Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26886 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26886 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a Gujranwala (Pakistan) il 4/06/1987
avverso la sentenza del 11/02/2025 del Giudice di pace di Ascoli Piceno visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del consigliere, NOME COGNOME lette le richieste scritte del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME con le quali ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; letta la memoria di replica fatta pervenire con p.e.c dalla difesa, Avv. RAGIONE_SOCIALE chiedendo
COGNOME, in data 5 maggio 2025, con la quale ha concluso l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, reso in sede di rinvio disposto da questa Corte, con sentenza della sezione Quinta penale, n. 39158 -24, del 18 settembre 2024, il Giudice di pace di Ascoli Piceno ha condannato NOME COGNOME in relazione al reato di cui all’art. 14, comma 5 -quater, d. lgs. n. 286 del 1998, alla pena di euro quindicimila di multa, per essersi intrattenuto illegalmente nel territorio nazionale oltre il termine previsto dall’ordine del Questore di Bari del 21 dicembre 2017.
La sentenza rescindente aveva annullato con rinvio la pronuncia resa dal Giudice di pace, in data 16 aprile 2024, in sede di rinvio disposto da questa Corte, con sentenza della sezione Prima penale n. 45173 -22 del 27 settembre 2022, limitatamente alla mancata valutazione della richiesta di riconoscimento
della causa di improcedibilità dell’azione penale ex art. 34 d. lgs. n. 274 del 2000 da parte del primo giudice di merito (sentenza del Giudice di pace del 8 luglio 2021), sentenza con la quale l’imputato, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, era stato condannato alla pena di euro diecimila di multa.
Avverso detta sentenza, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l’i mputato, per il tramite del difensore, Avv. RAGIONE_SOCIALE COGNOME denunciando, con un unico motivo, inosservanza dell’art. 34 d. lgs. n. 274 del 28 agosto 2000, nonché degli artt. 627 e 129 cod. proc. pen., con omessa motivazione ovvero contraddittorietà della stessa in punto esclusione dell’ ipotesi di cui al citato art. 34.
Il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata presenta una motivazione apparente o, comunque, illogica e contraddittoria, sostenendo che il Giudice di pace si è limitato a respingere la richiesta difensiva senza argomentare sull’inconsistenza o inammissibilità, ma svolgendo giustificazioni soltanto enunciative, quanto all’entità del danno o pericolo .
Peraltro, si sostiene che parte degli argomenti spesi dal Giudice di pace, come la durata del trattenimento sul territorio nazionale, siano insiti nella condotta illecita accertata e che, dunque, non possono incidere sull’apprezzamento che la sentenza rescindente ha rimesso al Giudice del rinvio in ordine alla sussistenza delle condizioni per accedere alla causa di improcedibilità di cui al citato art. 34.
Quanto al grado di colpevolezza che è richiesto dalla previsione di cui all’art. 34 cit., si evidenzia che la motivazione è generica e non esaustiva ma, anzi, si presenta meramente enunciativa.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha fatto pervenire memoria con la quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso, stante l’assenza di richiesta di trattazione in pubblica udienza partecipata, ai sensi degli artt. 614, 611 cod. proc. pen., come modificato dall’art. 11, commi 2, lettere a), b), c) e 3 del d.l. 29 giugno 2024, n. 89, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 2024, n. 120.
La difesa, Avv. RAGIONE_SOCIALE COGNOME ha fatto pervenire memoria di replica, a mezzo p.e.c in data 5 maggio 2025, con la quale ulteriormente argomentando il motivo di ricorso, ha concluso chiedendone l’accoglimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il motivo di ricorso è infondato ma va rilevata di ufficio l’illegalità della pena irrogata all’imputato .
Va premesso che entrambe le sentenze rescindenti emesse da questa Corte nel giudizio svolto nei confronti dell’imputato, hanno annullato con rinvio le condanne pronunciate dal Giudice di primo grado in relazione alla mancata valutazione della causa di improcedibilità di cui all’art. 34 cit. e la prima sentenza di questa sezione Prima penale, anche relativamente al trattamento sanzionatorio.
Entrambi i provvedimenti avevano accertato, comunque, la responsabilità penale dell’imputato e lo avevano condannato, all’esito, alla pena pecuniaria di euro diecimila di multa, concesse le circostanze attenuanti generiche.
La terza sentenza di merito , quella all’esame di questo Collegio, condanna l’imputato alla pena di euro quindicimila di multa , senza la concessione delle circostanze attenuanti generiche.
1.1. Ciò posto, con riferimento al punto devoluto con il ricorso all’esame di questo Collegio, si rileva che in tema di procedimento davanti al Giudice di pace, ai fini della declaratoria di improcedibilità per particolare tenuità del fatto, è necessario che la ‘particolare tenuità’ sia apprezzata per mezzo di un giudizio sintetico sul fatto concreto, elaborato alla luce di tutti gli indici normativamente indicati, costituiti dall’esiguità del danno o del pericolo, dall’occasionalità della condotta, dal minore grado di colpevolezza e dall’eventuale pregiudizio sociale per l’imputato, avuto riguardo non alla fattispecie astratta di reato, ma a quella concretamente realizzata (tra le altre, Sez. 5, n. 29831 del 13/03/2015, La Greca, Rv. 265143 -01; Sez. 5, n. 34227 del 7/05/2009, COGNOME, Rv. 244910 01; Sez. 4, n. 24387 del 28/04/2006, COGNOME, Rv. 234577 – 01).
La sentenza rescindente, sul punto, ha precisato, quale principio di diritto che ha reputato disatteso dalla seconda pronuncia di merito, che, ai fini che interessano, trova applicazione la causa di improcedibilità in esame anche in riferimento ai reati di pericolo astratto o presunto ivi compreso quello di ingresso e soggiorno illegale dello straniero nel territorio dello Stato (così Sez. 1, n. 28077 del 15/09/2020, Ortega Reyes, Rv. 279642 – 01; in termini Sez. 1, n. 35742 del 05/07/2013, COGNOME, Rv. 256825 – 01; Sez. 1, n. 13412 del 8/03/2011, COGNOME, Rv. 249855 – 01), perché, anche per tali fattispecie incriminatrici, il principio di necessaria offensività consente l’individuazione, in concreto, di un’offesa anche minima al bene protetto e perché la particolare tenuità si appezza, appunto, per mezzo di un giudizio sintetico sul fatto concreto (Sez. 4, n. 24249 del 28/04/2006, COGNOME, Rv. 234416 – 01).
1.2. Tali essendo i principi cui il Giudice del rinvio doveva attenersi, si osserva che la sentenza in valutazione dà conto di un giudizio, sia pure sintetico, comunque in linea con tale indirizzo interpretativo, tenuto conto che ha valorizzato, ai fini di escludere la causa di improcedibilità in esame, la durata consistente della permanenza sul territorio nazionale (a fronte di decreto di
espulsione del Prefetto di Macerata del 23 novembre 2016 e del conseguente ordine del Questore di Bari di lasciare l’Italia entro sette giorni, l’imputato veniva rintracciato sul territorio nazionale dopo due anni e cinque mesi oltre la scadenza del termine), l’esistenza di precedenti penali specifici, l’ emissione, nei confronti dell’imputato di due decreti di espulsione , con relativi ordini di allontanamento, nonostante la precedente condanna per ingresso irregolare sul territorio nazionale, in assenza di comprovate esigenze familiari, di lavoro o studio in Italia.
Con tale ragionamento il Giudice del rinvio ha svolto un giudizio che soddisfa le indicate linee ermeneutiche, nonché il mandato assegnato dalla sentenza rescindente. Anzi, a fronte di tale apparato argomentativo, i motivi dedotti appaiono assolutamente generici e non completamente correlati allo specifico contenuto della motivazione.
1.3. Quanto, infine, al trattamento sanzionatorio, è appena il caso di osservare che il Giudice di pace, a fronte di una sentenza rescindente che rinviava per la verifica dell ‘eventuale improcedibilità ex art. 34 cit., ha irrogato una pena (euro quindicimila di multa) maggiore rispetto alle prime due sentenze di merito (euro diecimila di multa, concesse le circostanze attenuanti generiche).
Tuttavia, non ricorrono i presupposti per rilevare, d’ufficio, la violazione del divieto di reformatio in peius . Infatti, nella specie, non è stata irrogata una pena illegale ab origine. Il tal caso, dunque, in assenza di motivo sul punto, la relativa questione non è rilevabile d’ufficio da questa Corte di cassazione (cfr. nel senso che in sede di legittimità l’esercizio di poteri di intervento di ufficio, anche in caso di ricorso inammissibile, possono attivarsi nel caso in cui sia irrogata una pena diversa, per specie, da quella stabilita dalla legge, ovvero quantificata in misura inferiore o superiore ai relativi limiti edittali, presupposti che, per quanto sopra esposto, non ricorrono nel caso di specie: Sez. U, n. 33040 del 26/02/2015, COGNOME; Sez. 5, n. 27945 del 17/05/2018, COGNOME, Rv. 273234; Sez. 5, n. 8639 del 20/01/2016, de Paola, Rv. 266080; Sez. 2, n. 22136 del 19/02/2013, COGNOME, Rv. 255729).
Segue il rigetto del ricorso e la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 20 maggio 2025