Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26851 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26851 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Seidita NOME COGNOME nato a Palermo il 19/04/1975
avverso la sentenza del 11/12/2024 della Corte d’appello di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso udita la relazione del Consigliere, NOME COGNOME concluso
letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale, che ha chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Palermo ha confermato la condanna, pronunciata dal Tribunale in sede, in data 20 febbraio 2024, nei confronti di NOME COGNOME in relazione al reato di cui all’art. 73 d.lgs. n. 159 del 2011, perché sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per la durata di anni quattro, in data 5 ottobre 2018, veniva colto alla guida dell’ autovettura descritta in rubrica, sprovvisto della patente perché revocatagli con decreto prefettizio, in data 3 agosto 2021.
Propone tempestivo ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del difensore di fiducia, Avv. R. COGNOME denunciando, con un unico, articolato motivo, inosservanza ed erronea applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131bis cod. pen.
Si deduce che l’imputato ha giustificato la condotta assumendo di essersi posto alla guida del veicolo benché privo della patente, perché revocata, per aiutare un disabile a recuperare il proprio posto riservatogli per le sue condizioni di salute, ove era parcheggiata l’autovettura spostata dall’imputato.
Si reclama, quindi, l’operatività della causa di non punibilità stante la lieve entità dell’offesa, l’esiguità del disvalore del fatto, la non abitualità del comportamento. Nel caso di specie si contesta che l’imputato abbia subito condanne per plurimi e reiterati reati della stessa indole di quello per il quale si procede.
Si richiama giurisprudenza di legittimità secondo la quale il riconoscimento della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto non è preclusa dall’esistenza di precedenti penali gravanti sull ‘ imputato quando si applicata a una pena superiore al minimo edittale, atteso che i parametri di valutazione per la previsione di cui all’art. 131bis cod. pen., hanno natura oggettiva e operano su un piano diverso di quelli sulla personalità dell ‘ imputato.
Si deduce che, nel caso di specie, si opera un generico richiamo alla pericolosità sociale che non legittimerebbe la mancata applicazione della causa di non punibilità con riferimento alla duplice valutazione che il giudice deve svolgere ai fini della tenuità dell’offesa e dell’abitualità della condotta.
Il Sostituto Procuratore generale, NOMECOGNOME COGNOME ha concluso con requisitoria scritta chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è infondato.
È noto che la causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131bis cod. pen. è un istituto di natura sostanziale per il cui riconoscimento è necessario effettuare un “giudizio sulla tenuità” che richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo arrecato alla persona offesa dal reato (cfr. Sez. U, n. 13681 de 25/2/2016, Tushaj, Rv. 166590).
Al giudice di merito è, dunque, demandata la verifica delle condizioni di applicabilità del l’ istituto, alla stregua degli indici-criteri delineati dallo stesso art. 131bis cod. pen., laddove, accanto a specifici limiti di pena, è stata indicata la particolare tenuità dell’offesa, articolata, a sua volta, in due “indici-requisiti”, quali, da un lato, la modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo, da valutarsi sulla base dei criteri indicati dall’art. 133, comma primo, cod. pen.
(natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo ed ogni altra modalità dell’azione, gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato e intensità del dolo o grado della colpa) e, dall’altro, la non abitualità del comportamento.
Quanto alla ricostruzione della nozione di abitualità del comportamento elaborata dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 13681 del 25/2/2016, Tushaj, Rv. cit., si rileva che, ai fini del presupposto ostativo alla configurabilità della causa di non punibilità, il comportamento è considerato abituale quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in esame. In motivazione, la Corte ha chiarito che, ai fini della valutazione del presupposto indicato, il giudice può fare riferimento oltre che alle condanne irrevocabili ed alle precedenti pronunzie relative a reati in precedenza ritenuti non punibili ai sensi dell’art. 131bis cod. pen., anche agli illeciti il cui accertamento è ancora in fase di cognizione di cui il giudice è in grado di valutare l’esistenza.
Si afferma, infatti, che, posto che l’art. 131bis , comma terzo, cod. pen., allorché tipizza l’abitualità del comportamento, fa riferimento alla commissione di più reati e non a precedenti condanne «la pluralità dei reati può concretarsi non solo in presenza di condanne irrevocabili, ma anche nel caso in cui gli illeciti si trovino al cospetto del giudice che, dunque, è in grado di valutarne l’esistenza».
La necessità di un siffatto accertamento incidentale è stata ribadita da pronunce di questa Corte (cfr. Sez. 6, n. 6551 del 9/1/2020, COGNOME, Rv. 278347- 01) affermando che, in tema di non punibilità per particolare tenuità del fatto, il presupposto ostativo del comportamento abituale ricorre quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, abbia commesso almeno altri due reati della stessa indole, incidentalmente accertabili da parte del giudice procedente. In continuità con tale arresto, si ritiene che, ai fini della valutazione del presupposto ostativo dell’abitualità del comportamento, il giudice debba procedere ad una valutazione incidentale, relativa alla commissione da parte dell’imputato di almeno altri due reati della stessa indole di quello per cui si procede, verificandone la sussistenza degli elementi costitutivi.
1.1. Il principio è stato ulteriormente specificato da Sez. 6, n. 10796 del 16/02/2021, COGNOME, Rv. 280787 -01 ove si è affermato che una lettura del requisito in esame, coerente con il principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza (art. 27 Cost.), non consente di ritenere sufficiente la mera constatazione della presenza di denunzie nei confronti dell’imputato o di “precedenti di polizia”, di cui si ignora la sorte.
Il Giudice, investito della richiesta di applicazione della causa di non punibilità dovrà, dunque verificare, su richiesta della difesa o d’ufficio, l’esito di tali segnalazioni, per trarne l’esistenza di eventuali concreti elementi fattuali che
dimostrino la abitualità del comportamento dell’imputato (Sez. 4, n. 51526 del 4/10/2018, NOME COGNOME, Rv. 274274-01).
Dunque, i precedenti di polizia a carico dell’imputato, potranno essere ritenuti sintomatici di una serialità ostativa alla concessione del beneficio solo all’esito della verifica: a) del loro contenuto e degli elementi fattuali dalle stesse emergenti; b) delle eventuali allegazioni difensive anche in ordine alla presenza di cause di giustificazione o di non punibilità della condotta; c) degli esiti delle segnalazioni e, dunque, della loro iscrizione nel registro delle notizie di reato e dell’avvio di un procedimento penale.
1.2. Tali essendo i principi cui il Collegio intende uniformarsi, si osserva che, nel caso al vaglio, il Tribunale ha giustificato il diniego della causa di non punibilità facendo riferimento non solo all ‘ intrinseco disvalore del fatto, ma, in sostanza, all ‘ intensità del dolo, avendo reputato tale disvalore in nulla diminuito dalle giustificazioni addotte, reputate del tutto inverosimili.
La Corte territoriale, poi, nel rispondere allo specifico motivo di gravame sul punto, ha indicato la motivazione del primo giudice condivisibile quanto alla valutazione operata in ordine alla valorizzazione di concreti elementi di non particolare tenuità del comportamento.
Dunque, seppure la pronuncia, q uanto all’abitualità del comportamento, abbia fatto un mero, generico riferimento (cfr. p. 4) ai precedenti penali riportati nella sentenza di primo grado (peraltro, non specificati né indicati quanto alla natura, dovendo trattarsi di reati della stessa indole di quello per il quale si procede), con il ragionamento svolto la Corte territoriale ha mostrato di aver compiuto, in modo ineccepibile, sia pur sintetico, il necessario giudizio ex art. 133 cod. pen., concluso in senso negativo facendo riferimento anche al contenuto, sul punto, della sentenza di primo grado.
Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 24 aprile 2025