Particolare Tenuità del Fatto: Quando la Condotta Insidiosa Esclude il Beneficio
La recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Con questa pronuncia, i giudici supremi hanno stabilito che una condotta ritenuta ‘insidiosa’ e caratterizzata da una colpevolezza significativa impedisce di qualificare il reato come di lieve entità, anche a fronte di un danno patrimoniale contenuto. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione per comprenderne la portata.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dalla condanna di un soggetto da parte del Tribunale di Castrovillari alla pena di 8 mesi di reclusione per il reato previsto dall’articolo 7 del d.l. n. 4/2019, relativo alla percezione indebita di un beneficio economico statale. La sentenza di primo grado è stata integralmente confermata dalla Corte di Appello di Catanzaro.
L’imputato, non rassegnandosi alla condanna, ha proposto ricorso per cassazione, basando la sua difesa su un unico motivo: la violazione dell’articolo 131-bis del codice penale, ovvero la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
La Decisione della Cassazione e la nozione di Particolare Tenuità del Fatto
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le doglianze dell’imputato manifestamente infondate. Il cuore della decisione risiede nella valutazione della gravità complessiva del comportamento tenuto dal ricorrente, che va oltre il mero dato economico del beneficio indebitamente percepito.
I giudici hanno evidenziato come la condotta dell’imputato fosse stata particolarmente ‘insidiosa’. Egli, infatti, aveva omesso di dichiarare di percepire il beneficio, al quale non aveva diritto a causa del suo stato di detenzione, non solo durante l’interrogatorio di garanzia, ma anche in tutte le fasi successive. L’irregolarità è emersa non per sua spontanea ammissione, ma solo a seguito di approfonditi controlli effettuati dai Carabinieri. Questo elemento è stato decisivo per la Corte.
Le Motivazioni della Corte
La Corte ha specificato che per valutare la particolare tenuità del fatto, non si può prescindere da una disamina globale che tenga conto di tutti gli indicatori di gravità del reato previsti dall’articolo 133 del codice penale, tra cui la gravità del danno e il grado della colpevolezza.
Nel caso specifico, la condotta reiterata e l’atteggiamento omissivo e reticente dell’imputato sono stati considerati indici di una colpevolezza non trascurabile. La Corte ha inoltre ribadito un principio importante: la motivazione che esclude la tenuità del fatto può anche essere implicita. Se il giudice d’appello, nel confermare la pena, ha già considerato gli indici di gravità oggettiva e soggettiva del reato per giudicare congrua la sanzione, ha implicitamente escluso che il fatto potesse essere considerato di lieve entità.
La Corte ha quindi concluso che, data la manifesta infondatezza del ricorso, non vi fossero gli estremi per un esame nel merito. Di conseguenza, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso.
Le Conclusioni
La decisione in commento consolida l’orientamento secondo cui la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è un automatismo applicabile a tutti i reati di modesto valore. La valutazione del giudice deve estendersi alla condotta complessiva dell’autore del reato. Un comportamento ingannevole, reticente o ‘insidioso’ può essere sufficiente a escludere il beneficio, poiché rivela una colpevolezza e una gravità incompatibili con la nozione di ‘tenuità’. A seguito dell’inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende, a conferma della serietà con cui l’ordinamento sanziona l’abuso degli strumenti processuali.
Quando non si applica la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Secondo questa ordinanza, la particolare tenuità del fatto non si applica quando la condotta del reo è considerata particolarmente grave e ‘insidiosa’. Nel caso specifico, la ripetuta omissione nel dichiarare una condizione di ineleggibilità a un beneficio, scoperta solo a seguito di controlli delle forze dell’ordine, è stata ritenuta un indicatore di gravità tale da escludere il beneficio.
La valutazione sulla gravità del fatto può essere implicita nella sentenza?
Sì, la Corte di Cassazione afferma che la motivazione con cui il giudice d’appello considera adeguata la pena inflitta, basandosi sugli indici di gravità oggettiva del reato e sulla colpevolezza dell’imputato (art. 133 c.p.), può implicitamente contenere anche la valutazione di non tenuità del fatto, rendendo superflua una motivazione esplicita su quel punto.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, come in questo caso, al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata dal giudice. Nel caso di specie, la somma è stata quantificata in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24413 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24413 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/04/2025
ORDINANZA
Sul ricorso proposto da COGNOME NOME COGNOME nato a Castrovillari il 21/10/1992, avverso la sentenza della Corte di appello di Catanzaro del 22/05/2024 visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso; sentite le parti udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Catanzaro confermava la sentenza del Tribunale di Castrovillari del 12/07/2023, che aveva condannato NOME in ordin e al reato di cui all’articolo 7 d.l. n. 4/2019 alla pena di mesi 8 di reclusione.
Avverso tale sentenza l’imputat o propone ricorso per cassazione, lamentando violazione dell’articolo 131bis cod. pen..
3. Il ricorso è inammissibile.
La sentenza impugnata chiarisce che il fatto non può considerarsi di particolare tenuità in ragione della gravità del reato, come considerata a seguito di una valutazione globale del fatto, ritenendo particolarmente grave la condotta insidiosa del ricorrente, che ha omesso di dichiarare di percepire il beneficio (non dovuto in ragione del suo stato detentivo) non solo in sede di interrogatorio di garanzia, ma anche nelle fasi successive, essendo emersa poi l’illegittimi tà della situazione solo a seguito di approfonditi controlli da parte dei Carabinieri.
Tale motivazione risulta fare buon governo dei principi stabiliti da questa Corte, la quale ritiene addirittura che la motivazione possa risultare implicitamente dall’argomentazione con la quale il giudice d’appello abbia considerato gli indici di gravità oggettiva del reato e il grado di colpevolezza dell’imputato, alla stregua dell’art. 133 cod. pen., per stabilire la congruità del trattamento sanzionatorio irrogato dal giudice di primo grado (Sez. 5, n. 15658 del 14/12/2018, dep. 2019, Epidendio, Rv. 275635 – 02).
Non può quindi che concludersi, data la manifesta infondatezza delle doglianze, nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso l’11 aprile 2025.