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Particolare tenuità del fatto: quando è esclusa?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per porto di coltelli. La Corte ha confermato che l’applicazione del beneficio della ‘particolare tenuità del fatto’ (art. 131-bis c.p.) è esclusa in presenza di un comportamento abituale, desumibile da almeno due precedenti illeciti della stessa indole, anche se non ancora irrevocabilmente accertati.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare Tenuità del Fatto: Quando i Precedenti Escludono il Beneficio

L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale, consentendo di non punire condotte che, pur costituendo reato, risultano di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e incontra limiti precisi, specialmente quando l’autore del reato non è un trasgressore occasionale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce con fermezza quando il comportamento abituale dell’imputato osta alla concessione di tale beneficio.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dalla condanna di un uomo, confermata in appello, per il reato di porto di oggetti atti ad offendere, specificamente dei coltelli a serramanico. L’imputato ha presentato ricorso per cassazione, basando la sua difesa su tre argomenti principali: la destinazione degli oggetti a un presunto “uso in campagna”, il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e una presunta erronea determinazione della pena.

La Decisione della Corte: l’Esclusione della Particolare Tenuità del Fatto

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo manifestamente infondati tutti i motivi proposti. Se da un lato la giustificazione dell’uso “in campagna” è stata considerata una mera riproposizione di argomenti già vagliati e logicamente respinti dai giudici di merito, è sul diniego dell’art. 131-bis c.p. che l’ordinanza offre i chiarimenti più significativi.

Il Comportamento Abituale come Ostacolo Decisivo

Il cuore della decisione risiede nella valutazione del comportamento dell’imputato. La Corte di Appello aveva negato la non punibilità basandosi sulla presenza di due precedenti condanne per reati della stessa indole. La Cassazione ha pienamente avallato questa impostazione, affermando che tali precedenti sono sufficienti a delineare un quadro di “abituale insofferenza dell’imputato al rispetto delle prescrizioni dell’Autorità”.

Questa abitualità, secondo la Corte, qualifica la natura dell’offesa come “tutt’altro che tenue” e costituisce un presupposto ostativo esplicito previsto dalla norma stessa. Viene richiamata la granitica giurisprudenza delle Sezioni Unite (sent. Tushaj, n. 13681/2016), secondo cui il comportamento è da considerarsi abituale quando l’autore ha commesso almeno due illeciti, oltre a quello in esame. È importante notare che, per questa valutazione, il giudice può considerare non solo le condanne irrevocabili, ma anche altri illeciti, anche se non ancora definitivi, che dimostrino una tendenza a delinquere.

La Discrezionalità nella Determinazione della Pena

Anche la censura relativa alla misura della pena è stata respinta. La Corte ha ricordato che la determinazione del trattamento sanzionatorio rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale deve motivare la sua scelta sulla base dei criteri dell’art. 133 c.p. In assenza di una motivazione illogica o arbitraria, tale valutazione non può essere messa in discussione in sede di legittimità.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su un’interpretazione rigorosa dei limiti posti all’applicazione della particolare tenuità del fatto. L’articolo 131-bis c.p. non è stato concepito per offrire impunità a chi viola ripetutamente la legge, anche se attraverso reati di modesta entità. Il presupposto del “comportamento abituale” agisce come un meccanismo di sbarramento per impedire che l’istituto venga snaturato e si trasformi in un incentivo alla piccola criminalità seriale. La Corte chiarisce che il numero di due illeciti precedenti (oltre a quello per cui si procede) non è un criterio discrezionale, ma un parametro oggettivo che, una volta accertato, impone al giudice di escludere il beneficio. La logica del legislatore e della giurisprudenza è quella di distinguere nettamente tra la condotta sporadica e marginale, meritevole di non punibilità, e la condotta che, seppur caratterizzata da singole offese lievi, nel suo complesso rivela una persistente e consapevole ostilità verso l’ordinamento giuridico.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale: la non punibilità per particolare tenuità del fatto non è accessibile a chi manifesta una propensione a commettere reati. La presenza di precedenti specifici, anche solo due, è un indicatore sufficiente a qualificare il comportamento come abituale, precludendo ogni valutazione sulla tenuità del singolo episodio. Per i cittadini e gli operatori del diritto, il messaggio è chiaro: la valutazione della condotta dell’imputato non si limita all’analisi del singolo fatto, ma si estende alla sua storia criminale complessiva per determinare se meriti o meno il trattamento di favore previsto dall’art. 131-bis c.p. La recidiva, anche su reati minori, chiude la porta a questo beneficio.

Quando è esclusa l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Secondo la sentenza, è esclusa quando il comportamento dell’autore è considerato ‘abituale’. Ciò si verifica quando l’imputato ha commesso almeno due illeciti della stessa indole, oltre a quello per cui si procede. Questo dimostra una tendenza a violare la legge che rende l’offesa non più ‘tenue’.

I precedenti penali sono sufficienti per dimostrare un ‘comportamento abituale’?
Sì, la Corte ha confermato che due precedenti condanne per reati della stessa indole sono sufficienti per inferire un’abituale insofferenza dell’imputato al rispetto delle norme. Questo integra il presupposto del ‘comportamento abituale’ che impedisce l’applicazione dell’art. 131-bis del codice penale.

La Corte di Cassazione può riesaminare le giustificazioni di fatto fornite dall’imputato?
No, se la motivazione dei giudici di merito (come la Corte d’Appello) non è manifestamente illogica, la Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti. Nel caso specifico, la giustificazione dell’uso ‘in campagna’ dei coltelli era già stata valutata e respinta in modo non illogico, rendendo la questione non criticabile in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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