Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4553 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4553 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CANELLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/06/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Asti del 6 dicembre 2021, concessa la circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 6, cod. pen., ha rideterminato in euro cento di multa la pena inflitta nei confronti di COGNOME NOME in relazione al reato di cui all’art. 590, comma terzo, cod. pen..
COGNOME, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello per violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’ingiustificato diniego della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen.
Con memoria del 21 dicembre 2023, la difesa del COGNOME insiste nella richiesta di accoglimento del ricorso ed illustra ulteriori argomentazioni a sostegno del proprio assunto.
3. Il ricorso è inammissibile.
In ordine all’unico motivo di ricorso, va osservato che, per la configurabilità della causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131 bis, cod. pen., il giudizio sull tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, comma primo, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, COGNOME, Rv. 266590).
A tal fine, non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, ma è sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 6, n. 55107 de 08/11/2018, COGNOME, Rv. 274647), dovendo comunque il giudice motivare sulle forme di estrinsecazione del comportamento incriminato, per valutarne la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e, conseguentemente, il bisogno di pena, non potendo far ricorso a mere clausole di stile (Sez. 6, n. 18180 del 20/12/2018, COGNOME, Rv. 275940).
Trattandosi, quindi, di una valutazione da compiersi sulla base dei criteri di cui all’art. 133, cod. pen., essa rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito e, di conseguenza, non può essere sindacata dalla Corte di legittimità, se non nei limiti della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione postavi a sostegno.
La decisione impugnata ha fatto corretta applicazione di quei princìpi e la relativa motivazione non presenta evidenti discrasie di ordine logico.
La Corte distrettuale, infatti, ha reputato decisivi, ai fini della valutazione de grado di offensività della condotta, l’utilizzazione del macchinario in modo difforme dalle prescrizioni, in base alla prassi usualmente seguita dai lavoratori, mediante modalità che avevano cagionato alla persona offesa gravi lesioni.
Si tratta di circostanze indiscutibilmente significative che rientrano tra i parametri espressamente considerati dall’art. 133 cod. pen..
L’imputato si limita ad evidenziare alcuni dati fattuali a sé favorevoli, i quali, con argomentazioni lineari e coerenti, sono stati ritenuti di minore rilievo. Né il riconoscimento della circostanza attenuante ex art. 62, n. 6, cod. pen. poteva comportare di per sé l’applicazione della richiesta causa di non punibilità.
Infine, va osservato che la motivazione sopra sinteticamente riportata risulta del tutto congrua ed adeguata anche a seguito delle modifiche all’istituto dell’art. 131 bis cod. pen. apportate dall’art. 1, comma 1, lett. c), n. 1 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150.
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 17 gennaio 2024.