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Particolare tenuità del fatto: no se la condotta è abituale

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio di lieve entità. La Corte ha confermato la decisione di non applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), motivando che la condotta non era occasionale, visti i numerosi precedenti specifici dell’imputato per reati a scopo di lucro. Il ricorso è stato giudicato generico e manifestamente infondato.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare tenuità del fatto: quando i precedenti la escludono

L’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale, ma non è un diritto automatico. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 18741/2024) ha ribadito un principio fondamentale: la non occasionalità della condotta, desumibile da precedenti penali specifici, è un ostacolo insormontabile per il riconoscimento di questo beneficio. Analizziamo insieme la vicenda processuale e le motivazioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso: Ricorso contro Condanna per Spaccio di Lieve Entità

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto condannato sia in primo grado che in appello per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti di lieve entità, disciplinato dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90. Il ricorrente si doleva della conferma della pena e, soprattutto, della mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. A suo dire, i giudici di merito non avrebbero considerato adeguatamente la sua condizione di disagio sociale, che avrebbe dovuto giustificare il riconoscimento del beneficio.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione si fonda su due pilastri: la genericità del motivo di ricorso e la manifesta infondatezza delle doglianze. La Suprema Corte ha ritenuto che il ricorso mancasse di un’adeguata illustrazione delle ragioni a sostegno della richiesta di mitigazione della pena e, soprattutto, di un confronto critico con la motivazione della sentenza d’appello, che aveva già spiegato perché l’art. 131-bis c.p. non fosse applicabile al caso di specie.

Le Motivazioni: L’Importanza della Non Occasionalità della Condotta

La Corte ha chiarito in modo inequivocabile le ragioni che hanno portato al rigetto del ricorso, soffermandosi in particolare sull’istituto della particolare tenuità del fatto.

Genericità e Manifesta Infondatezza del Ricorso

In primo luogo, il ricorso è stato giudicato generico perché non argomentava in modo specifico le ragioni per cui la valutazione della Corte d’Appello sarebbe stata errata. Non basta lamentare la mancata applicazione di un beneficio, ma è necessario contestare punto per punto le motivazioni del giudice, spiegando perché siano illogiche o giuridicamente errate. Inoltre, la doglianza sulla misura della pena è stata ritenuta manifestamente infondata, poiché la pena base era stata fissata nel minimo edittale e la riduzione per il rito era stata correttamente applicata, bilanciando le attenuanti generiche con la recidiva.

La Non Occasionalità come Ostacolo all’Art. 131-bis c.p.

Il punto cruciale della decisione riguarda l’esclusione della particolare tenuità del fatto. La Corte d’Appello aveva giustificato tale esclusione sottolineando la “non occasionalità della condotta”. Il ricorrente, infatti, risultava gravato da numerose precedenti condanne per reati dello stesso genere, commessi per motivi di lucro. Secondo la Cassazione, questo argomento è di per sé sufficiente a giustificare il diniego del beneficio, in quanto l’art. 131-bis c.p. è pensato per condotte sporadiche e non per comportamenti che, seppur di lieve entità, si inseriscono in un contesto di abitualità criminale. Il fatto che il ricorrente non avesse in alcun modo contestato questa specifica motivazione nel suo ricorso ha contribuito a renderlo inammissibile.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza offre un importante monito: per poter beneficiare della non punibilità per particolare tenuità del fatto, non è sufficiente che il singolo episodio criminoso sia di modesta entità. È necessario che la condotta sia anche occasionale. La presenza di precedenti penali specifici, indicativi di una tendenza a delinquere per profitto, costituisce un elemento ostativo che i giudici di merito e di legittimità sono tenuti a considerare. Per gli operatori del diritto, emerge la necessità di strutturare i ricorsi in modo specifico e critico, confrontandosi analiticamente con le motivazioni della sentenza impugnata, pena la declaratoria di inammissibilità con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando non si applica la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Secondo questa ordinanza, la causa di non punibilità non si applica quando la condotta non è occasionale. La non occasionalità può essere dimostrata dalla presenza di numerose precedenti condanne per reati della stessa indole, commessi per motivi di lucro, che indicano un’abitudine a delinquere.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
A norma dell’art. 616 del codice di procedura penale, la declaratoria di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

Perché un motivo di ricorso può essere ritenuto ‘generico’?
Un motivo di ricorso è considerato ‘generico’ quando non contiene un’analisi critica e specifica delle motivazioni della sentenza impugnata. Non è sufficiente esprimere un dissenso, ma è necessario illustrare in modo dettagliato le ragioni giuridiche e logiche per cui si ritiene che la decisione del giudice precedente sia errata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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