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Particolare tenuità del fatto: no se la condotta è grave

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per l’indebita percezione di un beneficio statale. La Corte ha negato l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, sottolineando la gravità della condotta ‘insidiosa’ dell’imputato. Quest’ultimo aveva omesso in più occasioni di dichiarare la sua condizione di detenuto, che lo rendeva ineleggibile al beneficio, situazione scoperta solo a seguito di controlli approfonditi delle forze dell’ordine. La gravità del comportamento e la colpevolezza escludono la possibilità di considerare il reato come di lieve entità.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare Tenuità del Fatto: Quando la Condotta Insidiosa Esclude il Beneficio

La recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Con questa pronuncia, i giudici supremi hanno stabilito che una condotta ritenuta ‘insidiosa’ e caratterizzata da una colpevolezza significativa impedisce di qualificare il reato come di lieve entità, anche a fronte di un danno patrimoniale contenuto. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione per comprenderne la portata.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla condanna di un soggetto da parte del Tribunale di Castrovillari alla pena di 8 mesi di reclusione per il reato previsto dall’articolo 7 del d.l. n. 4/2019, relativo alla percezione indebita di un beneficio economico statale. La sentenza di primo grado è stata integralmente confermata dalla Corte di Appello di Catanzaro.

L’imputato, non rassegnandosi alla condanna, ha proposto ricorso per cassazione, basando la sua difesa su un unico motivo: la violazione dell’articolo 131-bis del codice penale, ovvero la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

La Decisione della Cassazione e la nozione di Particolare Tenuità del Fatto

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le doglianze dell’imputato manifestamente infondate. Il cuore della decisione risiede nella valutazione della gravità complessiva del comportamento tenuto dal ricorrente, che va oltre il mero dato economico del beneficio indebitamente percepito.

I giudici hanno evidenziato come la condotta dell’imputato fosse stata particolarmente ‘insidiosa’. Egli, infatti, aveva omesso di dichiarare di percepire il beneficio, al quale non aveva diritto a causa del suo stato di detenzione, non solo durante l’interrogatorio di garanzia, ma anche in tutte le fasi successive. L’irregolarità è emersa non per sua spontanea ammissione, ma solo a seguito di approfonditi controlli effettuati dai Carabinieri. Questo elemento è stato decisivo per la Corte.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha specificato che per valutare la particolare tenuità del fatto, non si può prescindere da una disamina globale che tenga conto di tutti gli indicatori di gravità del reato previsti dall’articolo 133 del codice penale, tra cui la gravità del danno e il grado della colpevolezza.

Nel caso specifico, la condotta reiterata e l’atteggiamento omissivo e reticente dell’imputato sono stati considerati indici di una colpevolezza non trascurabile. La Corte ha inoltre ribadito un principio importante: la motivazione che esclude la tenuità del fatto può anche essere implicita. Se il giudice d’appello, nel confermare la pena, ha già considerato gli indici di gravità oggettiva e soggettiva del reato per giudicare congrua la sanzione, ha implicitamente escluso che il fatto potesse essere considerato di lieve entità.

La Corte ha quindi concluso che, data la manifesta infondatezza del ricorso, non vi fossero gli estremi per un esame nel merito. Di conseguenza, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso.

Le Conclusioni

La decisione in commento consolida l’orientamento secondo cui la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è un automatismo applicabile a tutti i reati di modesto valore. La valutazione del giudice deve estendersi alla condotta complessiva dell’autore del reato. Un comportamento ingannevole, reticente o ‘insidioso’ può essere sufficiente a escludere il beneficio, poiché rivela una colpevolezza e una gravità incompatibili con la nozione di ‘tenuità’. A seguito dell’inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende, a conferma della serietà con cui l’ordinamento sanziona l’abuso degli strumenti processuali.

Quando non si applica la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Secondo questa ordinanza, la particolare tenuità del fatto non si applica quando la condotta del reo è considerata particolarmente grave e ‘insidiosa’. Nel caso specifico, la ripetuta omissione nel dichiarare una condizione di ineleggibilità a un beneficio, scoperta solo a seguito di controlli delle forze dell’ordine, è stata ritenuta un indicatore di gravità tale da escludere il beneficio.

La valutazione sulla gravità del fatto può essere implicita nella sentenza?
Sì, la Corte di Cassazione afferma che la motivazione con cui il giudice d’appello considera adeguata la pena inflitta, basandosi sugli indici di gravità oggettiva del reato e sulla colpevolezza dell’imputato (art. 133 c.p.), può implicitamente contenere anche la valutazione di non tenuità del fatto, rendendo superflua una motivazione esplicita su quel punto.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, come in questo caso, al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata dal giudice. Nel caso di specie, la somma è stata quantificata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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