Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 43095 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 43095 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a POLICORO il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 20/10/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria a firma del Sostituto Procuratore Generale COGNOME, che ha chiesto di annullare con rinvio la sentenza impugnata, limitatamente alla valutazione relativa all’applicabilità della causa di non punibilità di cui all’art.131- bis. cod. pen., rigettando nel resto il ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La sentenza impugnata è stata pronunziata il 20 ottobre 2023 dalla Corte di appello di Bologna, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Rimini, che
aveva condannato COGNOME NOME alla pena di un anno di reclusione, per il reato di cui all’art. 496 cod. pen.
Contro la sentenza della Corte di appello, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore di fiducia.
2.1. Con un primo motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale.
Sostiene che la motivazione della sentenza impugnata sarebbe solo apparente, «in rapporto all’atto di appello». La Corte territoriale si sarebbe limitata a condividere la sentenza di primo grado, senza motivare adeguatamente «in ordine a ciascuna delle ragioni di impugnazione».
2.2. Con un secondo motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 62-bis e 133 cod. pen.
Contesta il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, sostenendo che la motivazione resa sul punto dei giudici di merito sarebbe illogica. Lamenta, in particolare, la mancata valutazione da parte della Corte di appello della circostanza che l’imputato, subito dopo il fatto, aveva confessato di aver dichiarato il falso.
2.3. Con un terzo motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione all’art. 131-bis cod. pen.
Sostiene che la Corte d’appello non avrebbe risposto allo specifico motivo di impugnazione con il quale la difesa aveva chiesto il riconoscimento della particolare tenuità del fatto. L’art. 131-bis cod. pen., secondo il ricorrente, dovrebbe essere sicuramente applicato, atteso che l’imputato è incensurato e che la sua immediata confessione avrebbe evitato il realizzarsi di qualsiasi effettivo danno.
Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di annullare con rinvio la sentenza impugnata, limitatamente alla valutazione relativa all’applicabilità della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis. cod. pen. rigettando nel resto il ricorso.
Il ricorso deve essere parzialmente accolto, essendo fondato il terzo motivo.
4.1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
Il ricorrente, infatti, con tale motivo, si limita genericamente a censurare la sentenza impugnata, sostenendo che la Corte territoriale si sarebbe limitata a condividere le argomentazioni del giudice di primo grado, senza, tuttavia, indicare quali sarebbero le questioni poste con l’atto di impugnazione che non sarebbero state valutate dal giudice di secondo grado. Tale carenza si risolve in un vuoto di specificità del motivo, che ne determina l’inammissibilità.
Al riguardo, deve essere ribadito che «è inammissibile il ricorso per cassazione con il quale si deduca l’illegittimità» del provvedimento di secondo grado «perché motivato “per relationem” alla decisione di primo grado, senza indicare i punti dell’atto di appello non valutati dalla decisione impugnata» (Sez. 3, n. 37352 del 12/03/2019, Marano, Rv. 277161; Sez. 5, n. 40369 del 14/09/2022, COGNOME, n.m.).
4.2. Il secondo motivo è infondato.
I giudici di merito, infatti, hanno rilevato che non erano emersi elementi che giustificassero il riconoscimento delle attenuanti generiche.
Al riguardo, deve essere ribadito che «il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62-bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato» (Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489).
Con particolare riferimento alla circostanza che l’imputato, dopo aver commesso il reato, aveva poi ammesso di aver dichiarato il falso, la Corte di appello ha ritenuto che essa non costituisse un effettivo segno di resipiscenza, in quanto il COGNOME aveva ammesso il fatto solo dopo che gli agenti di polizia giudiziaria avevano iniziato a effettuare approfonditi accertamenti sulle dichiarazioni da lui rese.
4.3. Il terzo motivo è fondato.
La Corte di appello, invero, ha completamente omesso di rispondere al motivo con il quale la difesa aveva chiesto di riconoscere la particolare tenuità del fatto.
La sentenza, pertanto, limitatamente alla richiesta ex art. 131-bis cod. pen., deve essere annullata con rinvio per un nuovo giudizio, atteso che la decisione in ordine alla particolare tenuità del fatto commesso dal COGNOME implica delle valutazioni di merito.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla richiesta ex art. 131-bis cod. pen., con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Bologna. Rigetta nel resto.
Così deciso, il 16 ottobre 2024.