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Particolare tenuità del fatto: no se la droga è tanta

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per un reato di lieve entità legato agli stupefacenti. L’imputato chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, ma la Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, i quali avevano correttamente escluso tale beneficio in base alla qualità della sostanza e al quantitativo significativo, idoneo a confezionare 65 dosi. Il ricorso è stato giudicato un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare Tenuità del Fatto: Quando la Quantità di Droga Conta

L’istituto della particolare tenuità del fatto rappresenta una valvola di sfogo del sistema penale, volta a escludere la punibilità per reati di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una valutazione attenta da parte del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio dei limiti di questo principio, specialmente in materia di stupefacenti, dove la quantità e la qualità della sostanza giocano un ruolo decisivo.

I Fatti del Caso

Un individuo, condannato per una violazione riconducibile all’ipotesi di lieve entità prevista dalla legge sugli stupefacenti (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990), ha presentato ricorso per Cassazione. La sua difesa si basava su un unico motivo: il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello aveva errato nel non considerare il suo comportamento sufficientemente lieve da meritare l’archiviazione del caso senza una condanna. L’obiettivo era ottenere una riconsiderazione delle circostanze concrete che, a suo dire, avrebbero dovuto portare a una conclusione diversa.

Il Ricorso e la valutazione della particolare tenuità del fatto

Il ricorso mirava a dimostrare che la condotta contestata fosse talmente esigua da non giustificare una risposta sanzionatoria da parte dello Stato. La difesa ha tentato di portare l’attenzione della Suprema Corte su una nuova valutazione degli elementi di fatto, sostenendo che questi fossero stati interpretati in modo troppo severo nel giudizio precedente.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha una funzione ben precisa: non è un terzo grado di giudizio dove si riesaminano le prove, ma un organo di legittimità che controlla la corretta applicazione della legge da parte dei giudici di merito. Il ricorso, pertanto, si scontrava con un limite procedurale invalicabile.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile con una motivazione netta e lineare. I giudici hanno sottolineato che la richiesta del ricorrente non era volta a denunciare un errore di diritto, ma a sollecitare un “diverso giudizio di merito”, attività preclusa in sede di legittimità.

La Corte d’Appello, infatti, aveva fornito una giustificazione logica e coerente per la sua decisione di escludere la particolare tenuità del fatto. La motivazione si fondava su due elementi concreti e oggettivi:

1. La qualità della sostanza stupefacente: un fattore che incide sulla potenziale pericolosità della condotta.
2. Il quantitativo: la sostanza sequestrata era idonea alla preparazione di circa 65 dosi. Questo dato è stato ritenuto un indice tutt’altro che trascurabile della portata dell’attività illecita.

La Corte di Cassazione ha ritenuto che la valutazione del giudice di merito non fosse né illogica né viziata, e che avesse correttamente bilanciato gli elementi a disposizione per negare il beneficio invocato. La decisione di condannare il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di 3.000 euro alla Cassa delle ammende è la diretta conseguenza dell’inammissibilità del ricorso, motivata da una “colpa” nel proporre un’impugnazione con scarse probabilità di successo.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione non è la sede per ridiscutere i fatti. In materia di stupefacenti, la valutazione della particolare tenuità del fatto è strettamente legata ad elementi quantitativi e qualitativi che, se significativi, possono legittimamente giustificare l’esclusione della causa di non punibilità. Un quantitativo sufficiente a produrre un numero considerevole di dosi, come nel caso di specie, è un ostacolo concreto all’applicazione di questo istituto, rendendo la condotta non più così “tenue” agli occhi della legge.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare i fatti di un processo?
No, l’ordinanza chiarisce che il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un nuovo giudizio di merito. La Corte si limita a controllare la corretta applicazione della legge da parte dei giudici precedenti, non a riesaminare le prove.

Quando viene esclusa la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto in un reato di droga?
Secondo la Corte, la particolare tenuità del fatto può essere esclusa quando elementi come la qualità della sostanza stupefacente e il quantitativo, in questo caso idoneo a preparare circa 65 dosi, sono ritenuti significativi dal giudice di merito.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, se si ravvisa una colpa nella proposizione del ricorso, anche al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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