Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 29414 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 29414 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 18/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a Sanremo il 25/01/1973
avverso la sentenza del 12/11/2024 della Corte d’Appello di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Milano ha confermato la pronuncia di condanna del ricorrente per il delitto di cui all’art. 482 cod. pen.
Secondo la prospettazione accusatoria, ritenuta dalle conformi pronunce di merito, il COGNOME, al fine di non mandare in protesto un assegno privo di copertura utilizzato per pagare un pernottamento presso un albergo, aveva falsificato
materialmente una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, redatta c generalità e la firma del proprietario dell’albergo, con la quale era confermato filiale di Sora di “RAGIONE_SOCIALE” il fatto di aver ricevuto dallo stesso la so di euro 584,00, pari all’importo dell’assegno rimasto insoluto, e quella ulte dovuta a titolo di penale. A tale dichiarazione era inoltre apposta una f ufficializzazione da parte di un funzionario del Comune di Noli, tale NOME COGNOME risultato inesistente.
Avverso la sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, con difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME deducendo due motivi di impugnazione, di seguito ripercorsi nei limiti strettamente necessari per la decisione.
2.1. Con il primo denuncia nullità della sentenza impugnata per mancanza di motivazione in ordine alla esclusione della punibilità per particolare tenuità fatto e, in particolare, alle doglianze già spiegate in sede di gravame sulle mod dell’azione, che non potrebbe considerarsi grave, stante la grossolanità del fa l’esiguità del danno in sé considerato e la tenuità dell’offesa, dato che provveduto all’integrale risarcimento in favore della persona offesa, condotta c pure se susseguente al reato, avrebbe dovuto essere valutata in forza delle nov introdotte dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150.
2.2. Con il secondo motivo assume erronea applicazione della legge penale e manifesta illogicità della motivazione in punto di trattamento sanzionator essendogli stata denegata, nell’ambito del giudizio di bilanciamento, la prevale delle circostanze attenuanti sulla recidiva in forza della sola argomentazione la quale ciò sarebbe precluso ex lege, nonostante la pendenza di una questione di legittimità costituzionale in parte qua dell’art. 69, quarto comma, cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo non è fondato.
1.1. E’ ben vero, come deduce il ricorrente, che l’art. 131-bis, primo comma cod. pen., nella formulazione novellata dall’art. 1, comma 1, lett. c), n. 1 d.lgs. n. 150 del 2022, contempla, nell’ambito degli elementi che devono esse valutati per escludere la punibilità, anche la «condotta susseguente al reato».
Sennonché tale intervento normativo deve essere letto alla luce delle pi ampie indicazioni rivenienti dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite, le quali, n sentenza “Tushaj”, hanno chiarito che, ai fini della configurabilità della caus esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’ar
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bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590-01).
Pertanto, se ai fini dell’applicazione della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, acquista rilievo, per effetto della novellazione dell’a 131-bis cod. pen., anche la condotta dell’imputato successiva alla commissione del reato, tuttavia questa non può, ex se, rendere di particolare tenuità un’offesa che tale non era al momento del fatto, bensì essere valorizzata solo nell’ambito del giudizio complessivo sull’entità dell’offesa recata, da effettuarsi alla stregua dei parametri di cui all’art. 133, comma primo, cod. pen. (Sez. 3, n. 18029 del 04/04/2023, Hu Qinglian, Rv. 284497).
1.2. La Corte territoriale, nel solco degli indicati principi, ha reso un motivazione adeguata nel disattendere la richiesta di riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. ponendo in rilievo la gravità del condotta commessa dal ricorrente nel tentativo di occultare l’inadempimento di un’obbligazione pecuniaria, condotta che invero non si è risolta, trattandosi di un delitto contro la fede pubblica, solo in un danno nei confronti della parte privata ma soprattutto contro il bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice.
1.3. Inoltre, occorre considerare che il riferimento della decisione censurata ai precedenti penali del Delfino non è stato di mero stile, come questi assume, ma ha portata dirimente anche rispetto alle questioni che sono state esaminate. La pronuncia impugnata ha difatti correttamente sottolineato che tali precedenti riguardano reati contro la fede pubblica e contro il patrimonio, e, dunque, sono di per sé “ostativi” rispetto all’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., trattandosi di delitti della stessa indole.
Il secondo motivo è inammissibile, atteso che la questione di legittimità costituzionale dell’art. 69, quarto comma, cod. pen., laddove non consente la prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla recidiva reiterata, è priva di rilevanza nella fattispecie in esame.
Al riguardo, il ricorrente trascura di considerare, senza dunque confrontarsi con le motivazioni sottese alla sentenza impugnata, che l’equivalenza delle circostanze attenuanti alla ritenuta recidiva non è stata affermata in forza della preclusione normativa di cui al richiamato art. 69, quarto comma, cod. pen., ma perché ha commesso il reato dopo aver beneficiato della misura alternativa dell’affidamento in prova per una precedente condanna, con conseguente fallimento della finalità rieducativa della misura.
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Nell’omettere di considerare, nel proporre il motivo di ricorso, le ragioni effettive della decisione, il Delfino incorre, allora, nella genericità della censura
(Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822).
3. Il ricorso deve dunque essere nel complesso rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 18/06/2025