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Particolare tenuità del fatto: no se reati ostativi

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato condannato per falsificazione di una dichiarazione per coprire un assegno insoluto. La Corte ha stabilito che la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è applicabile, nonostante il risarcimento del danno, a causa della gravità del reato contro la fede pubblica e dei precedenti penali specifici dell’imputato, considerati ostativi.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare tenuità del fatto: il risarcimento non basta se il reato è grave e ci sono precedenti

La recente pronuncia della Corte di Cassazione, Sezione Penale, con la sentenza n. 29414/2025, offre un importante chiarimento sull’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinata dall’art. 131-bis del codice penale. Anche dopo le modifiche introdotte dalla Riforma Cartabia (d.lgs. 150/2022), che hanno dato rilievo alla “condotta susseguente al reato”, il risarcimento del danno non può, da solo, rendere tenue un’offesa intrinsecamente grave, specialmente in presenza di precedenti penali specifici.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo condannato per il reato di falso in scrittura privata (art. 482 c.p.). Per evitare il protesto di un assegno emesso senza copertura per pagare un soggiorno in albergo, l’imputato aveva creato una falsa dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà. In questo documento, falsificando le generalità e la firma del proprietario dell’albergo, attestava di aver saldato il debito di 584,00 euro, più una penale. Per rendere il falso più credibile, aveva anche apposto una finta ufficializzazione di un funzionario comunale, risultato poi inesistente. La Corte d’Appello di Milano aveva confermato la condanna di primo grado.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due principali motivi:

1. Violazione di legge sulla particolare tenuità del fatto: La difesa sosteneva che la Corte d’Appello non avesse motivato adeguatamente il rigetto della richiesta di applicazione dell’art. 131-bis c.p. Si evidenziava la grossolanità del falso, l’esiguità del danno e, soprattutto, l’avvenuto risarcimento integrale a favore della persona offesa. Tale condotta, successiva al reato, secondo il ricorrente, doveva essere valutata positivamente alla luce delle novità legislative.

2. Errata applicazione della legge sul bilanciamento delle circostanze: Il secondo motivo criticava la decisione di non far prevalere le circostanze attenuanti sulla recidiva, sostenendo che ciò fosse avvenuto in base a una preclusione normativa (art. 69, quarto comma, c.p.) di dubbia costituzionalità.

L’analisi della Cassazione sulla particolare tenuità del fatto

La Suprema Corte ha ritenuto il primo motivo infondato. Pur riconoscendo che la riforma del 2022 ha introdotto la “condotta susseguente al reato” tra gli elementi di valutazione per la particolare tenuità del fatto, ha precisato che questo non opera in automatico. La condotta successiva, come il risarcimento, non può trasformare un’offesa grave in una lieve. Deve essere inserita in una valutazione complessiva che tenga conto di tutti i parametri dell’art. 133 c.p., come le modalità dell’azione e il grado di colpevolezza.

Nel caso specifico, la Corte ha sottolineato la gravità della condotta, finalizzata a occultare un inadempimento. Il reato non ha leso solo il patrimonio della parte privata, ma soprattutto il bene giuridico della fede pubblica, ovvero la fiducia della collettività nell’autenticità dei documenti. Inoltre, i giudici hanno dato peso determinante ai precedenti penali dell’imputato, che riguardavano reati della stessa indole (contro la fede pubblica e il patrimonio). Tali precedenti sono stati considerati “ostativi” all’applicazione del beneficio, rendendo irrilevante il successivo risarcimento.

La Decisione sul Bilanciamento delle Circostanze

Il secondo motivo è stato dichiarato inammissibile. La Cassazione ha evidenziato come il ricorrente avesse frainteso la motivazione della Corte d’Appello. Quest’ultima non aveva negato la prevalenza delle attenuanti a causa della preclusione legale dell’art. 69 c.p., ma aveva operato un giudizio di equivalenza basato su un altro fattore: l’imputato aveva commesso il nuovo reato dopo aver beneficiato di una misura alternativa (l’affidamento in prova) per una precedente condanna, dimostrando di non aver colto la finalità rieducativa della misura. Il ricorso, quindi, non si confrontava con la reale motivazione della sentenza impugnata.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha ribadito alcuni principi fondamentali. In primo luogo, il giudizio sulla particolare tenuità del fatto richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità del caso concreto. La condotta successiva al reato, pur rilevante, non può da sola rendere tenue un fatto che al momento della sua commissione non lo era. In secondo luogo, il bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice è cruciale: un reato contro la fede pubblica ha una gravità intrinseca che va oltre il mero danno patrimoniale al singolo. Infine, i precedenti penali specifici non sono un mero dettaglio formale, ma un elemento dirimente che può precludere l’accesso a benefici come quello previsto dall’art. 131-bis c.p., in quanto indicano una propensione a delinquere in un determinato settore.

Conclusioni

Questa sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso. Insegna che il risarcimento del danno, sebbene auspicabile, non è una “sanatoria” automatica per ottenere la non punibilità. La valutazione sulla particolare tenuità del fatto rimane un’analisi a tutto tondo della personalità dell’imputato e della gravità oggettiva e soggettiva del reato commesso. La decisione riafferma l’importanza del bene giuridico della fede pubblica e il ruolo ostativo dei precedenti penali specifici, limitando l’ambito di applicazione di un istituto pensato per deflazionare il sistema penale solo in presenza di offese veramente minime.

Il risarcimento del danno dopo il reato è sufficiente per ottenere la non punibilità per particolare tenuità del fatto?
No. Secondo la Cassazione, la condotta successiva al reato, come il risarcimento, deve essere valutata nel contesto generale della gravità dell’offesa e non può, da sola, rendere tenue un fatto che al momento della sua commissione non lo era, specialmente se lede beni giuridici come la fede pubblica.

Avere precedenti penali specifici può impedire l’applicazione della causa di non punibilità per tenuità del fatto?
Sì. La sentenza sottolinea che i precedenti penali per reati della stessa indole (in questo caso, contro la fede pubblica e il patrimonio) sono di per sé “ostativi” all’applicazione del beneficio previsto dall’art. 131-bis cod. pen., in quanto indicano una tendenza a commettere quel tipo di reato.

Come valuta la Cassazione la “condotta susseguente al reato” introdotta dalla riforma del 2022?
La Corte la considera un elemento che acquista rilievo nell’ambito del giudizio complessivo sull’entità dell’offesa. Tuttavia, chiarisce che tale condotta non ha un effetto automatico, ma deve essere ponderata insieme a tutti gli altri parametri, come le modalità dell’azione e la gravità del danno, senza poter da sola declassare un reato grave a uno tenue.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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