Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 6308 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 6308 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da nel procedimento nei confronti di
Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Brescia NOME, nata ad Acquaviva delle Fonti il 2/3/1961 avverso la sentenza del 15/05/2024 del Tribunale di Bergamo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 13 maggio 2024, pronunciata ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., il Tribunale di Bergamo ha assolto NOME COGNOME dal reato di cui all’art. 7, primo comma, I. n. 4 del 2019 (ascrittole perché, all’atto della compilazione della domanda al fine dell’ottenimento del beneficio del reddito di cittadinanza non possedeva il requisito della residenza in Italia per almeno dieci anni, di cui gli ultimi due in modo continuativo, così ottenendo indebitamente il relativo beneficio dal mese di maggio 2019 al mese di febbraio 2020, per un importo di euro 6.335,92; fatto commesso il 6 aprile 2019, data di presentazione della domanda di riconoscimento del beneficio), in considerazione della particolare tenuità del fatto, come sollecitato dal Pubblico ministero, sottolineando la difficoltà dell’imputata a comprendere appieno la disciplina applicabile ai fini dell’ottenimento del beneficio richiesto e la sua incensuratezza.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Brescia, affidato a un unico motivo, mediante il quale ha lamentato, a norma dell’art. 606, primo comma, lett. b), cod. proc. pen., l’inosservanza degli artt. 129, 469 e 529 cod. proc. pen. e anche dell’art. 131-bis cod. pen.
Ha lamentato, anzitutto, l’adozione della decisione senza la fissazione di alcuna udienza (si richiama sul punto la sentenza n. 12283 del 2005 delle Sezioni Unite), e, nel merito, l’errata applicazione della causa di non punibilità di cui all’ar 131-bis cod. pen., evidenziando che l’imputata non aveva mai reso dichiarazioni tese a giustificare la propria condotta, né nel corso delle indagini preliminari né in giudizio, non essendo stata fissata alcuna udienza, con il conseguente carattere congetturale della affermazione posta dal Tribunale a fondamento del proscioglimento in ordine alla difficoltà della imputata a comprendere la disciplina sul reddito di cittadinanza, sottolineando anche l’ingente importo dalla stessa percepito, tale da escludere la particolare tenuità del fatto e, dunque, l’applicabilità della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen.
Ha quindi concluso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata e l’adozione dei provvedimenti conseguenziali.
Il Procuratore Generale ha concluso sollecitando l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e l’adozione dei provvedimenti conseguenziali, sottolineando la fondatezza del rilievo circa la violazione degli artt. 129, 469 e 529 cod. proc. pen. conseguente all’adozione della decisione di proscioglimento impugnata in assenza di contraddittorio, richiamando anch’egli la sentenza n. 12283 del 2005 delle Sezioni Unite.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. Le Sezioni Unite, nella sentenza COGNOME (Sez. U, n. 20569 del 18/01/2018, COGNOME, Rv. 272715 – 01), nell’affermare che non è abnorme, e quindi non è ricorribile per cassazione, il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari, investito della richiesta di emissione di decreto penale di condanna, restituisca gli atti al pubblico ministero perché valuti la possibilità di chieder l’archiviazione del procedimento per particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., nella motivazione hanno ricordato che l’istituto «pretende per la sua applicazione la previa instaurazione del contraddittorio tra l’accusa, la difesa e persino la persona offesa, se esistente, perché implica l’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità e della riferibilità all’imputato; e comporta peraltro effetti non integralmente liberatori per l’imputato e la necessità di assicurare tale garanzia viene riconosciuta anche nella fase dell’archiviazione del procedimento dall’art. 411, comma 1-bis, cod. proc. pen. Pertanto, è corretto ritenere che sia preclusa al giudice, richiesto di emettere decreto penale di condanna, la possibilità di prosciogliere l’imputato ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. a ragione della minima offensività del comportamento illecito per l’ostacolo procedurale rappresentato dalla connotazione del rito monitorio, che, per perseguire finalità deflattive e di accelerazione nella trattazione del processo, viene attivato dall’accusa in assenza di qualunque tipo di confronto preventivo con l’imputato e la sua difesa».
La sentenza di assoluzione per essere il fatto non punibile per particolare tenuità dell’offesa presuppone un accertamento in positivo della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e della sua riconducibilità all’imputato e rispetto tali elementi, una volta divenuta irrevocabile, ha efficacia di giudicato. Tale sentenza non ha effetti liberatori per l’imputato, in quanto viene iscritta nel casellario giudiziale ai sensi dell’art. 3 d.P.R. 14 novembre 2002 n. 313 e può ostare alla futura applicazione della medesima causa di non punibilità (Sez. 3, n. 18891 del 22/11/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272877 – 01; Sez. 4, n. 25539 del 18/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 270090 – 01; Sez. 2, n. 12305 del 15/03/2016, COGNOME, Rv. 266493 – 01; si veda altresì Sez. 3, n. 35277 del 25/02/2016, COGNOME, Rv. 267740 – 01).
Va, dunque, ricordato che a proposito della adozione de plano di una decisione di non doversi procedere per la ritenuta sussistenza di una causa di non punibilità, le Sezioni Unite hanno chiarito, in termini generali e sin dalla sentenza COGNOME (Sez. U, n. 12283 del 25/01/2005, COGNOME, Rv. 230530 – 01, ma si veda già, in precedenza, Sez. U, n. 3027 del 19/12/2001, dep. 2002, COGNOME, Rv. 220555 –
n 01), che la relativa sentenza non è abnorme, ma viziata da nullità di ordine generale ai sensi dell’art. 178, lett. b) e c), cod. proc. pen., in quanto incide negativamente sulla partecipazione al procedimento del Pubblico ministero, al quale viene precluso l’esercizio delle facoltà tese eventualmente a meglio definire e suffragare l’accusa, e anche perché determina una violazione del diritto di difesa dell’imputato, al quale viene interdetto l’esercizio di facoltà esperibili sol nell’ambito dell’udienza preliminare
Ne consegue che deve ritenersi nulla anche la sentenza di assoluzione per la particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen. qualora, come nel caso in esame, essa sia stata emessa in assenza di contraddittorio, senza dare avviso alle parti (in tal senso, Sez. 4, n. 43740 del 07/11/2024, COGNOME, Rv. 287126 – 01, e Sez. 1, n. 15272 del 21/12/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269465 – 01), per la sua incidenza negativa sulla partecipazione al procedimento del Pubblico ministero e per la violazione del diritto di difesa dell’imputato, anche in considerazione degli effetti non totalmente liberatori della sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen.
La sentenza impugnata, pronunciata senza la previa necessaria costituzione del contraddittorio e in assenza di qualsiasi accertamento sulla sussistenza del fatto, sulla sua illiceità penale e sulla sua riconducibilità all’imputata, deve pertanto, essere annullata senza rinvio, con la restituzione degli atti al Tribunale di Bergamo, affinché si pronunci, nella pienezza del contraddittorio e all’esito dell’eventuale istruttoria, sulla contestazione mossa alla imputata.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata con trasmissione degli atti al Tribunale di Bergamo.
Così deciso 1’8/1/2025