Particolare tenuità del fatto e stupefacenti: la Cassazione chiarisce i limiti
L’istituto della particolare tenuità del fatto, previsto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta una valvola di sfogo del sistema giudiziario, consentendo di non punire reati che, pur essendo formalmente illeciti, risultano concretamente inoffensivi. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e incontra limiti precisi, specialmente in materie delicate come quella degli stupefacenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti su quando la detenzione di droga non può essere considerata di lieve entità, delineando i criteri che i giudici devono seguire.
I Fatti del Caso: una condanna per detenzione
Il caso trae origine dalla condanna di un individuo da parte del Tribunale di Massa, confermata poi dalla Corte d’Appello di Genova, per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti ai sensi dell’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti. La pena inflitta era di due mesi e venti giorni di reclusione e 467,00 euro di multa.
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando un unico vizio: la mancata motivazione da parte dei giudici di merito riguardo al rigetto della richiesta di applicazione dell’esimente della particolare tenuità del fatto. Secondo la difesa, la condotta del proprio assistito rientrava pienamente nei confini di tale istituto.
La Decisione della Cassazione e i limiti alla particolare tenuità del fatto
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo una mera riproposizione di argomenti già correttamente valutati e respinti nei precedenti gradi di giudizio. Gli Ermellini hanno sottolineato come la Corte d’Appello avesse fornito una motivazione logica e diffusa per escludere l’applicabilità dell’art. 131-bis c.p.
Il fulcro della decisione risiede nella valutazione complessiva del fatto, che non può essere considerato ‘esiguo’ o di scarsa rilevanza penale. La Corte ha ribadito che la valutazione sulla tenuità dell’offesa deve basarsi su indicatori precisi, come le modalità della condotta e l’entità del danno o del pericolo.
Le Motivazioni
La Cassazione ha evidenziato due elementi chiave che hanno portato all’esclusione della particolare tenuità del fatto:
1. Il Quantitativo di Sostanza: I giudici hanno dato rilievo al fatto che la quantità di stupefacente detenuta non era affatto minimale. Dalla sostanza sequestrata si potevano ricavare circa 124 dosi, un numero che, secondo la Corte, è incompatibile con un giudizio di particolare tenuità.
2. Le Modalità dell’Azione: Le circostanze della detenzione deponevano per una certa capacità dell’imputato di avere la disponibilità della sostanza. Questo aspetto, unito al quantitativo, connota il fatto come non marginale e, di conseguenza, meritevole di sanzione penale.
Inoltre, la Corte ha richiamato un proprio precedente (sentenza n. 5396/2022) per affermare un principio processuale importante: un rigetto può essere considerato motivato anche quando non risponde punto per punto a una specifica doglianza, se la sua infondatezza emerge chiaramente dalla struttura argomentativa complessiva della sentenza. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva già valorizzato elementi ostativi come la quantità e qualità della droga, i precedenti penali dell’imputato e la mancanza di attenuanti generiche, costruendo un quadro incompatibile con la concessione del beneficio.
Le Conclusioni
Questa ordinanza conferma l’orientamento rigoroso della giurisprudenza in tema di stupefacenti. La particolare tenuità del fatto non può essere invocata come un automatismo basato solo sulla lieve entità della pena prevista. È necessaria una valutazione concreta e complessiva che tenga conto di tutti gli indicatori previsti dall’art. 133 del codice penale. La quantità di sostanza, se non irrisoria, e le modalità della condotta che rivelano una certa familiarità con il mondo degli stupefacenti, sono elementi decisivi che possono precludere l’accesso a questa causa di non punibilità, anche per reati che rientrano nella fattispecie di ‘lieve entità’ prevista dal comma 5 dell’art. 73.
Quando può essere esclusa la particolare tenuità del fatto per i reati di droga?
La particolare tenuità del fatto può essere esclusa quando il quantitativo di sostanza stupefacente detenuta non è minimale (nel caso specifico, si potevano ricavare 124 dosi) e quando le modalità dell’azione indicano una capacità dell’imputato di avere disponibilità della sostanza, connotando il fatto come non esiguo.
È sufficiente che un giudice non risponda esplicitamente a un motivo di appello per viziare la sentenza?
No. Secondo la Cassazione, non è censurabile la sentenza che non motiva espressamente su una specifica deduzione se il suo rigetto risulta implicitamente dalla struttura argomentativa complessiva della decisione.
Quali altri elementi possono ostacolare l’applicazione dell’art. 131-bis c.p.?
Oltre alla quantità della droga e alle modalità della condotta, elementi come la buona qualità della sostanza, la zona in cui avviene il fatto, la mancanza di elementi favorevoli per le attenuanti generiche e la presenza di precedenti penali a carico dell’imputato possono essere considerati ostativi all’applicazione della particolare tenuità del fatto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6942 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6942 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a SAN FRANCISCO DE MACORIS( REP. DOMINICANA) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/10/2022 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO ED IN DIRITTO
Con sentenza in data 13.10.2022 la Corte d’appello di Genova ha confermato la sentenza con cui il Gip del Tribunale di Massa, all’esito di rito abbreviato, aveva ritenuto NOME COGNOME responsabile del reato di cui all’art. 73, comma 5, d.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309 e lo aveva condannato alla pena di mesi due, giorni venti di reclusione ed Euro 467,00 di multa.
Avverso detta sentenza l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione articolato in un solo motivo con cui si duole della carenza di motivazione in relazione all’esclusione dell’esimente ex art. 131 bis cod. pen. con riguardo ai criteri di cui all’art. 133, comma 1, cod.pen.
Il ricorso é inammissibile.
La censura relativa al mancato riconoscimento dell’art. 131 bis cod.pen., è riproduttiva di un profilo di doglianza già adeguatamente vagliato e disatteso con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito, considerato che la Corte territoriale aveva dato atto con motivazione logica e diffusa che il quantitativo non minimale di stupefacente detenuto, da cui si potevano ricavare circa 124 dosi, e le modalità dell’azione depongono per una capacità dell’imputato di avere disponibilità della sostanza e che connotano il fatto come non esiguo.
Va peraltro ribadito che non è censurabile, in sede di legittimità, la sentenza che non motivi espressamente in relazione a una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando il suo rigetto risulti dalla complessiva struttura argomentativa della sentenza. (Fattispecie in cui il giudice di appello, pur non avendo espressamente argomentato in ordine alla denegata applicazione dell’esimente di cui all’art. 131-bis cod. pen., aveva posto in rilievo la consistente quantità e la buona qualità della droga detenuta, la zona in cui la condotta era avvenuta, la mancanza di elementi favorevoli al riconoscimento delle attenuanti generiche e la sussistenza di precedenti penali dell’imputato ostativi alla concessione della sospensione condizionale della pena (Sez. 4, n. 5396 del 15/11/2022, dep. 2023, Ry. 284096).
In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende che, avuto riguardo al palese carattere dilatorio del ricorso, appare equo stabilire nella misura indicata in dispositivo;
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso in Roma, il 14.12.2023