Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23689 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23689 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/06/2025
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a Palermo il 20/03/1977
avverso la sentenza del 22/10/2024 della Corte d’appello di Caltanissetta dato avviso alle parti; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso la sentenza in preambolo con la quale la Corte di appello di Caltanissetta ha confermato la sua condanna per il reato di cui all’art. 4, comma 2, l. n. 110 del 1975 e deduce tre motivi;
ritenuto il primo motivo – con il quale il ricorrente lamenta il mancato rilievo attribuito alle sue dichiarazioni in punto di destinazione dei coltelli all’uso «in campagna» – aspecifico e privo di adeguato confronto con la motivazione dei giudici di merito, costituendo mera riproposizione di doglianze contenute nell’atto di appello e che la Corte territoriale ha – con motivazione non manifestamente illogica – vagliato e superato, valorizzando che si tratta di coltelli a serramanico, di cui uno custodito sulla persona del ricorrente, soggetto peraltro gravato da precedenti specifici e per il reato di rissa;
ritenuto ugualmente non consentito il secondo motivo di ricorso – in punto di mancato riconoscimento della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131bis cod. pen. – siccome riproduttivo di analoga censura svolta in appello e, comunque, manifestamente infondato siccome prospettante enunciati interpretativi in palese contrasto con la giurisprudenza di questa Corte;
considerato, invero, che la Corte ha ancorato il diniego della causa di esclusione della punibilità alle due precedenti condanne per reati della stessa indole inferendone, con motivazione scevra da fratture razionali, un’abituale insofferenza dell’imputato al rispetto delle prescrizioni dell’Autorità e, dunque, per tale via affermando la natura tutt’altro che tenue dell’offesa;
ritenuto che tale motivazione Ł in linea con la granitica giurisprudenza di questa Corte secondo cui «Ai fini del presupposto ostativo alla configurabilità della causa di non punibilità prevista dall’art. 131bis cod. pen., il comportamento Ł abituale quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in esame. (In motivazione, la Corte ha chiarito che, ai fini della valutazione del presupposto indicato, il giudice può fare riferimento non solo alle condanne irrevocabili e agli illeciti sottoposti alla sua cognizione – nel caso in cui il procedimento riguardi distinti reati della stessa indole, anche se tenui – ma anche ai reati in
precedenza ritenuti non punibili ex art. 131bis cod. pen.)» (Sez. U., n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266591);
considerato che sfugge altresì a censura il ragionamento svolto dalla Corte territoriale per la determinazione del trattamento sanzionatorio a fronte della generica doglianza del ricorrente che oblitera il principio, secondo cui, in tema di determinazione della misura della pena, il giudice del merito esercita la discrezionalità che al riguardo la legge gli conferisce, attraverso l’enunciazione, anche sintetica, della eseguita valutazione di uno (o piø) dei criteri indicati nell’art. 133 cod. pen. (Cass. Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME, Rv. 271243; Cass. Sez. 3, n. 6877 del 26/10/2016, dep. 2017, S., Rv. 269196; Cass. Sez. 2, n. 12749 del 19/3/2008, COGNOME, Rv. 239754) e che una valutazione siffatta Ł insindacabile in sede di legittimità, purchØ – come nel caso che ci occupa – sia argomentata e non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Cass. Sez. 5, n. 5582 del 30/9/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142);
ritenuto dunque che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e che a detta declaratoria segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e – per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della cassa delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila;
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 05/06/2025 Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME