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Particolare tenuità del fatto: quando è esclusa?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino straniero condannato per non aver rispettato un foglio di via obbligatorio. L’imputato sosteneva di non aver compreso l’ordine e invocava la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Corte ha respinto entrambe le tesi, sottolineando che il suo lungo soggiorno in Italia e i precedenti penali rendevano inverosimile la mancata comprensione e che la sua condotta complessiva era incompatibile con il beneficio della particolare tenuità del fatto.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare Tenuità del Fatto: Quando il Giudice Può Escluderla?

L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’art. 131-bis del codice penale, rappresenta uno strumento fondamentale per la deflazione del sistema giudiziario, escludendo la punibilità per reati di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i criteri che il giudice deve seguire per valutarne la concessione, sottolineando l’importanza di un’analisi complessiva della condotta dell’imputato.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un cittadino straniero, da oltre tre anni in Italia, condannato per non aver ottemperato a un foglio di via obbligatorio. L’uomo, già noto alle forze dell’ordine per precedenti di atti persecutori, aveva ricevuto il provvedimento che gli intimava di lasciare il territorio di un comune, ma non lo aveva rispettato. A seguito della condanna, proponeva ricorso in Cassazione.

I Motivi del Ricorso e la Tesi Difensiva

La difesa dell’imputato si basava su due argomentazioni principali:
1. La mancanza dell’elemento psicologico: Si sosteneva che l’imputato non avesse compreso la portata e le conseguenze del foglio di via, invalidando così la sua colpevolezza.
2. L’applicazione della particolare tenuità del fatto: In subordine, si richiedeva l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., sostenendo che il fatto, in sé, fosse di lieve entità.

## Le Motivazioni della Corte di Cassazione sulla particolare tenuità del fatto

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambe le argomentazioni con motivazioni precise.

Sul primo punto, i giudici hanno ritenuto del tutto infondata la tesi della mancata comprensione. L’imputato era in Italia da un tempo sufficiente per avere un adeguato livello di integrazione, possedeva una carta d’identità e aveva già avuto a che fare con la giustizia. Questi elementi, secondo la Corte, dimostravano la sua piena capacità di comprendere la natura e gli obblighi derivanti dal provvedimento. Inoltre, essendo il reato di natura contravvenzionale, per la sua sussistenza è sufficiente un atteggiamento meramente colposo.

Il nucleo centrale della decisione riguarda però il secondo motivo, relativo alla particolare tenuità del fatto. La Corte ha ribadito che la valutazione per la concessione di tale beneficio non può essere astratta, ma deve fondarsi su un’analisi concreta e complessiva della fattispecie. Il giudice di merito deve considerare tutti gli indici previsti dall’art. 133 del codice penale, tra cui:
* Le modalità della condotta
* Il grado di colpevolezza
* L’entità del danno o del pericolo

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente escluso il beneficio, indicando ragioni ostative connesse all’assenza di elementi sintomatici della particolare tenuità. La Cassazione ha confermato questa linea, specificando che l’onere motivazionale del giudice può ritenersi soddisfatto anche quando la descrizione della condotta sia, di per sé, implicitamente incompatibile con un giudizio di particolare tenuità.

Anche la giovane età dell’imputato, invocata dalla difesa, è stata ritenuta insufficiente a giustificare una mitigazione del trattamento sanzionatorio, dato il contesto generale.

## Le Conclusioni

L’ordinanza conferma un principio consolidato: la particolare tenuità del fatto non è un diritto automatico, ma l’esito di una valutazione discrezionale e approfondita del giudice. Non basta che il reato contestato rientri nei limiti di pena previsti dalla norma; è necessario che l’intera vicenda, analizzata alla luce dei parametri di cui all’art. 133 c.p., risulti effettivamente minima nel suo disvalore. La condotta pregressa dell’imputato e le circostanze specifiche del reato possono quindi precludere l’accesso al beneficio, anche in assenza di una motivazione esplicita e dedicata, qualora la gravità del comportamento emerga chiaramente dalla ricostruzione dei fatti. La decisione finale è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Quando può essere esclusa l’applicazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto?
L’applicazione può essere esclusa quando la valutazione complessiva della fattispecie concreta, basata sui criteri dell’art. 133 c.p. (modalità della condotta, grado di colpevolezza, entità del danno o del pericolo), dimostra che il fatto non è di minima offensività, anche a prescindere dai soli limiti di pena del reato.

È necessario che il giudice motivi in modo specifico ed esplicito il diniego della particolare tenuità del fatto?
No, non sempre. Secondo la Corte, l’onere motivazionale è soddisfatto anche quando il giudice, pur senza dedicare considerazioni specifiche alla questione, qualifica la condotta dell’agente in termini tali da escludere implicitamente che il fatto possa essere ritenuto particolarmente tenue.

La mancata comprensione di un provvedimento ufficiale può giustificare la sua violazione?
Generalmente no, soprattutto se l’individuo è integrato nel contesto sociale e territoriale. Nel caso di specie, essendo il soggetto in Italia da oltre tre anni e avendo commesso altri reati, la Corte ha ritenuto inverosimile la sua incapacità di comprendere un foglio di via obbligatorio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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