Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 18837 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 18837 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 15/11/1982 a CINQUEFRONDI avverso la sentenza in data 10/09/2024 della CORTE DI APPELLO DI REGGIO CALABRIA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l ‘inammissibilità del ricorso;
a seguito di trattazione con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23 co. 8 d.l. N.137/2020 e successivo art. 8 d.l. 198/2022.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME per il tramite del proprio procuratore speciale, impugna la sentenza in data 10/09/2024 della Corte di appello di Reggio Calabria, che ha confermato la sentenza in data 02/07/2019 del Tribunale di Palmi, che lo aveva condannato per i reati di cui agli artt. 474 e 648 cod. pen.
Deduce:
1.1. ‘ Difetto di motivazione della sentenza gravata. Violazione ed omessa applicazione dell’art. 131 -bis cod. pen.’.
Il ricorrente sostiene che i fatti per cui è stato giudicato e condannato sono di particolare tenuità.
Osserva che, in sede di discussione, aveva chiesto alla Corte di appello di riconoscere la particolare tenuità del fatto e l’applicazione dell’art. 131 -bis cod. pen., ma nella sentenza impugnata non era stata data alcuna risposta a tale richiesta, così configurandosi il vizio di omessa motivazione.
Evidenzia la presenza di tutti i requisiti negativi e positivi richiesti dalla legge per il riconoscimento della causa di esclusione della punibilità, così come disciplinata dall’art. 131 -bis cod. pen.
1.2. ‘Inosservanza ed errata applicazione del principio valutativo di cui all ‘art. 533 c.p.p. relativo alla condanna dell’imputato al di là di ogni ragionevole dubbio. Manifesta illogicità della sentenza di secondo grado oggetto di ricorso di legittimità. Nullità’.
In questo caso si assume che la Corte di appello non ha effettuato i necessari approfondimenti in ordine all’autenticità del toner esaminato da NOME COGNOME nonostante i molteplici elementi di segno contrario dedotti dalla difesa. Aggiunge che non si ha «la prova specifica e inequivocabile se la Carri abbia consegnato alla RAGIONE_SOCIALE l’identico bene acquistato on line, ovvero un bene identico per tipo ma differente per gli elementi identificativi», visto che la Carri avrebbe potuto provvedere alla sua sostituzione con altro prodotto identico per tipo, ma contraffatto.
Si denuncia, quindi, la manifesta illogicità della motivazione a tale riguardo, atteso che la Corte di appello non ha valorizzato il dubbio valutativo, con conseguente violazione del principio del ragionevole dubbio.
1.3. ‘Manifesta illogicità della decisione di secondo grado impugnata in relazione al toner HP mod. CB 436 A. Violazione del principio di cui all’art. 533 c.p.p. Nullit à’.
Si denuncia l ‘incompletezza dell’ accertamento del l’autenticità del toner , atteso che la Guardia di Finanza si è limitata a verificare la mancanza dell’ologramma all’esterno dell’involucro in plastica, ma non anche al l’interno del toner , dove le aziende appongono altro ologramma a garanzia dell’autenticità del prodotto.
Osserva come l’ologramma esterno potrebbe essersi staccato. Si duole del mancato approfondimento su tale possibile evenienza. Denuncia, altresì, la manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui la Corte di appello ha ritenuto la sussistenza dell’elemento psicologico sol perché il ricorrente «è stato impossibilitato, in ragione del volume di affari della propria azienda, a fornire prova fiscale dell’acquisto del toner sopra indicato». Aggiunge che non è stato fatto alcun approfondimento circa la messa in vendita del toner attraverso i canali utilizzati dall’azienda del ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato limitatamente all’art. 131 -bis cod. pen., inammissibile nel resto.
Vanno anzitutto esaminati i motivi esposti in punto di responsabilità, che precedono in via logica quello relativo alla riconoscibilità della causa di esclusione della punibilità ai sensi dell’art. 131 -bis cod. pen.
2.1. Con il secondo e il terzo motivo dei motivi d’impugnazione , il ricorrente si duole della violazione del principio dell’oltre ragionevole dubbio e del vizio di motivazione per il mancato approfondimento sulla sussistenza del dolo e sulla verifica dell’effettiva falsificazione del toner . A tale ultimo proposito osserva che il toner è stato visionato soltanto all’esterno, riscontrandosi la mancanza dell’ologramma attestante la sua autenticità, il quale potrebbe essere caduto. Secondo il ricorrente occorreva verificare l’esistenza di altro ol ogramma normalmente apposto anche all’interno del toner . Aggiunge che non è certo che il toner acquistato dalla Carri fosse quello effettivamente consegnato alla Floresti.
Entrambi i motivi sono inammissibili, perché si risolvono in una ricostruzione dei fatti e in una valutazione delle emergenze processuali alternative a quelle ritenute dai giudici della doppia sentenza conforme.
2.2. L ‘odierno procedimento nasce dalla denuncia sporta da NOME COGNOME titolare di un’agenzia d’investigazione, esperta in contraffazioni e incaricata dalla HP alla tutela del suo marchio.
I giudici della doppia sentenza conforme hanno osservato che la professionista specificava che, nell’indicata qualità, seguiva periodicamente dei corsi aventi a oggetto l’identificazione del marchio HP , così da conseguire un brevetto correlato a tale attività; che, in data 06/09/2016, tale NOME COGNOME aveva sottoposto al suo esame un toner acquistato on line dalla RAGIONE_SOCIALE; che tale toner risultava falso, pur se posto in vendita e venduto come originale.
In seguito alla denuncia di NOME COGNOME veniva effettuata una perquisizione presso la sede della RAGIONE_SOCIALE, nel corso della quale la stessa COGNOME era stata nominata esperta, quale ausiliario di polizia giudiziaria. In quell’occasione si rinveniva nei locali della RAGIONE_SOCIALE un toner con marchio HP, contenuto nel suo involucro.
La COGNOME, sentita come teste in dibattimento, dichiarava che tale toner mancava dell’ologramma esterno e la confezione in cui era contenuto non corrispondeva a quella originale, specificando che la contraffazione emergeva anche da ulteriori particolari.
Il titolare della RAGIONE_SOCIALE, l’odierno rico rrente, non ha spiegato in quale maniera fosse venuto in possesso del toner , non esibendo neanche la fattura del suo acquisto.
2.3. Sulla base di tali emergenze i giudici hanno evidenziato come sia le condizioni oggettive del toner, sia la testimonianza qualificata della Floresti avessero consentito di accertare la falsità del toner messo in vendita e, con essa, la sua provenienza illecita.
Sotto il profilo dell’elemento p sicologico, i giudici hanno evidenziato come la mancata giustificazione delle modalità di acquisto del bene forniva la prova dell’elemento psicologico, in ciò correttamente richiamando l’assolutamente consolidato orientamento di questa Corte, a mente del quale «ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta da qualsiasi elemento, anche indiretto, e quindi anche dall’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta da parte del soggetto agente» senza che ciò costituisca una deroga ai principi in tema di onere della prova, e nemmeno un ” vulnus ” alle guarentigie difensive, in quanto è la stessa struttura della fattispecie incriminatrice che richiede, ai fini dell’indagine sulla consapevolezza circa la provenienza illecita della ” res “, il necessario accertamento sulle modalità acquisitive della stessa (cfr., Sez. 2, n. 20193 del 19/04/2017, P.G., Rv. 270120 -01; Sez. 2, n. 53017 del 22/11/2016, COGNOME Rv. 268713 -01).
In presenza degli elementi costituitivi dei reati, i giudici hanno ritenuto la sussistenza dei delitti di cui agli artt. 474 e 648 cod. pen., così come contestati all’imputato .
2.4. A fronte della prova sia dell’elemento materiale del reato, sia dell’elemento soggettivo, così come individuati dai giudici della doppia sentenza conforme, il ricorrente oppone argomenti meramente congetturali (non è certo che la RAGIONE_SOCIALE abbia consegnato alla RAGIONE_SOCIALE il bene da lei effettivamente acquistato on line ; non è stato verificato se il volume di affari impedisse a Vomera il controllo sul bene; il volume di affari della RAGIONE_SOCIALE poteva aver reso difficile l’individuazione dei documenti fiscali; i documenti fiscali potevano essere stati smarriti, in quanto Vomera non aveva dipendenti; era possibile che l’ologramma fosse caduto e poteva esserci l’ologramma interno; et cetera ).
Tali elementi, dovevano essere dimostrati dallo stesso odierno ricorrente, peraltro, attesa la loro portata liberatoria.
Va rammentato, infatti, che «nell’ordinamento processuale penale, a fronte dell’onere probatorio assolto dalla pubblica accusa, anche sulla base di presunzioni o massime di esperienza, spetta all’imputato allegare il contrario sulla base di concreti ed oggettivi elementi fattuali, poiché è l’imputato che, in considerazione del principio della c.d. “vicinanza della prova”, può acquisire o quanto meno fornire, tramite l’allegazione, tutti gli elementi per provare il fondamento della tesi difensiva» (Sez. 2, n. 6734 del 30/01/2020, Bruzzese, Rv. 278373 -01).
Tale -dirimenterilievo conduce anche all’inammissibilità della denuncia di violazione del principio del ragionevole dubbio, sotteso a tutte le argomentazioni esposte con il secondo e il terzo motivo d’impug nazione che, invero, si risolvono in mere -astratte- prospettazioni alternative alla ricostruzione operata dai giudici, in aderenza alle emergenze istruttorie.
Va ribadito, infatti, che «in sede di legittimità, perché sia ravvisabile la manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., è necessario che la ricostruzione dei fatti prospettata dall’imputato che intenda far valere l’esistenza di un ragionevole dubbio sulla sua colpevolezza, contrastante con il procedimento argomentativo seguito dal giudice, sia inconfutabile e non rappresentativa soltanto di una ipotesi alternativa a quella ritenuta nella sentenza impugnata, dovendo il dubbio sulla corretta ricostruzione del fatto-reato nei suoi elementi oggettivo e soggettivo fare riferimento ad elementi sostenibili, cioè desunti dai dati acquisiti al processo, e non meramente ipotetici o congetturali seppure plausibili» (Sez. 2, n. 3817 del 09/10/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278237 -01).
2.5. Da quanto esposto, per come anticipato, discende l’inammissibilità dei motivi esposti in punto di affermazione della responsabilità.
Il ricorso, invece, è fondato in relazione all’art. 131 -bis cod. pen.
Il ricorrente si duole dell’omessa motivazione sulla richiesta di riconoscimento della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, avanzata in sede di conclusioni senza ricevere risposta dalla Corte di appello.
3.1. In effetti, nel verbale dell’udienza del 10/09/2024, risulta annotato dal Cancelliere che l’Avvocato COGNOME nell’interesse dell’imputato, concludeva riportandosi ai motivi di appello e chiedendo , in via subordinata, l’esclusione della punibilità ai sensi dell’art. 131 -bis cod. pen.
Va, dunque, rilevato che di tale richiesta non si ha traccia nella sentenza impugnata che, sul punto, è rimasta silente.
3.2. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che l’istituto della esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all’art. 131bis cod. pen., ha natura sostanziale, sicché il giudice è tenuto a valutarne anche d’ufficio la sussistenza al fine di dichiarare la relativa causa di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, COGNOME, non mass. sul punto; conf., Sez. U, n. 13682 del 25/02/2016, COGNOME, non mass. sul punto).
Sulla base di tale premessa, è stato osservato che «la soluzione ermeneutica offerta dalle Sezioni Unite costituisce un significativo punto di riferimento in una situazione processuale, qual è quella oggi in esame, nella quale con il ricorso l’interessato si è doluto della mancata pronuncia da parte del giudice di secondo grado della questione che in quella sede era stata espressamente prospettata.
L’applicabilità dell’art. 129 cod. proc. pen. anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, rende irrilevante che la sua operatività non fosse stata sollecitata con uno specifico motivo di appello e fosse stata richiesta, invece, dalla difesa dell’imputato solamente nel corso della discussione finale durante il giudizio di secondo grado: se sul giudice di merito grava, anche in difetto di una specifica richiesta, l’obbligo d’ufficio di pronunciare la considerata causa di esclusione della punibilità, un obbligo di esaminare la relativa questione deve ritenersi sussistente, a maggior ragione, allorquando sia stata avanzata una specifica richiesta da parte del difensore, sia pure per la prima volta con le conclusioni del giudizio di appello» (così, Sez. 6, n. 2175 del 25/11/2020, dep. 2021, COGNOME, in motivazione).
Così riconosciuto a carico della C orte di appello l’obbligo di esaminare la richiesta avanzata dall’imputato, è stato ulteriormente precisato che «in tema di ricorso per cassazione, è deducibile il difetto di motivazione della sentenza d’appello che non abbia rilevato ex officio , alla stregua di quanto previsto dall’art. 129 cod. proc. pen, la sussistenza della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, a condizione che siano indicati i presupposti legittimanti la pretesa applicazione di tale causa proscioglitiva, da cui possa evincersi la decisiva rilevanza della dedotta lacuna motivazionale» (Sez. 6, n. 5922 del 19/01/2023, Camerano, Rv. 284160 -01).
3.3. Così enucleate le condizioni che rendono ammissibile la denuncia del vizio di omessa motivazione in ordine alla sussistenza della causa di esclusione della punibilità ex art. 131bis cod. pen., va rilevato come esse siano presenti nel caso in esame, atteso che il ricorrente ha avanzato, sia pure in sede discussione, la richiesta di riconoscimento della causa di esclusione della punibilità del fatto.
Nel denunciare il vizio in esame, inoltre, ha indicato una serie di elementi astrattamente valutabili ai fini della configurazione dell’istituto di cui all’art. 131 -bis cod. pen. (modesto valore economico dei beni, assenza di precedenti penali, occasionalità della condotta, inconsistenza del danno economico prodotto), così che il motivo risulta dotato del connotato di specificità necessario alla sua deducibilità con ricorso per cassazione.
Va, dunque, rilevata la fondatezza del motivo, dovendosi rilevare che la Corte di appello è incorsa nel vizio di omessa motivazione, non avendo dato risposta alla richiesta di riconoscere la causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131 -bis cod. pen.
Da ciò discende che la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente a tale punto, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria, cui si demanda il compito di dare risposta alla richiesta avanzata dalla difesa ai sensi dell’art. 131 -bis cod. pen.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’art. 131bis cod. pen. con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso il 15/04/2025