LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Particolare tenuità del fatto: quando è esclusa?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso riguardante l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. L’imputato contestava una sentenza per un reato relativo a sostanze stupefacenti, per una quantità di circa 10 grammi, sufficiente per 140 dosi. La Corte d’Appello aveva già escluso il beneficio sia per l’abitualità della condotta dell’imputato, sia per la rilevanza quantitativa della sostanza. La Cassazione ha confermato, specificando che il ricorso rappresentava un tentativo improprio di riesaminare il merito dei fatti e che il quantitativo non poteva essere considerato di lieve entità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare Tenuità del Fatto: La Cassazione e il Limite Quantitativo

L’istituto della particolare tenuità del fatto rappresenta una causa di non punibilità fondamentale nel nostro ordinamento, volta a escludere la sanzione penale per reati di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e dipende da una valutazione complessiva del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti di questa valutazione, soprattutto in materia di stupefacenti, e ribadisce i confini del sindacato di legittimità.

Il Caso: Un Ricorso contro la Valutazione della Quantità

Il caso esaminato dalla Suprema Corte nasce dal ricorso di un imputato contro una sentenza della Corte di Appello di Milano. La difesa contestava il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La condotta in esame riguardava il possesso di circa 10 grammi di sostanza stupefacente, ritenuta sufficiente per il confezionamento di circa 140 dosi.

La Corte territoriale aveva già negato il beneficio sulla base di due distinti elementi:
1. L’abitualità della condotta: un requisito negativo che, se presente, osta all’applicazione dell’istituto.
2. Il dato quantitativo: la quantità di sostanza detenuta, giudicata non così lieve da poter rientrare nel perimetro della particolare tenuità.

L’imputato, nel suo ricorso, tentava di ottenere una riconsiderazione di questi elementi, sostenendo l’errata valutazione da parte dei giudici di merito.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. I giudici hanno sottolineato che la richiesta della difesa si traduceva in un tentativo di ottenere un nuovo “giudizio di merito”, ovvero una rivalutazione dei fatti già esaminati nei precedenti gradi di giudizio. Tale attività è preclusa alla Corte di Cassazione, il cui compito è limitato al controllo della corretta applicazione delle norme di diritto (giudizio di legittimità).

Le Motivazioni: Perché la Particolare Tenuità del Fatto è stata Esclusa?

La Suprema Corte ha confermato la correttezza della decisione impugnata, basando le proprie motivazioni su due pilastri argomentativi. In primo luogo, ha avallato la valutazione dei giudici di merito circa il dato quantitativo. Il possesso di una quantità di stupefacente sufficiente per 140 dosi è stato considerato, di per sé, un elemento ostativo al riconoscimento della particolare tenuità, a prescindere da altre considerazioni. Questo dato, oggettivamente significativo, supera la soglia della minima offensività richiesta dalla norma.

In secondo luogo, la Corte ha rilevato come il motivo di ricorso sovrapponesse indebitamente il concetto di particolare tenuità del fatto con la qualificazione del reato ai sensi dell’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/1990 (il cosiddetto “fatto di lieve entità”). Si tratta di due istituti giuridici distinti, con presupposti e finalità differenti, che non devono essere confusi. La valutazione sulla tenuità della condotta ai fini della non punibilità è autonoma e più rigorosa.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame offre importanti spunti di riflessione. Anzitutto, riafferma che il dato quantitativo, nel contesto dei reati in materia di stupefacenti, assume un’importanza decisiva nella valutazione della particolare tenuità del fatto. Quantità non trascurabili, come quella sufficiente per 140 dosi, rendono difficile, se non impossibile, l’applicazione del beneficio. Inoltre, la pronuncia ribadisce con fermezza i limiti del ricorso per cassazione: non è possibile utilizzare questo strumento per sollecitare una nuova lettura delle prove e dei fatti, ma solo per denunciare vizi di legittimità, come errori nell’interpretazione o applicazione della legge. Infine, viene evidenziata la necessità di non confondere istituti giuridici simili ma non sovrapponibili, come la causa di non punibilità per tenuità del fatto e l’ipotesi attenuata del reato di spaccio.

Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato e volto a ottenere una rivalutazione dei fatti (un nuovo giudizio di merito), attività che è preclusa alla Corte di Cassazione, il cui ruolo è limitato a verificare la corretta applicazione della legge.

Quali elementi hanno portato i giudici a escludere la particolare tenuità del fatto?
I giudici hanno escluso la particolare tenuità del fatto sulla base di due elementi principali: il requisito negativo dell’abitualità della condotta del ricorrente e, in modo decisivo, il dato quantitativo. Il possesso di circa 10 grammi di sostanza, sufficienti per 140 dosi, è stato considerato di per sé non così tenue da giustificare l’applicazione del beneficio.

Quali sono le conseguenze per il ricorrente dopo la decisione della Cassazione?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa riscontrata nella proposizione di un ricorso inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati