Particolare tenuità del fatto: quando i precedenti penali la escludono
L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale, consentendo di escludere la punibilità per reati di minima entità. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e incontra limiti precisi, specialmente in presenza di un comportamento ‘abituale’ del reo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza questo principio, negando il beneficio a un individuo con numerosi precedenti specifici.
I Fatti del Caso
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un soggetto condannato in primo e secondo grado per una serie di episodi di tentato furto. L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando principalmente la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
I Motivi del Ricorso
La difesa ha articolato il ricorso su due punti principali:
1. Violazione di legge e vizio di motivazione: Si contestava la decisione dei giudici di merito di non applicare l’art. 131-bis c.p., ritenendo che i fatti, singolarmente considerati, fossero di lieve entità.
2. Erronea applicazione di un’aggravante: Veniva inoltre lamentata l’errata applicazione di un’aggravante prevista dall’art. 625 n. 4 del codice penale.
La Decisione della Corte sulla particolare tenuità del fatto
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la decisione della Corte d’Appello. La decisione si fonda su un’analisi rigorosa dei presupposti richiesti per l’applicazione del beneficio.
Le Motivazioni
La Corte ha smontato entrambe le doglianze difensive. Riguardo al primo punto, i giudici hanno sottolineato come l’applicazione della particolare tenuità del fatto sia stata correttamente esclusa. La motivazione risiede nei numerosi precedenti penali specifici dell’imputato. Tali precedenti, secondo la Corte, dimostrano in modo manifesto il ‘carattere abituale’ della condotta, una delle cause ostative esplicitamente previste dalla norma.
La Cassazione ha richiamato un proprio precedente (sentenza n. 26813/2016), in cui si chiarisce che l’art. 131-bis non può trovare applicazione quando l’imputato abbia commesso più reati della stessa indole. In questi casi, è la stessa legge a imporre una valutazione complessiva del ‘fatto’ nella sua dimensione ‘plurima’, in cui la tenuità dei singoli episodi perde di rilevanza di fronte alla serialità del comportamento.
Riguardo al secondo motivo di ricorso, la Corte lo ha liquidato come del tutto infondato, poiché l’aggravante menzionata dalla difesa non era mai stata contestata né applicata nelle sentenze di merito. Di conseguenza, la lamentela era priva di qualsiasi fondamento fattuale e giuridico.
Le Conclusioni
Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale: la valutazione per il riconoscimento della particolare tenuità del fatto non può limitarsi alla gravità del singolo episodio criminoso. È necessario un giudizio complessivo sulla condotta dell’autore del reato. La presenza di precedenti penali specifici e reiterati configura un ‘comportamento abituale’ che, per espressa previsione legislativa, impedisce l’accesso al beneficio. La decisione conferma quindi una linea interpretativa rigorosa, volta a evitare che l’istituto si trasformi in una forma di immunità per chi delinque serialmente, sebbene con reati di modesta entità.
Quando non si applica la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Non si applica, ai sensi del terzo comma dell’art. 131-bis c.p., quando l’imputato ha commesso più reati della stessa indole, poiché tale comportamento è considerato ‘abituale’ e la valutazione del fatto deve essere complessiva e ‘plurima’.
Avere precedenti penali specifici impedisce di ottenere il beneficio della particolare tenuità del fatto?
Sì, secondo la sentenza, numerosi precedenti penali specifici rendono manifesta la ricorrenza del carattere abituale della condotta, che è una condizione ostativa al riconoscimento del beneficio.
Cosa succede se un motivo di ricorso si basa su un’aggravante non contestata?
Il motivo di ricorso viene considerato del tutto destituito di fondamento e respinto, in quanto si basa su un presupposto (la contestazione dell’aggravante) che non esiste nel processo.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45074 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45074 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TORINO il 17/09/1984
avverso la sentenza del 11/03/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso proposto a mezzo del difensore da COGNOME COGNOME, ritenuto responsabile nelle conformi sentenze di merito di plurimi episodi di tentato furto.
Considerato che la difesa ha articolato le seguenti ragioni di doglianza: 1. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata applicazione dell’art. 131-bis cod. pen.; erronea applicazione dell’art. 625 n. 4 cod. pen.
Considerato che la causa di non punibilità di cui all’art 131-bis cod. pen. è stata validamente esclusa in sentenza: i numerosi precedenti penali specifici annoverati dal ricorrente, alla stregua di quanto correttamenta argomentato in motivazione, rendono manifesta la ricorrenza del carattere abituale della condotta del ricorrente ostativo al riconoscimento del beneficio (cfr. ex multis Sez. 5, n. 26813 del 10/02/2016, COGNOME, Rv. 267262 – 01:«La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131 bis cod. pen. non può essere applicata, ai sensi del terzo comma del predetto articolo, qualora l’imputato abbia commesso più reati della stessa indole (ovvero plurime violazioni della stessa o di diverse disposizioni penali sorrette dalla medesima “ratio punendi”), poiché è la stessa previsione normativa a considerare il “fatto” nella sua dimensione “plurima”, secondo una valutazione complessiva in cui perde rilevanza l’eventuale particolare tenuità dei singoli segmenti in cui esso si articola»).
Ritenuto che il secondo motivo di ricorso è del tutto destituito di fondamento, non essendo stata contestata né in alcun modo ritenuta nelle sentenze di merito l’aggravante menzionata dalla difesa nel ricorso.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 7 novembre 2024
Il Presidente
Il Consigliere estensore