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Particolare tenuità del fatto: quando è esclusa?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di tre familiari condannati per rissa. La Corte ha confermato che non è applicabile la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto quando la condotta, sebbene avvenuta in un contesto familiare e seguita da una remissione di querela per le lesioni, sia caratterizzata da particolare violenza e si sia svolta in presenza di minori. L’inammissibilità del ricorso ha inoltre impedito la declaratoria di improcedibilità per superamento dei termini.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare tenuità del fatto: esclusa per rissa violenta tra parenti

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 24080/2025) offre importanti chiarimenti sui limiti di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale. Anche se un conflitto familiare si risolve con una remissione di querela, la violenza intrinseca di una rissa, specialmente se avvenuta davanti a minori, può impedirne l’applicazione. Vediamo nel dettaglio la vicenda processuale e i principi affermati dai giudici.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda tre persone, legate da vincoli di parentela, condannate in primo grado per i reati di lesioni personali volontarie e rissa. In seguito, la Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la sentenza: pur dichiarando estinto il reato di lesioni per intervenuta remissione di querela, aveva confermato la condanna per il reato di rissa, rideterminando la pena in una multa di 600,00 euro per ciascun imputato.

Contro questa decisione, gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione, lamentando principalmente la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. A loro dire, la Corte d’Appello non avrebbe adeguatamente considerato i motivi nuovi presentati, volti a dimostrare la minima offensività della condotta.

La Decisione della Corte sulla particolare tenuità del fatto

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, ritenendo le censure difensive manifestamente infondate. Secondo gli Ermellini, la Corte territoriale aveva correttamente escluso l’applicabilità dell’art. 131-bis c.p. attraverso una valutazione completa e logica della vicenda.

L’inammissibilità del ricorso ha avuto anche una conseguenza processuale rilevante: ha impedito alla Corte di dichiarare l’improcedibilità del giudizio per superamento dei termini massimi di durata, come richiesto dalla difesa. La giurisprudenza, infatti, è costante nel ritenere che un ricorso inammissibile non instaura un valido rapporto processuale, precludendo l’esame di eventuali cause di estinzione del reato o di improcedibilità.

Le Motivazioni

Il cuore della sentenza risiede nelle motivazioni con cui i giudici hanno giustificato l’esclusione della particolare tenuità del fatto. La Corte d’Appello aveva sottolineato come la rissa fosse scaturita da liti familiari e si fosse concretizzata in una “reciproca aggressione caratterizzata da particolare violenza”, al punto da causare lesioni e avvenire “in presenza dei nipoti più giovani”.

La Cassazione ha validato questo ragionamento, definendolo né illogico né contraddittorio. La valutazione richiesta dall’art. 131-bis c.p. è complessa e deve tenere conto di tutti gli indicatori previsti dall’art. 133 del codice penale, tra cui:

* Le modalità della condotta: la violenza reciproca e l’aggressività dimostrata sono state considerate di per sé gravi.
* Il grado della colpevolezza: agire in quel modo nonostante gli stretti rapporti di parentela è stato visto come un elemento che aggrava la condotta, non la attenua.
* L’entità del danno o del pericolo: le lesioni riportate e il turbamento creato, specialmente per la presenza di minori, hanno contribuito a delineare un quadro di offensività non minima.

La Corte ha specificato che, sebbene la valutazione debba essere complessiva, non è necessario che il giudice analizzi pedissequamente ogni singolo elemento, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti più rilevanti. In questo caso, la violenza dell’azione, non fermata nemmeno dai legami familiari, è stata considerata decisiva per escludere che il fatto potesse essere qualificato come “particolarmente tenue”.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: la non punibilità per particolare tenuità del fatto non è un automatismo, ma l’esito di una ponderata valutazione del caso concreto. La remissione di querela per un reato connesso (lesioni) non cancella la gravità di un altro reato (rissa). La violenza della condotta, il contesto in cui si svolge e le conseguenze prodotte, anche a livello psicologico su terzi presenti come i minori, sono fattori determinanti che il giudice deve considerare. Questa decisione serve da monito: i conflitti familiari, quando degenerano in violenza fisica, mantengono la loro rilevanza penale anche se le parti si riappacificano formalmente.

La remissione della querela per le lesioni garantisce l’applicazione della “particolare tenuità del fatto” per il reato di rissa connesso?
No. La Corte ha chiarito che i due aspetti sono distinti. La remissione estingue il reato di lesioni, ma la gravità della condotta della rissa va valutata autonomamente. La particolare violenza della rissa può escludere la tenuità del fatto, a prescindere dalla successiva pace tra le parti.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi erano manifestamente infondati. Gli imputati chiedevano una nuova valutazione dei fatti, cosa non permessa in sede di Cassazione. Inoltre, la Corte d’Appello aveva già motivato in modo logico e conforme alla legge il motivo per cui non riteneva applicabile la causa di non punibilità.

L’inammissibilità del ricorso ha impedito di dichiarare l’estinzione del processo per superamento dei termini?
Sì. Secondo la sentenza, l’inammissibilità del ricorso impedisce la costituzione di un valido rapporto processuale. Di conseguenza, il giudice non può esaminare e dichiarare eventuali cause di improcedibilità, come il superamento del termine massimo di durata del processo previsto dall’art. 344-bis c.p.p.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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