Particolare Tenuità del Fatto: Quando il Disvalore della Condotta ne Esclude l’Applicazione
L’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale. Esso consente di non punire l’autore di un reato quando l’offesa al bene giuridico tutelato sia minima. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e dipende da una valutazione discrezionale del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 9573/2024, offre un chiaro esempio dei limiti di questo istituto, sottolineando come un elevato ‘disvalore oggettivo’ della condotta possa giustificarne l’esclusione.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine da un ricorso presentato da un automobilista, condannato nei primi due gradi di giudizio per un reato previsto dal Codice della Strada (specificamente, la violazione degli articoli 187, commi 1 e 1-bis, in relazione all’art. 186-bis). La difesa dell’imputato ha basato il suo unico motivo di ricorso per Cassazione sulla presunta erronea applicazione della legge penale, in particolare per la mancata concessione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p. Secondo il ricorrente, la motivazione della Corte d’Appello sarebbe stata carente, contraddittoria e manifestamente illogica nel negare il beneficio.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La decisione della Suprema Corte si fonda sulla correttezza e coerenza logica della sentenza impugnata, che aveva escluso l’applicabilità dell’art. 131-bis c.p.
Le Motivazioni: Il Disvalore della Condotta Esclude la Particolare Tenuità del Fatto
Il cuore della motivazione della Cassazione risiede nella piena validità del ragionamento seguito dalla Corte d’Appello. I giudici di secondo grado avevano escluso la particolare tenuità del fatto alla luce del ‘rilevato disvalore oggettivo della condotta accertata’. Questo significa che, analizzando le circostanze concrete del reato, i giudici hanno ritenuto che la gravità del comportamento dell’imputato superasse quella soglia di minima offensività richiesta per l’applicazione del beneficio.
La Suprema Corte ha evidenziato come tale valutazione fosse stata espressa con un ‘argomentare immune da incongruenze logiche e coerente con le risultanze istruttorie’. In altre parole, la decisione non era arbitraria, ma fondata su elementi concreti emersi durante il processo. Poiché il compito della Cassazione è un controllo di legittimità (cioè sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione) e non un nuovo esame dei fatti, la Corte ha concluso che la decisione impugnata era ‘al riparo da censure’, rendendo il ricorso inammissibile.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la non punibilità per particolare tenuità del fatto non è un diritto dell’imputato, ma una valutazione che il giudice di merito deve compiere caso per caso. L’elemento centrale di questa valutazione è il ‘disvalore oggettivo’ della condotta. Anche per reati considerati minori, se le modalità concrete dell’azione rivelano una gravità non trascurabile, i giudici possono legittimamente negare l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. La decisione della Cassazione rafforza la discrezionalità del giudice di merito, a patto che la sua motivazione sia logica, coerente e ancorata agli atti processuali, ponendo un chiaro limite all’operatività di questo importante istituto giuridico.
Quando può essere esclusa l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Secondo l’ordinanza, può essere esclusa quando emerge un ‘rilevato disvalore oggettivo della condotta accertata’. Se il giudice di merito, con una motivazione logica e coerente con le prove, ritiene che la gravità concreta del comportamento sia significativa, può legittimamente negare il beneficio.
Cosa controlla la Corte di Cassazione in un ricorso che lamenta la mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p.?
La Corte di Cassazione non riesamina i fatti per decidere se il fatto sia o meno di particolare tenuità. Il suo compito è un controllo di legittimità: verifica se la motivazione del giudice di merito sia esente da vizi logici, contraddizioni e se sia coerente con le risultanze processuali. Se la motivazione è valida, la decisione è al riparo da censure.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso in Cassazione è dichiarato inammissibile, la sentenza di condanna impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9573 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9573 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ACIREALE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/09/2023 della CORTE APPELLO di MESSINA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esamiNOME il ricorso proposto, a mezzo del difensore da COGNOME NOME, ritenuto responsabile nelle conformi sentenze di merito del reato di cui all’art. 187, commi 1 e 1-bis, in relazione all’art. 186-bis comma 1 lett. A) cod. strada.
Rilevato che la difesa lamenta, nel motivo unico di ricorso, inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 131-bis cod. pen.; mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
Considerato che la causa di non punibilità di cui all’art 131-bis cod. pen. è stata validamente esclusa in sentenza alla luce del rilevato disvalore oggettivo della condotta accertata, elemento apprezzato con argomentare immune da incongruenze logiche e coerente con le risultanze istruttorie, tale da portare la decisione adottata in parte qua al riparo da censure prospettabili in sede di legittimità.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 21 febbraio 2024