Particolare Tenuità del Fatto: La Cassazione Nega il Beneficio in Caso di Condotta Abituale
L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale, consentendo di escludere la punibilità per reati di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione è subordinata a precise condizioni, tra cui la non abitualità della condotta. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto un’importante precisazione su questo punto, negando il beneficio a un imputato a causa dei suoi precedenti specifici.
I Fatti del Caso
Il caso in esame riguarda un individuo condannato in Corte d’Appello per il reato di ricettazione. A seguito di un precedente annullamento con rinvio da parte della stessa Corte di Cassazione, la Corte territoriale aveva inflitto una pena di sei mesi di reclusione e duecento euro di multa. L’imputato ha presentato un nuovo ricorso, lamentando il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
La Tesi Difensiva
La difesa sosteneva che il reato contestato fosse di modesta entità e che, pertanto, dovesse rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 131-bis c.p. Questo istituto, infatti, mira a evitare la sanzione penale per fatti che, pur costituendo reato, non raggiungono una soglia di gravità tale da giustificare una risposta punitiva dello Stato.
La Decisione della Corte di Cassazione e il diniego per la particolare tenuità del fatto
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo la motivazione della Corte d’Appello corretta e non illogica. Sebbene i giudici di merito avessero riconosciuto l’esiguità del fatto di reato, hanno escluso la possibilità di applicare il beneficio a causa della mancanza di un requisito fondamentale: la non abitualità del comportamento.
Le Motivazioni: Perché la Condotta Abituale Esclude il Beneficio?
Il cuore della decisione risiede nell’analisi della storia criminale dell’imputato. La Corte ha evidenziato come l’individuo fosse già stato condannato in due occasioni per reati della stessa indole, ovvero furti. Inoltre, era in corso un ulteriore procedimento per furto nel quale l’imputato aveva ottenuto la messa alla prova.
La Corte ha richiamato un principio consolidato, affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 13681 del 2016 (caso Tushaj), secondo cui l’abitualità si concretizza in presenza di una pluralità di illeciti della stessa indole (almeno due), diversi da quello per cui si procede. In pratica, il terzo illecito della medesima natura fa scattare quella “serialità” che osta all’applicazione dell’istituto. Di conseguenza, anche se il singolo episodio di ricettazione poteva essere considerato di lieve entità, la ripetizione di condotte criminose dello stesso tipo ha delineato un profilo di abitualità incompatibile con la concessione del beneficio.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la valutazione per l’applicazione della particolare tenuità del fatto non si esaurisce nell’analisi del singolo episodio criminoso. È necessario un giudizio complessivo sulla condotta dell’autore. La presenza di precedenti penali specifici, anche se risalenti nel tempo, assume un peso determinante e può precludere l’accesso a questa causa di non punibilità. Per i professionisti legali e per i cittadini, emerge chiaramente che la “non occasionalità” del comportamento è un filtro rigoroso che la giurisprudenza applica con coerenza per distinguere l’illecito isolato e di minima gravità da una più radicata tendenza a delinquere.
Quando un comportamento viene considerato ‘abituale’ ai fini dell’esclusione della particolare tenuità del fatto?
Secondo la sentenza, che si allinea a un precedente delle Sezioni Unite, l’abitualità si concretizza legalmente in presenza di una pluralità di illeciti della stessa indole (almeno due) diversi da quello oggetto del procedimento. Il terzo illecito dà quindi luogo a una ‘serialità’ che impedisce l’applicazione del beneficio.
La sola esiguità del fatto di reato è sufficiente per ottenere l’applicazione dell’art. 131-bis c.p.?
No. L’ordinanza chiarisce che, anche se il fatto di reato è di per sé esiguo, l’applicazione del beneficio è esclusa se manca il presupposto della non abitualità della condotta, dimostrata in questo caso da precedenti condanne per reati della stessa indole.
Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione nel caso specifico?
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7573 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7573 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TORINO il 10/05/1968
avverso la sentenza del 04/07/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; dato avviso alle parti; esaminati i motivi del ricorso di COGNOME NOMECOGNOME
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che il ricorso – con il quale si eccepisce violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla sentenza di appello che, a seguito di annullamento con rinvio disposto da questa Corte, ha condannato COGNOME alla pena di mesi sei di reclusione ed euro duecento di multa per il reato di ricettazione deve essere dichiarato inammissibile in quanto il motivo dedotto, relativo al mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto, risulta manifestamente infondato.
Rilevato che la sentenza impugnata, pur riconoscendo l’esiguità del fatto di reato, ha escluso la sussistenza del presupposto della non abitualità della condotta, espressamente richiesto dall’art. 131 bis cod. pen., in quanto l’imputato è stato condannato già due volte per reati della medesima indole di quello qui giudicato (furti, seppur risalenti nel tempo), rilevando altresì che sempre per la fattispecie di furto è in corso un ulteriore procedimento per il quale COGNOME ha ottenuto la messa alla prova, della quale non è noto l’esito;
Rilevato che si tratta di motivazione non illogica e che non contrasta con quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, in base al quale il tenore letterale della disposizione “lascia intendere che l’abitualità si concretizza in presenza di una pluralità di illeciti della stessa indole (dunque almeno due) diversi da quello oggetto del procedimento nel quale si pone la questione dell’applicabilità dell’art. 131-bis. In breve, il terzo illecito della medesima indole dà legalmente luogo alla serialità che osta all’applicazione dell’istituto” (sent. n. 13681 de 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266591 – 01);
Ritenuto dunque che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma giudicata congrua – di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20/01/2025