Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 12188 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 12188 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/04/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria inviata in forma scritta dal Pubblico Ministero, in persona Sostituto Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
letta la memoria di replica del difensore AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Milano confermava la decisione del 7 luglio 2022, con la quale il Tribunale di Como aveva condannato, con rito abbreviato, NOME COGNOME alla pena di sei mesi di reclusione per il reato di cui all’art. 424 cod. pen., consistito nell’avere, a scopo di danneggiamento, appiccato il fuoco al materasso della cella n. 8 della sezione “Nuovi giunti” della Casa circondariale di Como, azione da cui era derivato un pericolo di incendio.
Nel condividere la qualificazione della condotta operata dal primo giudice nei termini di cui alla contestazione, la Corte di merito osservava, quanto alla sussistenza del pericolo d’incendio, che “le fiamme si erano già alzate, e l’incendio era stato evitato solo grazie al tempestivo intervento del sovrintendente”.
A giudizio della Corte medesima, andava disattesa la richiesta di proscioglimento avanzata ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen.
Per il tramite del difensore, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, con cui si denuncia la “mancanza assoluta della motivazione” in ordine alla richiesta di applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen.
Il Procuratore generale di questa Corte, nella sua requisitoria, presentata in forma scritta ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, e succ. mod., ha concluso per il rigetto del ricorso, sostenendo che la sentenza impugnata contenga una motivazione “implicita” sulla insussistenza della particolare tenuità del fatto.
AVV_NOTAIO, nell’interesse del NOME, ha fatto pervenire memoria di replica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va, perciò, rigettato.
Occorre ricordare che, secondo la costante lezione di questa Corte, «in tema di “particolare tenuità del fatto”, la motivazione può risultare anche implicitamente dall’argomentazione con la quale il giudice d’appello, per valutare la congruità del trattamento sanzionatorio irrogato dal giudice di primo grado, abbia considerato gli indici di gravità oggettiva del reato e il grado di colpevolezza dell’imputato, alla stregua dell’art. 133 cod. pen.» (Sez. 4, n. 27595 del 11/05/2022, Omogiate, Rv. 283420; Sez. 5, n. 15658 del 14/12/2018, dep. 2019, D., Rv. 275635).
Tanto è accaduto nel caso di specie, in cui, in sintonia con il giudice di primo grado, la Corte di appello ha correttamente apprezzato quale indice dirimente di gravità del reato – inconciliabile, logicamente, con la “particolare tenuità” del fatto – la significativa circostanza che il concreto pericolo di incendio, determinato dalle “fiamme già alzate”, fu sventato solo grazie all’immediato e provvidenziale intervento del sovrintendente COGNOME, il quale “era riuscito ad evitare il peggio facendo uscire il detenuto dalla cella e tutti i detenuti presenti in quel reparto ed era riuscito con non poca fatica a domare le fiamme con l’ausilio di vari secchi d’acqua” (pag. 3 della pronuncia del Tribunale di Como; pag. 2 della sentenza impugnata).
Gravità del fatto che ha trovato, del resto, coerente riscontro sanzionatorio nella individuazione di una pena base superiore di tre mesi al limite minimo edittale previsto dalla norma di cui all’art. 424, primo comma, cod. pen.
Dal rigetto del ricorso discende, ex lege, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 15 novembre 2023.