Particolare tenuità del fatto: non si applica per evasione fiscale di importo elevato
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6470/2024, ha affrontato un caso di grande interesse pratico, stabilendo un importante principio sulla particolare tenuità del fatto. La pronuncia chiarisce che questo beneficio non può essere concesso quando l’offesa, come nel caso di un’ingente evasione fiscale, è oggettivamente grave per l’entità del danno arrecato. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne i dettagli e le implicazioni.
I Fatti del Caso
Un contribuente veniva condannato in appello per il reato di omesso versamento di IVA, previsto dall’art. 10-ter del D.Lgs. 74/2000. L’ammontare dell’imposta evasa e non versata era pari a ben 373.610,00 euro, una cifra di molto superiore alla soglia di punibilità prevista dalla legge.
L’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, lamentando la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinata dall’art. 131-bis del codice penale. In sostanza, sosteneva che la sua condotta dovesse essere considerata di minima offensività, nonostante l’importo evaso.
La Decisione della Corte e la Particolare Tenuità del Fatto
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. I giudici hanno confermato la decisione della Corte d’Appello, escludendo in modo categorico la possibilità di applicare l’art. 131-bis al caso di specie.
La ragione principale risiede nell’entità stessa dell’imposta evasa. Un importo così elevato, superando di gran lunga la soglia di rilevanza penale, rende l’offesa intrinsecamente grave e, di conseguenza, incompatibile con il concetto di “particolare tenuità”. La Corte ha sottolineato che il ricorso era meramente ripetitivo di censure già correttamente respinte nei gradi di merito.
Conseguenze dell’Inammissibilità del Ricorso
Un aspetto cruciale evidenziato dalla Corte riguarda gli effetti della dichiarazione di inammissibilità. Quando un ricorso per cassazione viene giudicato inammissibile, non si instaura un valido rapporto processuale. Ciò comporta una conseguenza molto importante: preclude al giudice la possibilità di rilevare e dichiarare eventuali cause di non punibilità, come la prescrizione del reato, che potrebbero essere maturate dopo la sentenza di appello. L’imputato è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle Ammende.
Le Motivazioni della Sentenza
La Corte ha articolato le sue motivazioni su più punti. In primo luogo, ha ribadito che l’entità dell’imposta evasa è il primo e più significativo indicatore della gravità del fatto. In questo caso, l’importo era tale da escludere a priori ogni valutazione sulla tenuità dell’offesa.
In secondo luogo, i giudici hanno chiarito il ruolo della condotta successiva al reato, recentemente valorizzata dalla Riforma Cartabia ai fini dell’applicazione dell’art. 131-bis. La Corte ha spiegato che, sebbene rilevante, la condotta post-delittuosa non può trasformare un’offesa grave in una lieve. Essa può essere considerata solo nell’ambito di una valutazione complessiva dell’offesa, ma non può, da sola, rendere tenue ciò che era grave al momento della commissione del fatto. Nel caso specifico, peraltro, il ricorrente non aveva nemmeno allegato elementi concreti sulla sua condotta successiva, limitandosi a sostenere di non aver commesso altri reati.
Infine, la Corte ha sottolineato la differenza tra i parametri usati per determinare la pena (trattamento sanzionatorio) e quelli per valutare la tenuità dell’offesa. Non è illogico, secondo i giudici, escludere la causa di non punibilità per la gravità del fatto e, allo stesso tempo, applicare una pena nel minimo edittale, poiché le due valutazioni rispondono a criteri diversi.
Le Conclusioni
L’ordinanza della Cassazione offre importanti spunti di riflessione. La conclusione principale è che non c’è spazio per la particolare tenuità del fatto di fronte a reati tributari che comportano un’evasione fiscale di notevole entità. La gravità dell’offesa, misurata dall’importo sottratto all’erario, prevale su altre considerazioni. Inoltre, la pronuncia ribadisce il principio consolidato secondo cui un ricorso inammissibile cristallizza la condanna e impedisce di beneficiare della prescrizione eventualmente maturata in seguito, con l’ulteriore aggravio delle spese e di una sanzione pecuniaria.
È possibile applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto a un’evasione fiscale di importo elevato?
No, la Corte ha stabilito che un’evasione fiscale di € 373.610,00 è di molto superiore alla soglia di punibilità e costituisce un’offesa di tale gravità da escludere l’applicazione del beneficio previsto dall’art. 131-bis del codice penale.
Un ricorso in Cassazione dichiarato inammissibile impedisce di dichiarare la prescrizione del reato?
Sì, la Corte ha confermato che la dichiarazione di inammissibilità del ricorso preclude la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità maturate dopo la sentenza d’appello, come la prescrizione del reato.
La condotta successiva al reato può rendere un’offesa, originariamente grave, di particolare tenuità?
No. Secondo la Corte, la condotta successiva al reato, pur avendo rilievo, non può di per sé rendere di particolare tenuità un’offesa che non lo era al momento della sua commissione. Può essere valorizzata solo nel giudizio complessivo sull’entità dell’offesa, ma non può trasformare un fatto grave in uno lieve.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6470 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6470 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a STIMIGLIANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/05/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RG. n. 36439/23
Ritenuto che il ricorso di COGNOME NOME che deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al diniego di riconoscimento della speciale causa di non punibilità ex art. 131 bis cod.pen. è inammissibile perché ripetitivo della medesima censura già devoluta ai giudici del merito e da quei giudici disattesa in modo corretto e in ogni caso manifestamente infondata.
La corte territoriale ha escluso la particolare tenuità del fatto in ragione dell’ent dell’imposta evasa e non versata (art. 10- ter d.lgs 10 marzo 2000, n. 74) pari a C 373.610,00 di molto superiore alla soglia di punibilità (Sez. 3, n. 12906 del 13/11/2018 Rv. 276546 – 01; Sez. 3, n. 16599 del 20/02/2020, Rv. 278946 – 01).
Rilevato che, ai fini dell’applicazione della causa di non punibilità per la particola tenuità del fatto, sebbene acquisti rilievo, per effetto della novella dell’art. 131cod. pen. ad opera dell’art. 1, comma 1, lett. c), n. 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, anche la condotta dell’imputato successiva alla commissione del reato, tuttavia, non potrà, di per sé sola, rendere di particolare tenuità un’offesa che tale non era al momento del fatto, potendo essere valorizzata solo nell’ambito del giudizio complessivo sull’entità dell’offesa recata, da effettuarsi alla stregua dei parametri d cui all’art. 133, comma primo, cod. pen. (Sez. 3, n. 18029 del 04/04/2023. Hu, Rv. 284497 – 01) e dunque sotto questo profilo la decisione è immune da censure, rilevando il Collegio che, quanto al caso in esame, il ricorrente non ha neppure allegato in che cosa si sostanzierebbe la condotta susseguente oggetto di valutazione, non essendo tale il mero rilievo di non avere commesso altri reati.
Ritenuto infine che la sentenza impugnata abbia correttamente argomentato che il trattamento sanzionatorio e la tenuità dell’offesa soggiacciono a parametri di valutazione diversi (art. 133 comma 1 e 2 cod.pen. il trattamento sanzionatorio e art. 133 comma 1 cod.pen. la causa di non punibilità) sicché non è manifestamente illogico escludere la causa di non punibilità ex art 131 bis cod.pen. e la irrogazione di una pena nel minimo edittale.
Rilevato che il ricorso per cassazione inammissibile, per manifesta infondatezza dei motivi o per altra ragione, “non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p.” (Sez. 2, n. 28848 del 08/05/2013, COGNOME, Rv. 256463, Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, COGNOME, Rv 217266; Sez. 4, n. 18641 del 20/01/2004, COGNOME) cosicché è preclusa la dichiarazione di prescrizione del reato maturato dopo la pronuncia della sentenza in grado di appello (Sez. 5, n. 15599 del 19/11/2014, COGNOME, Rv. 263119).
Rilevato che pertanto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende. Così deciso il 12 gennaio 2024.