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Particolare tenuità del fatto: no se la guida è grave

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un automobilista condannato per guida in stato di ebbrezza. La difesa chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), ma la Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, i quali avevano escluso tale beneficio in ragione del significativo ‘disvalore oggettivo’ della condotta, ritenendo la motivazione logica e coerente.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare tenuità del fatto e guida in stato di ebbrezza: quando non si applica?

La causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, introdotta dall’art. 131-bis del codice penale, rappresenta uno strumento fondamentale per deflazionare il sistema giudiziario, evitando la sanzione penale per fatti di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e discrezionale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 13888/2024) chiarisce i limiti di questo istituto in relazione al reato di guida in stato di ebbrezza, sottolineando l’importanza del ‘disvalore oggettivo’ della condotta.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dalla condanna di un automobilista nei primi due gradi di giudizio per il reato previsto dall’art. 186 del Codice della Strada, che sanziona la guida sotto l’influenza dell’alcol, con le aggravanti applicabili. L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso per cassazione, lamentando un unico motivo: il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

Secondo la difesa, le circostanze concrete del reato erano tali da poter essere qualificate come di minima gravità, meritando quindi l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. e la conseguente archiviazione senza condanna penale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Gli Ermellini hanno ritenuto che la decisione della Corte d’Appello di Venezia fosse immune da vizi logici o giuridici. Di conseguenza, la condanna dell’imputato è divenuta definitiva, con l’obbligo di pagare le spese processuali e una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: Il Disvalore Oggettivo e i Limiti alla Particolare Tenuità del Fatto

Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni con cui la Cassazione ha convalidato l’operato dei giudici di merito. La Corte ha stabilito che la causa di non punibilità era stata ‘validamente esclusa’ alla luce del ‘rilevato disvalore oggettivo della condotta accertata’.

In altre parole, i giudici di merito avevano valutato non solo l’assenza di un danno diretto a persone o cose, ma la gravità intrinseca del comportamento dell’automobilista. La guida in stato di ebbrezza, specialmente quando le circostanze (come un tasso alcolemico elevato o altre modalità della condotta) ne accentuano la pericolosità, possiede un disvalore tale da superare la soglia della ‘particolare tenuità’.

La Corte Suprema ha specificato che l’argomentazione della sentenza impugnata era ‘immune da incongruenze logiche e coerente con le risultanze istruttorie’. Questo significa che la valutazione del giudice di merito sul grado di offensività del fatto è un apprezzamento che, se ben motivato, non può essere censurato in sede di legittimità.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio consolidato: l’istituto della particolare tenuità del fatto non è una scorciatoia per ottenere l’impunità in ogni caso di reato lieve. La sua applicazione richiede una valutazione completa e ponderata di tutti gli aspetti della vicenda, sia soggettivi che oggettivi.

Per gli operatori del diritto e per i cittadini, il messaggio è chiaro: nel contesto dei reati stradali, e in particolare della guida in stato di ebbrezza, la gravità oggettiva del pericolo creato alla circolazione stradale è un fattore determinante. Anche in assenza di incidenti, la condotta può essere considerata sufficientemente grave da impedire l’applicazione del beneficio della non punibilità, se il giudice ne ravvisa un disvalore oggettivo non trascurabile. La decisione finale resta saldamente ancorata alla valutazione discrezionale, ma sempre motivata, del giudice di merito.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché la Corte di Cassazione ha giudicato la motivazione della sentenza di appello come logicamente coerente e priva di vizi. I giudici di merito avevano adeguatamente spiegato perché la causa di non punibilità non fosse applicabile al caso specifico.

Qual è il motivo principale per cui non è stata riconosciuta la particolare tenuità del fatto?
Il motivo principale è stato il ‘rilevato disvalore oggettivo della condotta’. La Corte ha ritenuto che la gravità intrinseca del comportamento dell’imputato, ovvero la guida in stato di ebbrezza nelle circostanze accertate, fosse tale da superare la soglia della minima offensività richiesta dalla legge per l’applicazione dell’art. 131-bis c.p.

Cosa comporta per il ricorrente la dichiarazione di inammissibilità?
La dichiarazione di inammissibilità rende definitiva la condanna stabilita nei precedenti gradi di giudizio. Inoltre, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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