Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26245 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26245 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME nato a CETRARO il 05/07/1989
avverso la sentenza del 22/11/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo violazione di legge e vizio motivazionale in relazione: con un primo motivo al mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto ex art.131 bis cod. pen, con un secondo motivo all’omesso riconoscimento delle circostanze attenuanti ex art. 62 bis cod. pen. e con il terzo ed ultimo motivo alla omessa concessione di una delle pene sostitutive ed in particolare di quella del lavoro di pubblica utilità.
Quanto al primo motivo il ricorrente si duole della mancata valorizzazione della condotta susseguente al reato serbata dall’imputato.
Quanto secondo motivo lamenta il difensore una mancata presa in considerazione del corretto comportamento processuale tenuto dall’imputato e del modesto disvalore sociale del fatto.
Quanto al terzo motivo ritiene, infine, sussistere tutte le condizioni, oggettive e soggettive, ex lege stabilite per concedere la pena sostitutiva richiesta.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
I motivi in questione non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non sono scanditi da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata e sono privi della puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il rico e dei correlati congrui riferimenti alla motivazione dell’atto impugnato (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione).
Il primo motivo è manifestamente infondato in quanto deduce difetto o contraddittorietà e/o palese illogicità della motivazione, che la lettura del provvedimento impugnato dimostra, invece, essere esistente e connotata da lineare e coerente logicità, conforme all’esauriente disamina dei dati probatori.
Il secondo ed il terzo motivo, poi, afferiscono al trattamento punitivo benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive (sull’onere motivazionale del giudice in ordine alla determinazione della pena, Sez. 3, n. 29968 del 22/2/2019, COGNOME, Rv. 276288-01; Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME, Rv. 271243).
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della Corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto e pertanto immune da vizi di legittimità.
3.1 I giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto degli elementi ritenuti rilevanti per una valutazione di non particolare tenuità del fatto.
Il COGNOME, intenzionalmente, dopo aver bevuto bevande alcoliche (1,88 g/I di percentuale di alcool nel sangue) si metteva alla guida, privo di patente (perché revocatagli con ordinanza del Prefetto di Cosenza il 6/7/2016), di uno scooter di medio grandi dimensioni, cagionando un incidente autonomo scontrandosi contro un muro e finendo a terra. A seguito dell’incidente il prevenuto ha riportato fratture a carico della spina dorsale, vertebrali e dorsali non lievi con tempi di guarigione oltre i tre mesi. Le modalità del fatto, l’intenzionalità della condotta (il prevenu si era posto alla guida senza patente già altre volte), le conseguenze della vicenda con l’entità del danno e del pericolo evidenziano per i giudici del merito (cfr. pagg. 4-5 della sentenza impugnata) la particolare pericolosità della condotta per i beni tutelati, non potendo la valutazione di mancanza di pericolosità derivare dal mancato coinvolgimento di terzi nell’incidente.
La sentenza, dunque, si colloca nell’alveo del dictum delle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, co. 1, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. Un. n. 13681 del 25/2/2016, Tushaj, Rv. 266590).
S.U. Tushai ricordano che «la nuova normativa non si interessa della condotta tipica, bensì ha riguardo alle forme di estrinsecazione del comportamento, al fine di valutarne complessivamente la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e conseguentemente il bisogno di pena. Insomma, si è qui entro la distinzione tra fatto legale, tipico, e fatto storico, situazione reale ed irripetibile costituita da gli elementi di fatto concretamente realizzati dall’agente».
Va peraltro ricordato che, ai fini dell’applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis cod. pen., giudizio sulla tenuità dell’offesa dev’essere effettuato con riferimento ai criteri d cui all’art. 133, comma primo, cod. pen., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli rite nuti rilevanti (così Sez. 7, Ordinanza n. 10481 del 19/01/2022, Deplano, Rv. 283044 – 01 che ha ritenuto corretta la mancata applicazione della causa di esclusione della punibilità in conseguenza di lesioni stradali provocate dalla guida di un veicolo sprovvisto di assicurazione; conf. Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, COGNOME
Rv. 274647 – 01 che, in motivazione, ha ritenuto corretta la mancata applicazione di tale causa di esclusione della punibilità in conseguenza della fuga dell’imputato subito dopo il fatto, senza che ciò si ponga in contrasto con la concessione delle attenuanti generiche, giustificata dalla successiva condotta processuale del predetto).
3.2 Quanto al secondo motivo sul mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche la Corte d’appello ha dato conto nella sua articolata motivazione di una pluralità di elementi caratterizzanti la pericolosità della condotta posta in essere dall’imputato che mal si conciliano con la richiesta difensiva e che appaiono in linea con la motivazione del giudice di primo grado che il ricorrente stesso ricorda a pag. 5 del proprio ricorso.
Peraltro, a pag. 6 della sentenza impugnata i giudici del gravame del merito danno conto di condividere la dosimetria della pena del giudice di primo grado, e, di fatto, di avere constatato la mancanza di elementi positivi valutabili ai fini de riconoscimento delle stesse, condividendo la scelta del primo giudice che ha tenuto conto degli indici di cui all’art. 133 cod. pen.
Il provvedimento impugnato appare collocarsi nell’alveo del costante dictum di questa Corte di legittimità, che ha più volte chiarito che, ai fini dell’assolviment dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (così Sez. 3, n 23055 del 23/4/2013, Banic e altro, Rv. 256172, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto giustificato il diniego delle attenuanti generiche motivato con esclusivo riferimento agli specifici e reiterati precedenti dell’imputato, nonché al suo negativo comportamento processuale). In caso di diniego, soprattutto dopo la specifica modifica dell’articolo 62bis c.p. operata con il d.l. 23.5.2008 n. 2002 convertito con modif. dalla I. 24.7.2008 n. 125 che ha sancito essere l’incensuratezza dell’imputato non più idonea da sola a giustificarne la concessione va ribadito che è assolutamente sufficiente, come avvenuto nel caso che ci occupa, che il giudice si limiti a dare conto in motivazione di avere ritenuto l’assenza di elementi o circostanze positive a tale fine (cfr. ex multis Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489 – 01; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME ed altri, Rv. 260610 – 01; conf. Sez 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME Rv. 270986 – 01).
3.3 Quanto al terzo motivo afferente al diniefgo dell’applicazione di una pena sostitutiva e in particolare quelle previste dall’art. 20 bis cod. pen. della Riform Cartabia, i giudici di seconde cure, oltre al rilievo in punto di mancanza di procura speciale, motivatamente hanno aderito alla valutazione del primo giudice di non
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concederle per via della capacità a delinquere del reo che depongono per probabili recidive visto le plurime condotte del prevenuto e le modalità concrete del fatto.
Il provvedimento impugnato opera, pertanto, un corretto governo dei conso- lidati principi in materia affermati da questa Corte di legittimità. Sez. 5, n. 17959
del 26/01/2024, Avram, Rv. 286449 – 01, con riguardo all’assetto normativo pre- cedente alla novella del 2022, ha già precisato che la sostituzione delle pene de-
tentive brevi è rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice, che deve es- sere condotta con l’osservanza dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., prendendo
in considerazione, tra l’altro, le modalità del fatto per il quale è intervenuta con- danna e la personalità del condannato» (ex multis, Sez. 3, n. 19326 del
27/01/2015, COGNOME Rv. 263558 – 01).
Ebbene, tale principio, come ricorda Sez. 7, ord. n. 11652 dell’11/03/2025,
Kamal, non mass. può essere applicato anche alle pene sostitutive come configu- rate dal legislatore della riforma, in quanto la disciplina normativa introdotta con-
tinua a subordinare la sostituzione a una valutazione giudiziale ancorata ai para- metri di cui al cit. art. 133 (cfr., in tal senso, Sez. 6, n. 33027 del 11/5/2023
Agostino, Rv. 285090, in motivazione). La valutazione della sussistenza dei presupposti per l’adozione di una sanzione sostitutiva è legata, quindi, agli stessi criteri previsti dalla legge per la determinazione della pena, ed il giudizio prognostico positivo cui è subordinata la possibilità della sostituzione non può prescindere dal riferimento agli indici individuati dall’art. 133 cod. pen., sicché la richiesta di s stituzione della pena detentiva impone al giudice di motivare sulle ragioni del diniego (Sez. 1, n. 25833 del 23/04/2012, Testi, Rv. 253102 – 01; Sez. 2, n. 7811, 01/10/1991, COGNOME, Rv. 191006; Sez. 2, n. 25085, 18/06/2010, COGNOME, Rv. 247853).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle arn-, mende.
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Così deciso il 08/07/2025
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