Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10361 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10361 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a ARZIGNANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/05/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al diniego di applicazione, da parte della Corte di appello di Venezia, della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. e, con secondo motivo, lamentando la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche di cui all’art. 62 bis c.p. Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
I motivi in questione non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non sono scanditi da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata.
3. Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della Corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto – e pertanto immune da vizi di legittimità.
I giudici del gravame del merito hanno dato infatti conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità del prevenuto, in particolare facendo riferimento alla testimonianza del PG, da parte del Brigadiere Capo AVV_NOTAIO COGNOME, che riferiva in merito al proprio intervento in occasione di un incidente che aveva visto coinvolta un’autovettura andata ad impattare contro il guardrail di una rotatoria a causa della velocità sostenuta di marcia. Difatti, il conducente, presentando sul posto i sintomi tipici dello stato di ebbrezza, veniva identificato e sottoposto precursore con esito positivo e, successivamente, a test con etilometro il cui esito dava 1,51 gr/L e 1,58 gr/l.
3.1. La Corte di appello ha, inoltre, già correttamente motivato in merito al primo motivo, ovvero al diniego della causa di non punibilità di cui all’art. 131-b cod. pen., avendo il prevenuto tenuto un comportamento imprudente e altamente pericoloso. In particolare, i giudici di merito hanno dato atto del fatto che la co dotta di guida tenuta dall’interessato, in orario notturno, ha in concreto generato un contesto significativamente pericoloso per i terzi, ivi compresi il trasportato gli eventuali altri utenti della strada. Tali dati per i giudici del gravame del me risultano significativi per escludere l’applicazione del disposto di cui all’art. 1 bis cod. pen.
La sentenza, dunque, si colloca nell’alveo del dictum delle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che teng conto, ai sensi dell’art. 133, co. 1, cod. pen., delle modalità della condotta, d
a
N. NUMERO_DOCUMENTO R.G.
grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. Un. n. 13681 del 25/2/2016, Tushaj, Rv. 266590).
3.2. Manifestamente infondato e anche il motivo in punto di diniego delle circostanze attenuanti generiche.
Come risulta dalla motivazione, infatti, tale motivo di censura risulta già motivatamente respinto sul rilievo che non ricorre alcun elemento positivamente valorizzabile ex art. 62-bis cod. pen.
Il provvedimento impugnato appare collocarsi nell’alveo del costante dictum di questa Corte di legittimità, che ha più volte chiarito che, ai fini dell’assolvimen dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, m sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (così Sez. 3, 23055 del 23/4/2013, Banic e altro, Rv. 256172, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto giustificato il diniego delle attenuanti generiche motivato con esclusivo riferimento agli specifici e reiterati precedenti dell’imputato, nonché al suo negativo comportamento processuale).
In caso di diniego, soprattutto dopo la specifica modifica dell’articolo 62bis c.p. operata con il d.l. 23.5.2008 n. 2002 convertito con modif. dalla I. 24.7.2008 n. 125 che ha sancito essere l’incensuratezza dell’imputato non più idonea da sola a giustificarne la concessione va ribadito che è assolutamente sufficiente, come avvenuto nel caso che ci occupa, che il giudice si limiti a dare conto in motivazione di avere ritenuto l’assenza di elementi o circostanze positive a tale fine
Il reato per cui, si procede, come correttamente rilevato dalla Corte territoriale, non era prescritto all’atto dell’emanazione della sentenza impugnata, e non lo è nemmeno oggi, in quanto i reati per cui si procede, commessi nel febbraio 2018, non sono prescritti, atteso che ricadono sotto le previsioni della c.d. riforma Orlando che, per tutti i reati commessi dopo la sua entrata in vigore (agosto 2017) ha introdotto un termine di sospensione di diciotto mesi decorrente dalla data del deposito della motivazione della sentenza di primo grado.
Peraltro, nemmeno si sarebbe potuta porre in questa sede la questione di un’eventuale declaratoria della prescrizione maturata dopo la sentenza d’appello, in considerazione della manifesta infondatezza del ricorso. La giurisprudenza di questa Corte Suprema ha, infatti, più volte ribadito che l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen
N. NUMERO_DOCUMENTO R.G.
(così Sez. U. n. 32 del 22/11/2000, COGNOME, Rv. 217266 relativamente ad un caso in cui la prescrizione del reato era maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso; conformi, Sez. U., n. 23428 del 2/3/2005, COGNOME, Rv. 231164, e Sez. U. n. 19601 del 28/2/2008, COGNOME, Rv. 239400; in ultimo Sez. 2, n. 28848 del 8/5/2013, COGNOME, Rv. 256463).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
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