficiente per il confezionamento di una pluralità di dosi.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni dell’ordinanza si concentrano sul concetto di ‘elemento ostativo assorbente’. La Corte Suprema chiarisce che, in tema di stupefacenti, il dato quantitativo non è solo uno dei tanti parametri da considerare, ma può assumere un ruolo decisivo. Quando la quantità di droga, specialmente se ‘pesante’ come la cocaina, supera una soglia di minima rilevanza, essa diventa di per sé sufficiente a escludere la particolare tenuità del fatto. Questa valutazione impedisce al giudice di procedere all’esame di altri indicatori, come le modalità della condotta o il grado di colpevolezza. La decisione è quindi un’applicazione rigorosa dei principi stabiliti dalle Sezioni Unite, che mirano a evitare che l’istituto della tenuità del fatto venga utilizzato per depenalizzare condotte con un’offensività concreta non trascurabile.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale per chi opera nel diritto penale: nel valutare la possibilità di invocare la particolare tenuità del fatto in reati legati agli stupefacenti, il primo e più importante fattore da considerare è la quantità della sostanza. Una quantità ‘non minimale’ agisce come una sorta di presunzione di offensività, rendendo molto difficile, se non impossibile, ottenere il beneficio della non punibilità. Per la difesa, ciò significa che argomentazioni basate su altri aspetti della condotta rischiano di essere inefficaci se non si riesce a contestare la rilevanza del dato ponderale. Per l’accusa, rafforza la strategia di porre l’accento sulla quantità come prova principale della gravità del reato.

Quando può essere esclusa la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto in materia di stupefacenti?
Secondo la Corte, può essere esclusa quando il quantitativo di sostanza stupefacente è considerato ‘non minimale’, specialmente se si tratta di una droga ‘pesante’ come la cocaina. Nel caso di specie, circa 14 grammi sono stati ritenuti un elemento ostativo e di carattere assorbente.

Perché il motivo di ricorso sulla determinazione della pena è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione adeguata e non manifestamente illogica. La pena era stata ritenuta congrua in considerazione del quantitativo non irrisorio di cocaina sequestrata, sufficiente per confezionare più dosi, nonostante il riconoscimento delle attenuanti generiche.

Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile e non si ravvisa un’assenza di colpa nel ricorrente, questi viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata a 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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