Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5781 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5781 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a RIMINI il 29/06/1988
avverso la sentenza del 08/05/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo violazione di legge in ordine al mancato riconoscimento della causa di esclusione della punibilità ai sensi dell’art. 131 bis cod. pen.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
Il motivo in questione non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché è riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non è scandito da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata ed è privo della puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il ricorso e d correlati congrui riferimenti alla motivazione dell’atto impugnato (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione). Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della Corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto e pertanto immune da vizi di legittimità.
Ed invero, costituisce ius receptum che, per la configurabilità della causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131 bis, cod. pen., il giudizio sulla nuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, comma 1, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590). E che, a tal fine, non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, ma è sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Se 6, n. 55107 del 08/11/2018, Milone, Rv. 274647), dovendo comunque il giudice motivare sulle forme di estrinsecazione del comportamento incriminato, per valutarne la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e, conseguentemente, il bisogno di pena, non potendo far ricorso a mere clausole di stile (Sez. 6, n. 18180 del 20/12/2018, Venezia, Rv. 275940).
Trattandosi, quindi, di una valutazione da compiersi sulla base dei criteri di cui all’art. 133, cod. pen., essa rientra nei poteri discrezionali del giudice di merit e, di conseguenza, non può essere sindacata dalla Corte di legittimità, se non nei limiti della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione postavi a sostegno.
Ebbene, la decisione impugnata ha fatto corretta applicazione di quei princìpi e la relativa motivazione non presenta evidenti discrasie di ordine logico.
La Corte territoriale, infatti, ha reputato decisive, ai fini della valutazione d grado di offensività della condotta: a) le modalità della stessa, ed in particolare l’invasione nella opposta corsia di marcia; b) l’entità delle lesioni cagionate alla persona offesa, guarite in oltre sei mesi e con conseguenze permanenti e tali da impedire alla p.o. di esercitare arti marziali (disciplina di cui era stato anche campion europeo); c) gravità dei danni cagionati al veicolo della persona offesa ben risultanti dalle fotografie in atti e che hanno poi portato alla demolizione del mezzo (pag. 6 della sentenza impugnata). Già il giudice di primo grado peraltro aveva evidenziato come, in termini concreti, nel caso in esame fosse da escludersi che per il grado di colpa e la gravità del danno causato alle cose e alle persone il fatto fosse connotato da quella tenuità che è presupposto imprescindibile per la causa di non punibilità di cui all’articolo 131 bis cod. pen.
Si tratta di circostanze indiscutibilmente significative che rientrano tra i parametri espressamente considerati dall’art. 133 cod. pen.
Né può porsi in questa sede la questione di un’eventuale declaratoria della prescrizione maturata dopo la sentenza d’appello, in considerazione della manifesta infondatezza del ricorso.
La giurisprudenza di questa Corte Suprema ha, infatti, più volte ribadito che l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen (così Sez. Un. n. 32 del 22/11/2000, COGNOME, Rv. 217266 relativamente ad un caso in cui la prescrizione del reato era maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso; conformi, Sez. Un., n. 23428 del 2/3/2005, COGNOME, Rv. 231164, e Sez. Un. n. 19601 del 28/2/2008, COGNOME, Rv. 239400; in ultimo Sez. 2, n. 28848 del 8/5/2013, COGNOME, Rv. 256463).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle mende.
Così deciso il 22/01/2025